Opera prima di Haifaa Al-Mansour, La bicicletta verde è anche il film desordio con cui una regista donna infrange le regole della tradizione dellArabia Saudita. In primis, dunque, il valore aggiunto di questa storia risiede nella rivoluzionaria presenza femminile dietro la macchina da presa. Non solo. Perché la protagonista di questa storia è una bambina, Wadjda, che cresce tra le regole ferree della tradizione e la voglia di affermare la propria libertà.

Alunna di una rigida scuola conservatrice, Wadjda è una giovane ribelle. Nei limiti del possibile, ovviamente. Una bicicletta verde è tutto ciò che desidera e loggetto verso cui, con ironica astuzia, rivolge ogni suo gesto, anche il più rivoluzionario. Quella stessa bici che inizia a sognare ancor prima di vederla esposta nel negozio che frequenta abitualmente. Non è un semplice capriccio, il suo. il sogno di una ragazzina che vuole semplicemente vincere una gara di corsa con il suo amico di giochi.

Questa bicicletta, comè ovvio, è un simbolo. Lanelito alla libertà, allindipendenza, al progresso in un mondo in cui le donne non possono guidare, devono accettare la poligamia del proprio marito (anche quando questa calpesta i loro sentimenti), non possono essere guardate da uomini diversi dal proprio consorte e devono mostrare, quando sono in pubblico, solo il proprio sguardo. Una realtà dura e frustrante, vista con gli occhi di noi occidentali. Un mondo oppresso da restrizioni che diventano ancor più sofferte quando sono imposte dalle stesse donne. Come le insegnanti della scuola femminile che Wadjda frequenta.

La regista non realizza un film urlato e indignato per raccontare una realtà verso cui, evidentemente, prova un certo senso di distanza. Haifaa Al-Mansour spiega, attraverso la semplice realtà quotidiana, la forza di un mondo che non lascia scampo. Il tono delle sue parole è pacato, così come i movimenti di macchina. Del tutto semplici e non elaborati, ma attenti a cogliere anche i particolari più nascosti e in cui si celi la forma rigida e intransigente della tradizione.

È un peccato che questo film, dagli intenti così alti e intellettuali, sia carente sul lato emotivo. Perché è indubbio che la storia sia di un certo interesse, ma la scarsa verve della narrazione e dei toni permettono di empatizzare abbastanza poco rispetto al potenziale iniziale.

Resta, comunque, un film da vedere, nonostante sia uscito un anno fa. Già solo per il fatto di aver infranto la tradizione cinematografica saudita e per il desiderio di veder correre quella bambina sulla sua nuova e meritata bicicletta verde. Come se in lei si nascondesse il germe di un prospero e nuovo futuro.