Portato sullo schermo già due volte da Morgan Freeman, il detective di matrice letteraria Alex Cross (protagonista dei romanzi di James Patterson) rivive al cinema con le fattezze più massicce di Tyler Perry, attore, produttore e commediografo ben più famoso oltreoceano che da noi, per la prima volta alle prese con il thriller. Aiutato dalla sua squadra, Cross è sulle tracce di un killer ribattezzato Picasso, che ha torturato sadicamente una giovane donna daffari e ha nel mirino il magnate Gilles Mercier (un cammeo di Jean Reno). Le indagini prendono una svolta inaspettata quando la famiglia del detective rimane tragicamente coinvolta e la risoluzione del caso diviene quindi una questione personale.

Pur senza idee particolarmente fresche o sorprendenti colpi di regia, Alex Cross poteva essere valido come intrattenimento serale estivo senza troppe pretese. Purtroppo, però, bastano poche scene per rendersi conto che anche essere di bocca  buona non basterà per apprezzare unora e mezzo di spettacolo inconcludente, dalla messa in scena confusa e poco convinta. Il problema principale risiede nella sceneggiatura, annacquata e a tratti un po sciatta, che sembra pescare qua e là senza inventiva e, unita alla regia incolore di Rob Cohen (Daylight, il primo Fast and Furious, XXX), non crea il mordente necessario perché lo spettatore entri realmente nella storia.

Non aiutano poi alcuni scambi di battute talmente ingenui da suscitare più volte risate involontarie. I personaggi costituiscono laltro grande limite del film, tagliati con laccetta e troppo poco caratterizzati per risultare interessanti, per forza di cose abbinati a interpretazioni sbiadite. Fortunatamente in questo caso cè uneccezione non da poco: il cattivo interpretato da Matthew Fox, disturbante al punto giusto e protagonista delle uniche scene capaci di risvegliare lattenzione. Per chi ha conosciuto lattore come protagonista di Lost sarà curioso osservare la stupefacente trasformazione, in primo luogo fisica.

La situazione è salvata in alcuni casi dagli sprazzi di ironia, soprattutto a opera del simpatico protagonista, che però proprio a causa di una scrittura totalmente disinteressata a una costruzione credibile dei personaggi, a circa metà film subisce una repentina trasformazione in spietato vendicatore, che per la sua inverosimiglianza rende difficile il coinvolgimento e l’immedesimazione di chi guarda.

In sintesi, Alex Cross è un prodotto innocuo su cui spiace accanirsi: il peccato è che bastava poco per renderlo almeno un thriller dignitoso e accattivante; invece, nonostante il tentativo di piazzare colpi di scena a effetto (non troppo inaspettati a dire la verità), alla fine è la noia a prendere il sopravvento.