Se sposti un posto a tavola, il film di Christelle Raynal, parte con le migliori intenzioni. Una commedia romantica di sapore francese che non fatica, almeno inizialmente, a catalizzare la nostra attenzione. Con due espedienti. La passione travolgente che Eric e Marie provano luno per laltra e quei segnaposti che volano via – più o meno accidentalmente – da uno dei tavoli degli invitati al matrimonio della stessa Marie. subito chiaro che il vero protagonista di questa storia è il Destino. Quello dei due ragazzi, uniti da un sentimento sincero, ma divisi dalla vita. E quello dei commensali, il cui nome, caduto dalla tavola imbandita in un attimo di follia damore, si trova mescolato agli altri in un curioso gioco di scacchi.

Assistiamo, così, al come sarebbe andata se… Ovvero, come sarebbe andata se i predestinati a quel tavolo si fossero seduti accanto a una persona diversa dal loro compagno di chiacchiere. Ogni amicizia, relazione e concatenazione di eventi muta, così, rispetto al capitolo precedente. Con effetti certamente sorprendenti, soprattutto se si è affezionati estimatori di un Destino che si diverte con le vite delle persone.

Questo è, dichiaratamente alla Sliding Doors, il bello del film. Poter assistere al differente andamento della vita di qualcuno se un apparentemente piccolo e insignificante particolare si spostasse di poco nella geometria dellesistenza di una persona. Resta unintelaiatura di emozioni, sogni, desideri e frustrazioni. Diversi, però, sono gli eventi che fanno da ponte tra un passaggio della nostra vita e laltro.

Lidea è semplice, frizzante, leggera, spensierata, e rosa. Adatta, insomma, alla rilassatezza estiva. Lincantesimo, però, si smorza. Non vogliamo essere dei guastafeste, ma è palese il più grande difetto del film. Quello di peccare di monotonia. Potenzialmente brillante, anche se pericolosamente scontato e prevedibile e incline a cadere nella fastidiosa ripetitività.

Soprattutto nella terza versione dellaccaduto. Lintera vicenda, infatti, riparte da zero, non per due, bensì per tre volte, lasciando spazio, purtroppo, a una scontata reiterazione. Come fa, ci chiediamo, un film che gioca sul/con il Destino a risultare così monocorde?

Nel concreto non c’è fantasia. Perché le azioni dei personaggi sono sempre le stesse. Cambiano solo i “compagni di avventura”. Forse tutta colpa più di un limite nella costruzione della storia e nella capacità di manovrare i fili invisibili tra i personaggi che per una debolezza dell’idea.

Questo dispiace. Ma, per fortuna, gli animi vengono risollevati dal finale del film. Che si conclude, come le favole insegnano, con un atteso e sperato “…e vissero felici e contenti”.