Uno, nessuno, centomila: come il romanzo di Pirandello. A volte sono così i film, specie quelli dautore, o presunti tali. Un insieme di messaggi, ruoli, contrapposizioni, che vogliono nascondere un vuoto esistenziale. Holy Motors ha grosse ambizioni, emulare Cronenberg, rappresentare Nietzsche, gettare rimandi su Blade Runner, in una confusione di idee, che si confondono e respingono allo stesso tempo.

La storia del signor Oscar che impersona un mostro, un mendicante, un miliardario, tanti altri, è una metafora onirica: inizia su una limousine bianca e si conclude nellabbraccio finale con due scimmie, ciò che rimane della sua famiglia. Il surrealismo, il dialogo astratto, cattura lo spettatore, ma non riesce a turbarlo. Landar dietro a un torbido intellettualismo finisce per annoiare: è complicato decifrare il messaggio del regista.

la solita accusa al mondo della tv e della fiction, che vuole vederci sorridenti e protagonisti? lansia da prestazione delluomo moderno, in cui per dimostrare potenza deve trasformarsi in mostro, accoppiarsi con un mostro? Oppure una critica alla mancanza di spiritualità dellOccidente, in cui sono le macchine a recitare le preghiere e darsi il bacio della buonanotte?

Che confusione! Leos Carax, sceneggiatore e regista di Holy Motors, deve aver rappresentato le ansie del suo inconscio, stimolando le contraddizioni: la sofferenza legata alla risata, la morte rimpianta dopo la resurrezione, lamore eterno che culmina nel suicidio, costruendo un collage del non-sense. Alla fine della proiezione, giuro, mi è venuto in mente la scena di Io sono un autarchico in cui Nanni Moretti, terminata la visione del film, si alza dalla poltrona sbraitando: No! Il dibattito, No!.

Holy Motors vorrebbe far discutere, ma propone solo sperimentazioni banali, offrendo una crisi creativa ben nascosta da alcune provocazioni estetiche. Oltre alla malinconia dei protagonisti è bene soffermarsi sul signor Oscar, colui che ricerca emozioni estreme ed è pagato per emularle. Interpreta ruoli che lo emozionano, lo respingono, divenendo vittima e carnefice della maschera che indossa.

Unattesa che vive con la domanda: Dovè il mio riposo?, quando termina la recita e non riprende la vita, allora lenigma sconquassa la mente. Perché la fine giunga bisogna scovare le telecamere, individuare il reale dal teatro di posa. impossibile, come un labirinto, Oscar non ne esce fuori. Lincapacità delluomo di essere se stesso, lo porta a essere predatore dellaltro, a rubargli i sentimenti. Il pretesto dellamore assomiglia a un sacrificio pagano: incontrarsi, innamorarsi, uccidersi, per rendere unico quel sentimento.

Il nichilismo che trasuda nel finale implica che il mostro, il miliardario, le cento facce della società siano colpevoli di generare solo sofferenza, di non saper fare altro. L’umanità appartiene ai motori, ai meccanismi, che prima di dormire sussurrano “Amen” e si amano davvero.

Leos Carax dissolve la purezza dell’umano nel disegno delle macchine, che considera più sincere della vita vera. La vita, insopportabile per il protagonista, a meno che non sia recitata allo stremo del dolore e del sacrificio. Benvenuti nel folle mondo di Holy Motors.