Immaginate un mondo in cui la violenza è scomparsa e il tasso di povertà è sotto il 5%. Uno scenario utopico, certo, in cui però esiste un prezzo da pagare. The Purge – La notte del giudizio, il violento thriller di James DeMonaco, è ambientato in unAmerica del futuro, dove i nuovi Padri Pellegrini hanno trovato il modo di ridurre la criminalità attraverso lo sfogo annuale: un periodo di dodici ore in cui qualsiasi atto violento è legale, la polizia non interviene e gli ospedali sono chiusi. Lo spunto, racconta il regista, è arrivato da una battuta della moglie, che di fronte a uno scontro tra il marito e un giovane guidatore spericolato si è chiesta: Non sarebbe bello se tutti noi una volta allanno potessimo sfogarci liberamente?. Da qui nasce lidea originale del film, che suscita un dilemma su cui lo spettatore è chiamato a riflettere: si tratta davvero di una catarsi oppure di un subdolo sistema per commettere i crimini peggiori ai danni di chi è debole e non può difendersi?

La storia ha inizio quando James Sandin (Ethan Hawke) torna dal lavoro alla vigilia della Notte del Giudizio, per barricarsi nella sua villa con la moglie Mary e i figli. Sappiamo che qualcosa di brutto sta per succedere, perché luomo si è arricchito vendendo i sistemi di sicurezza che proteggono i ricchi nel 99% dei casi. Il restante 1%, naturalmente, è materiale per il film. Quella di James è una famiglia benestante e tradizionale, che non condivide la brutalità dello sfogo annuale, eppure finge di sostenerla per non inimicarsi nessuno.

I figli, però, sfuggono alle regole. La sedicenne Zoey, studentessa modello, ha deluso il padre frequentando un ragazzo più grande, che si intrufola nella sua camera armato con lintento di affrontare James. Il quattordicenne Charlie non condivide lipocrisia degli adulti e, vedendo attraverso la telecamera un uomo di colore che grida aiuto per strada, lo fa entrare. Ma luomo è una preda, e i suoi cacciatori lo rivogliono. O lui o la famiglia.

Il merito della pellicola è quello di mettere i personaggi davanti a decisioni moralmente estreme, complicate, in cui la posta in gioco è la vita. Se James e Mary proteggono lospite, moriranno. Se lo consegnano, si trasformeranno in assassini. La bussola morale della storia è rappresentata da Charlie, le cui azioni sono guidate dal rispetto per la vita umana: se una persona chiede aiuto, bisogna accoglierla. E se non ha commesso alcun crimine, non la si consegna in mano ai giustizieri.

Lena Headey (lattrice del Trono di spade) è convincente nel ruolo di Mary quanto Ethan Hawke, sicuro e tormentato allo stesso tempo, è perfetto in quello di James, le cui certezze si ribaltano in una notte. LAmerica delle stragi tra la folla, della gente comune che tiene unarma sul comodino e dei killer nelle scuole difficilmente diventerà come la nazione rappresentata da DeMonaco, eppure lagghiacciante scenario appare credibile. I cittadini in apparenza rispettabili si trasformano in mostri, i ragazzini impugnano la pistola e sparano senza sbagliare un colpo.

L’utopia si trasforma in distopia, un genere tornato di moda in questo periodo, soprattutto nella letteratura. La migliore società possibile (utopia), in cui la violenza e la povertà sembrano sconfitti, si rivela in realtà la peggiore possibile (distopia) quando ci si rende conto che la soluzione architettata dai nuovi Padri Pellegrini ha creato un ossimoro, un “paradiso infernale”. Solo i ricchi possono salvarsi nella Notte del Giudizio, grazie all’acquisto dei sistemi di sicurezza che blindano porte e finestre. Gli altri sono le loro vittime. Se non esistono più i reietti, i vagabondi, gli homeless e i disoccupati, la ragione è una sola: sono stati uccisi.

Il film ha un ritmo sostenuto e gioca sulla tensione crescente, ma finisce per indugiare sulla rappresentazione degli atti violenti invece di cogliere l’occasione per una più approfondita riflessione etica e politica. Meno horror e più distopia: invece della sequela di omicidi, sarebbe stato interessante indagare il mondo oltre le mura di casa Sandin. Anche a causa del budget ridotto, si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un’occasione sfruttata a metà, con degli spunti interessanti accompagnati però dalla percezione di un’assenza.