Parte bene, Now you see me – I maghi del crimine. Poi, man mano che la storia avanza, l’impressione che il film di Louis Leterrier si stia trasformando in una brutta faccenda cinematografica diventa sempre più forte. Vorremmo usare un termine più marcato, ma la circostanza non lo consente. Non è per la questione della magia, che resta affascinante a suo modo. perché la storia, la sua organizzazione e messa in scena arrivano a delle svolte in grande stile, ma prevedibili, chiassose e a tratti trash. Nel senso letterale del termine. Il che, purtroppo, fa dimenticare quanto di buono può esserci stato nei minuti precedenti.
Forse Leterrier sperava di rievocare i fasti di The Prestige di Christopher Nolan. Che del tema della magia fece terreno fertile per un ottimo film. Qui, invece, l’illusorietà dei trucchi si trasforma in un gioco confuso e disorientante, schiava anche di un ritmo narrativo troppo veloce e che punta proprio su questa rapidità di movimento – più che sulla maestria – per legittimare l’astratta realtà della magia. Mentre invece l’eccessivo incedere dell’azione destabilizza senza divertire. Sì, perché i protagonisti di questi centoquindici minuti sono dei maghi, sono in quattro e vengono reclutati ciascuno per le capacità su cui ha costruito la propria fortuna.
Daniel (Jesse Eisemberg) usa le carte come arma per sedurre le donne, Henley (Isla Fisher) è la sua ex assistente, ora esperta in escapologia, Merritt (Woody Harrelson) sfrutta l’ipnosi e infine Jack (Dave Franco), abile nel sottrarre beni preziosi senza che i legittimi proprietari se ne accorgano. Tutti e quattro chiamati a raccolta da un capo oscuro, che non si mostra, ma impartisce ordini per organizzare una squadra vincente che sbaragli il pubblico nei suoi spettacoli da favola. Questa, però, è la prima grande illusione, perché sembra che il fine non sia solo divertire la platea, bensì interpretare il ruolo di un moderno Robin Hood.
Rubare ai ricchi per dare ai poveri, insomma. Vendicare la povertà anche nata da cataclismi naturali come l’Uragano Katrina a Orleans e ristabilire un giusto ed equo ordine naturale. Ecco, vendetta. È questo il cardine su cui si sviluppa la storia. Che ha dell’incredibile – negativamente parlando -, lo ripetiamo, non per la fantasmagoria della sua magia, bensì per la prevedibilità del filo logico narrativo.
L’idea del Robin Hood del nuovo millennio è nobile, ma non basta a demonizzare il mostro del capitalismo. Nemmeno i sorrisi sarcastici e soddisfatti dei quattro “giustizieri”, soddisfatti nell’osservare banconote piovere dal cielo, sono abbastanza per sodalizzare con loro. E l’ombra di un sequel è dietro l’angolo.