In questo scampolo di fine estate non basterebbero la crisi siriana, le anticipazioni sulla nuova service tax e la perdurante e cagionevole salute del governo Letta a tirarci giù il morale? Ci si mette pure linvenzione del tiramisù, il tipico dolce di cui tutti i nostri palati conoscono le qualità sopraffine (astenersi dallacquolina, please!). Sgombrando il campo da alcune evidentissime false dicerie, che farebbero risalire lorigine del noto dolce alla Svizzera (Tirami-Suisse) e persino al Giappone (Tiramisu-zuki), la tradizione vorrebbe invece che sia stato ideato verso la fine dell’800 per rinfrancare gli appetiti (di ogni tipo, a dire il vero) dei clienti di un bordello trevigiano.
Ma sulla sua nascita le storie si sprecano, affondando le radici fin nella notte dei tempi. Per esempio, nei pressi di Neanderthal, unincisione rupestre risalente al 187.228 a.C. raffigura un manipolo di cacciatori riuniti intorno al fuoco presso la grotteria (una sorta di caverna adibita a trattoria) Alla Clava, locale gestito da tali Fred e Wilma Flintstones, specialità carni crude e alla brace. Ebbene, un lato dellincisione mostra con evidente chiarezza che il corpulento Fred tira su di peso il piccolo Barney, reo di aver dimenticato di mettere il mascarpone nel dolce offerto ai gentili ospiti.
La diatriba sul tiramisù non smette ancora oggi di provocare spiacevoli dissapori, alla faccia di un dolce così piacevole al palato. A fine agosto il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha richiesto per il Tiramisù lo status di STG (Specialità Tradizionale Garantita), al fine di riconoscerne la provenienza trevigiana; immediatamente, il Friuli Venezia Giulia ha scatenato una vera e propria battaglia mediatica (a colpi di mascarpone?) per non perdere lo status di inventore della specialità. Sicchè la storia è finita sulle pagine del quotidiano The Guardian, che ha messo in guardian gli inglesi invitandoli a salvare il mitico dolce italiano. Scopo: evitare che il tiramisù finisca taroccato come troppe altre specialità italiane. Ma i veri contendenti che ne reclamano linvenzione, stando al giornale britannico, sono quattro.
1) Ristorante Il Camin, Treviso, 1962. Locale caldo, molto caldo, e accogliente. Angea Garatti, detta Speranza (chiamata così perché tutti hanno sempre “sperato” che imparasse a cucinare come si deve) gestisce ancora oggi il ristorante insieme al marito Ottorino, noto laringoiatra ormai in pensione; ancora oggi, ai clienti prepara una “coppa imperiale” di savoiardi, mascarpone, caffè, uova e, sopra, cioccolato grattugiato o cacao in polvere. Si racconta che Ado Campeol, anch’egli ristoratore oltre che amico dei Garatti, fu il primo ad assaggiarlo: stramazzato al suolo, forse per colpa degli ingredienti di Speranza o forse per colpa del Recioto consumato in abbondanza durante il pasto, una volta rinvenuto, ebbe a dire all’amico: “Ottorino, ostreghèta, tiramesù!”.
2) Ristorante Le Beccherie, Treviso, 1970. L’idea geniale di assemblare biscotti imbevuti nel caffè, crema e cacao viene ad Aba Campeol, proprietaria del ristorante (parente dell’Ado di cui sopra? Il mistero s’infittisce: perché non li hanno chiamati Aldo, Alba e Angela? Cosa avrebbe commesso di male la “elle” per essere puntualmente eisa, ehm… scusate, elisa?). L’allora giovane chef Roberto Linguanotto fece tesoro dell’innovativa ricetta. Ricorda Caro (Carlo?), il figlio di Aba: “Quando mamma mi stava allattando (insieme a me, allattava altri quattro poppanti, come si usava un tempo), trovava nel mascarpone mischiato con lo zucchero e biscotti imbevuti nel caffè una grande carica energetica, che la tirava davvero su. Poi, forse si lasciò prendere dalla passione e, all’insaputa del marito, a lungo ha allattato (e non solo…) anche lo chef, con il quale ha sfornato tanti bei…dolcetti!
3) Albergo Roma, Tolmezzo, 1951. Siamo in Carnia. Il consigliere comunale Adriano Rainis porta una testimonianza in prima persona: lui lo ha mangiato per la prima volta nel 1959 preparato da una certa Delia Zamolo, che a sua volta avrebbe imparato la ricetta da tale Norma Piello. Che è ancora viva, ha 96 anni, e reclama il meritato quarto d’ora di celebrità. Il che avallerebbe l’ipotesi che l’inventore del tiramisù non viene ricordato per il nome strano che porta. Chi può tenere a mente personaggi dal nome così singolare?
4) Albergo Tolmezzo, Roma. Non siamo in Carnia. Non c’è alcun consigliere comunale di nome Adriano Rainis a portare una testimonianza in prima persona. Non lo ha quindi mangiato per la prima volta nel 1959, ignorando l’esistenza tanto di tal Delia Zamolo, quanto di tal Norma Piello. Per questi motivi, infatti, l’albergo Tolmezzo di Roma col tiramisù sembrerebbe non c’entrarci un bel niente!
Ma ora accontoniamo le diatribe su chi lo ha inventato e rispondiamo a una domanda semplice semplice, che molti di voi si saranno già posti: dove è possibile gustare un buon tiramisù, senza doverci recare a Treviso o a Tolmezzo, così da tirarci su il morale, e non solo quello? Un amico andrologo ci ha consigliato delle particolari pasticcerie (ce ne sarà qualcuna sicuramente anche dalle vostre parti), dove viene venduto in pillole, tutte blu, e – ci assicura l’andrologo – “lo tira su, eccome se lo tira su il morale (e non solo quello)!”.