Tenetevi forte, perché la notizia che stiamo per darvi arriva da un musicista che si è laureato a pieni voti in pianoforte e che per il suo primo album ha scelto modestamente il titolo di 13 dita (sebbene si sarebbe sentito più rappresentato dal ben più altisonante 20 dita perché suono anche con i piedi). La notizia, così come lha battuta lagenzia di stampa Ansa – ansimante come sempre, perché ha lansia di arrivare per prima – suona (è il proprio il caso di dirlo) così: In occasione della sua partecipazione al Giffoni Festival, il talentuoso pianista marchigiano Giovanni Allevi ha confessato di preferire Lorenzo Cherubini (in arte Jovanotti) al compositore e pianista tedesco Ludwig Van Beethoven, perché, parole sue, il grande musicista tedesco non aveva ritmo. Allevi ha detto di aver imparato il ritmo grazie al lavoro fatto con lartista toscano ed è convinto che questo elemento manchi nella tradizione classica. Ecco perché, secondo lui, i giovani fanno fatica a innamorarsi della musica classica, proprio perché manca di ritmo. E ha aggiunto: Un giorno ho capito che dovevo uscire dal polverone e cambiare approccio con la musica, anche se si trattava di quella classica. Stavo ascoltando a Milano la Nona Sinfonia di Beethoven. Accanto a me un bimbo annoiato che chiedeva insistentemente al padre quando sarebbe finita. Secondo invece lagenzia Agi (si chiama così proprio perché, a differenza dellAnsa, se la prende sempre comoda: infatti ha rilanciato la stessa news, ma senza fretta, tre giorni dopo), Allevi era circondato da un nugolo di ragazzini che si sono addormentati, ascoltando il grande compositore tedesco.



Lasciando da parte i dettagli della cronaca, arriviamo come dicono i melomani della Val di Non al succo della questione. Intanto partiamo da Allevi. Che cosa ci dice Wikipedia? Giovanni Allevi (Ascoli Piceno, 9 aprile 1969) è un pianista, compositore, direttore dorchestra e scrittore italiano. Un po poco. Approfondiamo, chiedendo aiuto al nostro inseparabile e insuperabile Zingarelli, un vocabolario che sa tante cose perché le ha rubacchiate qua e là in giro per il mondo. Ma questa volta ci risponde in dialetto meneghino: Per lo Zinga su Allevi ghe nè minga (traduzione: per lo Zingarelli su Allevi non ci sono notizie, non ne vale la pena). Ohibò, che si fa? Niente paura. Abbiamo il panchinaro di lusso, il Ragazzini, un vocabolario che le sue cose le sa perché le ha imparate così, per gioco. Ecco dunque il responso del Ragazzini (che poi abbiamo scoperto essere proprio quelli che si sono addormentati allascolto della Nona di Beethoven: tutti amici di Gio e di Jova, quindi!): Il grandissimo Giovanni Allevi (nato nientepopodimenoche ad Ascoli Piceno, capitale delle Marche subito dopo Ancona, addirittura il 9 aprile 1969) è un pianista eccezionale, compositore illustre, direttore dorchestra di fama mondiale. Si è laureato in pianoforte allUniversità Pian dei Resinelli di Lecco con la tesi Io non sono un pianista razzista: bianchi o neri i tasti li tratto alla pari e si è laureato anche in composizione allUniversità di Compobasso con la tesi Compo la vocale, annoto le note. Il grande Allevi è anche scrittore italiano molto meglio di Dante, Petrarca e Manzoni. 



Urca! A colpirci, del ritratto tratteggiato dal Ragazzini, è quel molto meglio che tanto riecheggia il “molto meglio Jovanotti di Beethoven” rilanciato al Giffoni Festival. Un “parere forte” che ha dato la stura ad altri personaggi per esprimere, senza peli sulla lingua, i loro personalissimi molto meglio.

Monica Bellucci: “Vincent Cassel? Molto meglio Telman Ismailov”. La nostra bellissima attrice, residente in Francia, avrebbe recentemente confessato che in amore vorrebbe ripartire da zero. O, per meglio dire, d’azero, vista la nazionalità del suo spasimante, un ricchissimo businessman della Repubblica dell’Azerbaigian. “Cosa mi ha affascinato di lui? I suoi adorabili baffetti, lo charme, lo stile, l’eleganza, la capacità di stupirmi in ogni situazione, un misto di dolcezza e di determinazione al contempo, il tempismo con cui prende decisioni, in maniera sempre ponderata e risoluta, lasciandosi guidare dal suo istinto, la tempestività con cui sa sempre farsi trovare puntuale ai nostri appuntamenti”. In una parola: il suo portafoglio!



Fabio Fazio: “La Bellucci? Molto meglio Lucianina”. Il conduttore di “Che tempo che fa” non ha perso tempo: “In fondo cosa manca alla Littizzetto per essere una cover girl? Pochissimo! Qualche centimetro di altezza, forse. Ma si esprime bene, senza fastidiosi francesismi, anzi, a volte sembra un camionista della Val Brembana, a me fa molto ridere. E poi parla come mangia, cioè, dice frittata, mica omelette. Vi confesso, se proprio dovessi tradire mia moglie, beh, Lucianina sarebbe perfetta. Ma non fatelo sapere a mia moglie, vi prego: mio cognato è uno scontroso camionista della Val Brembana, e, se dovesse venire a sapere di questi miei pensieri, di certo non ci sarebbe molto da ridere. Almeno per me”.

Giovanni Trapattoni: “Platini? Molto meglio Furino”. L’attuale Ct della nazionale irlandese ha avuto parole che vanno oltre la stima, nei confronti del grande (seppur un po’ basso e rude) mediano della Juve del periodo a cavallo tra la metà degli anni ‘70 e i primi anni ‘80: “Poco sesso (e solo con sua moglie), niente droga (mezzo calice di barbera, di quello giusto, ma mai alla vigilia di una partita importante) e solo il ballo liscio (al diavolo il rock & roll). Una pedina sempre preziosa, anche nelle situazioni più difficili: all’occorrenza autista del pulmann della squadra, si è costantemente premurato di prenotare il ristorante per le cene della squadra quando si era in trasferta; puntuale a centrocampo come nel lavaggio dei calzini, che sapeva rendere più bianchi (e neri), che più bianco (e nero) non si può, non dimenticandosi mai l’ammorbidente. E a centrocampo correva per tre, altro che il “fighetta” francese, che fumava come un turco, tanto non era lui che doveva correre; a lui bastava passeggiare sul terreno di gioco e raccogliere gli applausi dopo un calcio di punizione indirizzato nel sette”.

Stefano Gabbana: “Il Dolce? Molto meglio la carne”. Ci risulta che corra un po’ di maretta tra la coppia più nota di stilisti che contano nel jet set internazionale. Piccole sgualciture di un rapporto che sembrava consolidato dal tempo e dalla passione comune, diventata un rinomatissimo brand internazionale: D&G. Ma all’ironia di G ha immediatamente fatto seguito la sarcastica risposta di Domenico Dolce: “Stefano? Un voltaGabbana!”.