Ledizione numero 70 della Mostra Internazionale dArte Cinematografica di Venezia (28 agosto – 7 settembre) è unedizione decisiva. Innanzitutto perché festeggia un compleanno importante, dalla cifra tonda, di quelli che portano necessariamente a bilanci e ripensamenti. Ma soprattutto perché sinserisce in un momento storico preciso, in cui la crisi economica e finanziaria sta scremando sempre più le manifestazioni culturali, soprattutto in Italia, e il più vecchio festival di cinema del mondo ha il dovere di riportare la questione nella giusta prospettiva, dimostrando che il cinema è vivo, tanto come arte quanto come industria. poi la seconda volta di Alberto Barbera nel suo bis da direttore, dopo il periodo 1999-2002, e se lanno scorso la sua edizione era chiaramente di passaggio dal gigantismo ben temperato di Muller, questanno Barbera definisce al meglio la sua visione del festival: passione cinefila, occhio agli appassionati più curiosi, ma anche ai nomi che hanno fatto la storia del cinema, anche quello contemporaneo. Le stelle? Non mancano, ma come ha sottolineato il direttore ,i festival sono fatti per i film, non per i tappeti rossi.



E proprio il film dapertura ribadisce la linea di demarcazione sottilissima tra le varie visioni del cinema: Gravity, nuovo film di Alfonso Cuaròn ad anni di distanza dallottimo I figli degli uomini, è fantascienza filosofica e riflessione teorica sul mezzo cinematografico, ma anche un film emozionante con George Clooney (praticamente di casa al Lido) e Sandra Bullock. Il concorso, presieduto dal maestro Bernardo Bertolucci, segue questa scia con una certa radicalità: il talento canadese di Xavier Dolan in Tom à la ferme, James Franco alle prese con Cormac McCarthy in Child of God, il dramma in odore di Oscar Philomena di Stephen Frears con un cast che si annuncia monumentale, il ritorno di Terry Gilliam alle atmosfere di Brazil con The Zero Theorem (tra i più attesi al Lido), la luce di Scarlett Johansson nelle tenebre di Under the Skin di Glazer, Nicholas Cage ultimo residuo dei cowboy nellavventura di David Gordon Green (Joe).



Ma per gli amanti del cinema più intenso e autoriale, ledizione si dimostra potenzialmente una vera manna, come se lo spazio che le distribuzioni e le tv stanno togliendo a questo cinema rivendichi il proprio diritto allesistenza proprio in un festival: il lunghissimo piano sequenza con cui Amos Gitai in Ana Arabia racconta la condizione mediorientale, il cinema radicale e intenso di Philippe Garrel in La jalousie, le tre ore con cui Philip Groning disamina la violenza familiare e non solo in Die Frau das Politzsen, laddio al cinema comunemente inteso di Tsai Ming-liang per guardare oltre con Stray Dogs.



E questo per dire solo dei nomi più conosciuti, perché sorprese ed esordi folgoranti probabilmente non mancheranno. Come, per esempio, il nuovo film del più grande regista d’animazione in attività, Miyazaki Hayao, che presenta The Wind Rises, storia biografica di amori, voli ed emozioni (per chi scrive è il film per cui già palpita il cuore); oppure l’esordio di due documentari nel concorso, come The Unknown Known di Errol Morris, uno dei più grandi documentaristi viventi che intervista l’ex-segretario della difesa dell’amministrazione Bush per capire la guerra al terrorismo, e Sacro GRA di Gianfranco Rosi, ricognizione sorprendente del Grande Raccordo Anulare.

Rosi guiderà la pattuglia italiana in competizione assieme a Gianni Amelio, che torna al Lido dopo le polemiche di due anni fa (il suo Il primo uomo venne escluso all’ultimo momento), con la commedia drammatica L’intrepido, con Antonio Albanese, e all’esordiente Emma Dante, che porta sullo schermo il suo romanzo surreale Via Castellana Bandiera.

Fuori concorso c’è così lo spazio per film che puntano a pubblici più variegati, una zona in cui mescolare tutto senza preconcetti: la fantascienza di culto della versione live-action di Capitan Harlock, il remake giapponese de Gli Spietati di Eastwood, le sperimentazioni di Miguel Gomes (Redemption) e l’horror di Wolf Creek 2, la violenza di Kim in Moebius, il dramma in costume di Patrice Leconte (Une promesse) e le bugie di Lance Armstrong svelate da Gibney (The Armstrong Lie), il nuovo capitolo della saga di Reitz, Home from Home – Chronicles of a Vision, il nuovo scandalo di Paul Shrader (che dirigerà la giuria di Orizzonti) con Lindsay Lohan, The Canyons, l’omaggio di Scola a Fellini (Che strano chiamarsi Federico) e quello di Andrzej Wajda a Lech Walesa, fino alla riflessione del grande Wiseman sul sistema universitario americano.

Meno film e molto più mirati, un calendario intensissimo di titoli che puntano alla qualità, alla bellezza, alla ricerca di linguaggi potenti per la settima arte. Che stando al programma della mostra è in salute piena, anche se i botteghini, le istituzioni e l’industria paiono fare di tutto per ignorarlo.