Anche questa settimana “Un giorno in pretura” è tornata ad occuparsi del processo dedicato a Calciopoli, che si è tenuto presso la IX sezione del tribunale di Napoli. Roberta Petrelluzzi introduce un’intercettazione tra l’arbitro Pierluigi Collina e un dirigente del Milan, Leonardo Meani, che parlava telefonicamente di Luciano Moggi, sottolineando il suo potere di condizionare i calendari della serie A e i sorteggi arbitrali. In inizio di puntata viene anche trasmessa la deposizione del patron del Palermo Maurizio Zamparini che, dopo essere andato una volta a trovare Moggi a Torino, ascoltò una telefonata in cui il dirigente bianconero chiedeva che fosse dato Rizzoli come arbitro al Palermo. Zamparini si meravigliò della dimestichezza con cui Moggi riuscì ad intervenire sulla partita e raccontò l’accaduto agli altri presidenti. Non si è riusciti però a risalire alla data dell’incontro e a dimostrare nella ricostruzione che i sorteggi arbitrali erano già avvenuti o no. Viene dunque spiegato come avvenivano i sorteggi degli arbitri da assegnare alle diverse partite: Valentini, direttore generale della Federcalcio, descrive l’esistenza di due urne: al loro interno, da una parte c’erano le palline gialle con i nomi degli arbitri, dall’altra quelle rosse e verdi con le diverse partite. Un designatore estraeva la partita e un giornalista la pallina gialla con il nome dell’arbitro. Il tutto avveniva alla presenza di un notaio. La procedura sembra alquanto semplice, veloce e trasparente, ma sembra che la procura sia ormai convinto che questo meccanismo poteva essere alterato. Viene trasmessa quindi la testimonianza un po’ confusa di Martino Manfredi, funzionario della FIGC che avrebbe ricevuto l’indicazione di mettere una determinata partita all’interno di una pallina più ammaccata e quindi facilmente riconoscibile. In conclusione, dato che non c’era nessuna prova evidente, nessuno è stato condannato per ciò che avveniva durante questi sorteggi. Si passa a questo punto a parlare dell’arbitro De Santis, anch’egli imputato per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva, che già in passato era stato chiacchierato per i suoi arbitraggi a favore della Juventus. In particolare si fa riferimento a una partita di fine campionato decisiva per lo scudetto 2000, tra Juve e Parma in cui all’ultimo minuto fu annullato un gol regolare del Parma che aveva pareggiato. Meani, sempre al telefono con Collina, racconta come Ancellotti, allora allenatore della Juventus gli avesse raccontato che era tutto preparato, ma lo stesso allenatore in aula conferma solo che Moggi aveva un rapporto privilegiato con l’arbitro De Santis. In proposito, si richiama alla memoria la partita Lecce-Juve, in cui l’arbitro non sospese la partita per pioggia e alla fine risultò decisivo un gol di Del Piero. Partita per la quale però non fu condannato nessuno.



Si cerca di sottolineare invece che il sistema Moggi era così organizzato che non cercava soltanto di favorire la squadra torinese, ma anche di danneggiare le squadre che la domenica successiva avrebbero incontrato appunto la Juve. Ad esempio, viene riportata la partita Bologna-Juve che fu disputata da un Bologna decimato in tutta la sua difesa dalla partita precedente arbitrata sempre da De Santis. Gazzoni, presidente del Bologna, riferisce come la partita si concluse con la vittoria della Juve in seguito a una punizione per un fallo inesistente. L’arbitro Pieri per questo favoreggiamento fu condannato. Ma tornando a De Santis e al suo potere di condizionare le partite, si passa all’incontro Reggina-Cagliari, vinto dai padroni di casa, in cui lui fu designato a sostituire l’arbitro precedente che aveva rinunciato per problemi personali. In aula c’è il presidente del Cagliari, Cellino, che racconta come non avesse un buon rapporto con De Santis e che prima della partita ci fu una discussione in cui l’arbitro lo accusava di aver sparlato di lui e di essersi messo in mezzo a cose da cui doveva rimanere fuori. A fine partita, in un’intercettazione, Cellino si sfoga per un arbitraggio che considera scandaloso, a favore della Reggina in quanto squadra vicina a Moggi. Lo sfogo è lungo e Cellino, analizzandolo, cerca di ridimensionarlo, ma per quella partita furono comunque tutti condannati.

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