Una splendida villa nella campagna americana, circondata dal verde. Una madre annoiata che ha il volto di Nicole Kidman. Un padre amatissimo, morto in un incidente che resta avvolto nel mistero. Dentro questi confini si muove ladolescente India Stoker (Mia Wasikowska), sensibile e introversa, abile musicista e restia a frequentare i coetanei, la cui vita è sconvolta dallarrivo di Charlie, il fratello minore del padre.
Con eleganza, cura dei dettagli e senso artistico il sudcoreano Park Chan Wook dirige Stoker, un film che miscela sapientemente inquietudine e attesa, realismo e simbolismo, per raccontare una storia di formazione decisamente anticonvenzionale. Capiamo subito che India non è una ragazza come le altre. Percepisce la realtà in modo più intenso, vive le emozioni diversamente dagli altri. Al suo compleanno riceve sempre un paio di scarpe da corsa, che la accompagnano nella sua crescita e che conserva – usate – nelle scatole, inquadrate dalla telecamera mentre formano delle perfette composizioni geometriche.
Scopriamo il suo rapporto inesistente con la madre, con la quale non ha niente in comune. E non ci convince lo sguardo dello zio Charlie (Matthew Goode), che può incantare la vedova (in)consolabile Evelyn, ma non lo spettatore. Di lui non sapeva niente nessuno, prima del funerale del fratello. Insiste per cucinare, ma non mangia; segue India a scuola con la sua auto sportiva e la difende dai coetanei che cercano di approfittarsi di lei.
India non si fida di lui, ha paura, eppure ne è attratta. Lo spia quando prova a sedurre la madre, lo immagina seduto accanto a sé al pianoforte, lo allontana e lo avvicina allo stesso tempo. una diciottenne che oscilla tra il dolore e la collera, tra il desiderio e la curiosità, sempre in bilico tra realtà e immaginazione. La sua personalità è carica di unenergia che sembra pronta a scoppiare, eppure è trattenuta, alimentata, esplorata.
La sceneggiatura, scritta dallattore Wentworth Miller sotto lo pseudonimo Ted Foulke, gioca con lattesa, la tensione e la domanda. Non è tanto il mistero della famiglia a interessarci, quanto la sorte della protagonista, che può salvarsi oppure essere dannata. E ogni indizio conduce alla seconda ipotesi. Strisciano nella pellicola dei sottili richiami a Dracula – daltra parte, il cognome della protagonista è Stoker e facilmente il pensiero corre a Bram Stoker. Non è una storia di vampiri, ma lidea della creatura che si lascia sedurre dal Male e dal sangue è presente dallinizio alla fine.
Unendo horror, thriller psicologico e family drama, il film esplora la scoperta di una femminilità pericolosa (rappresentata dalle scarpe col tacco che sostituiscono infine quelle sportive) e di un segreto che unisce lo zio e la nipote, fino alla rivelazione di una violenza che fremeva nella storia fin dalle prime scene. La sospensione del giudizio morale è necessaria, perché la presa di distanza dai vincoli e dalle regole contenutistiche di Hollywood (in seno al quale nasce il prodotto) è esplicita.
Il regista compone un quadro elegante ed equilibrato, curando l’estetica e la colonna sonora e dando vita a un racconto gotico che ricorda le atmosfere narrative di Edgar Allan Poe, così come il cinema di Hitchcok (L’ombra del dubbio, ad esempio).
Sovvertendo i canoni e le regole morali comunemente accettate, Park Chan Wook sceglie di rappresentare una famiglia spezzata e mostra una storia di violenza che si tramanda attraverso le generazioni. Conduce lo spettatore in una spirale di tensione e di presentimenti fino allo spiazzante finale, nel quale la protagonista diventa se stessa accettando – e assorbendo – la pulsione nascosta e la sua parte oscura.
L’età adulta non porta con sé la liberazione dalle catene del passato e dalle colpe dei padri, combattendo il buio per affermare la luce. Crescere, per India, significa diventare il “mostro” che era destinata a essere.