Se i fratelli Grimm fossero ancora vivi e non morti per lasciare a Berlino un po di spazio per filosofe dalto rango, forse avrebbero cominciato così la fiaba da narrare: «Cera una volta Roberta De Monticelli. Ieri sera la sedicente cittadina è arrivata da Berlino e si è accomodata sulla poltrona di Ballarò, palesandosi da paesi lontani, dove «ti chiedono come sia possibile che questo (Berlusconi) sia ancora lì. A suffragio della propria tesi, Roberta De Monticelli parla – con spiccata originalità – delle «condanne penali di Berlusconi – particolare da dimenticare è che non siano definitive – «per non parlare delle condanne morali: di queste ultime appare misterioso il giudice, lautorità con cui le avrebbe sentenziate, nonché la pena da scontare per rimediare allo stigma scarlatto.
De Monticelli prosegue bacchettando il conduttore Giovanni Floris: «Intanto non mi chiami professoressa, io sono qua come cittadina italiana. Questo è daltronde un pezzo dello spazio pubblico delle ragioni. Il ragionamento appare ineccepibile, benché sia lecito domandarsi per quali valori civili Roberta De Monticelli sia parte del dibattito televisivo, se perché semplice cittadina, o per essere esponente di una corrente di pensiero che ha ricevuto spesso ampio eco mediatico, soprattutto durante il dibattito sul caso Ruby, con annesso circo mediatico-giudiziario contro il governo.
Un circolo di pensiero che comprende voci – più o meno – eccellenti delle élite culturali italiane, da Eco a Zagrebelsky, da Saviano a Travaglio, accomunati dallantagonismo delle idee – e delle procure – sotto letichetta dellanti-berlusconismo. E gli amanti dellattualità politica e mediatica italiana ricordano bene lo scontro, quando le colonne di Repubblica e del Fatto Quotidiano (soprattutto) ribollivano di invettive inneggianti alla questione morale e a una forma velata di neopuritanesimo antidemocratico, riassunto dalladunata del Palasharp e dalla buffa arringa di un ragazzino di tredici anni, gettato sul palco a prendersi scrosci di applausi come schiaffi alla sua gioventù.
La reazione alla corazzata anti-cavaliere arrivò dalle mutande del teatro Dal Verme di Milano, in cui Ostellino, Ferrara e molti altri contrastarono duramente la delegittimazione della unzione democratica in atto. Da quel momento, con la caduta di Berlusconi di lì a pochi mesi, il polverone era calato e la stessa De Monticelli si era avvolta nei propri studi, abbandonando le telecamere, ma non le colonne del Fatto, da cui ha continuato a redarguire le imperfezioni del «legno storto dellumanità. Ora la cittadina torna a cavalcare la scena, per condannare lorrendo incesto fra Pd e Pdl, rei di voler conciliare due visioni antagoniste e di mettere il sigillo su una maggioranza già condannata, da lei in primis.
Secondo Roberta De Monticelli, per mettere mano alla Costituzione bisogna guardare le argomentazioni sublimi della manifestazione di Libertà e Giustizia Non è cosa vostra, che si è svolta a Bologna lo scorso 2 giugno e a cui – coincidenza – anche lei ha aderito. E «mentre i partiti sono una divisione continua, arrivano i luminari a istruire il popolo e la casta sulla giustizia e il rispetto della Costituzione, magari facendo un po di pubblicità alla propria élite di pensiero.
La competenza e lo spessore di Gustavo Zagrebelsky e Stefano Rodotà (per citare gli esempi meno rischiosi) sono fuori discussione, e a De Monticelli qualche ripetizione non guasterebbe, per evitare che – sempre a Ballarò – possa parlare di presidenzialismo come «forma di Stato» e non di governo, oltre a una cacofonica ridondanza di deittici, il cui abuso è sconsigliato (licenze letterarie a parte) dagli studi liceali. E forse nella seconda ripetizione si potrebbe affrontare le differenze fra la Repubblica di Weimar e l’attuale Repubblica italiana, così da evitare confronti fra l’ascesa al potere di Hitler e la legittimazione democratica di cui Berlusconi gode da molti anni.
Il fatto che non convince delle adunate giustizialiste, invece, è l’accento neo-tecnocratico, secondo l’ideologia che vede la vittoria della competenza nel governo dei professori, contro la politica corrotta e ignorante. A questi ultimi è bene ricordare che il governo dei tecnocrati è stato fatto ed è durato un anno: i risultati, più o meno positivi, non ricordano però un’età dell’oro di cui avere troppa nostalgia.
Alla cittadina De Monticelli, invece, è doveroso ricordare che esistono più cose in cielo e in terra che nei sogni della sua filosofia. La prima è la politica.