La rincorsa delle prede e dei cacciatori. Che importa se non esiste l’amore, il dialogo, il rispetto. Nel film La variabile umana ci tuffiamo nella movida milanese, che potrebbe essere qualunque città, qualunque serata, lì dove si consuma la trasgressione. I locali alla moda, le ragazzine in cerca di sballo, l’onnipresente droga, inquinano la vita degli onesti. Soprattutto la vita dell’ispettore Monaco (Silvio Orlando), che si trova a indagare sull’omicidio di un facoltoso imprenditore. 

La vista mozzafiato di un attico che ha vetrate dal salone fino alla camera da letto nasconde l’assassino, ma rivela i vizi negli ultimi istanti di vita: fiumi di cocaina sul tavolo di cristallo, regalini per lolite che si vendono in cambio di sesso estremo. L’ispettore Monaco è agli antipodi, la sua è un esistenza ordinaria, in cui le donne sono sparite, o meglio invisibili. La moglie, risucchiata dalla morte, e la figlia (Alice Raffaelli), spenta dal consumo di cocaina, assomigliano a spettri con cui non vuole confrontarsi; per paura di affrontare, oltre al dolore, il fallimento della vita.

La variabile umana è l’arresa del mondo perbene all’universo degli “scoppiati”, dove il sesso, il denaro, la prostituzione appare la regola, una cronica certezza. Il disagio adolescenziale di Linda, figlia di Monaco, non si trattiene neppure con la trasgressione, un’incerta insicurezza al cospetto dei grandi, desiderando al massimo possedere una pistola. Sparare a qualcosa o a qualcuno. Anche Linda gira di notte. Incontra persone, frequenta locali.

un delitto a sfondo sessuale, quello dell’imprenditore Ullrich, siamo sicuri? La moglie confessa i segreti all’interno dell’attico, le notti di sesso selvaggio del marito, il consumo di droga, la fame spasmodica di carne, sempre più giovane, senza vergogna. Qualcosa però non torna. Un grande mistero unisce la moglie tradita, le ragazze che si offrono per una dose, l’ispettore che quelle pulsione non riesce a decifrare. Ma non comprende neppure la sua, di realtà.

Perché la giovane figlia si rinchiude nel mutismo? Perché il bisogno di una pistola è più impellente per un’adolescente che cercarsi un ragazzo? Padre e figlia non riescono ad abbracciarsi, arrivando alla morbosità domestica in cui Linda desidera – vuole – essere punita dal padre. Oserebbe sedurre il padre, assumendo il ruolo di moglie, per essere notata. All’ispettore Monaco fa più orrore scoprire il movente del delitto o scoprire che Linda di notte utilizzava il nome della madre?

Cosa cerchino le adolescenti, quelle che di notte si accompagnano a uomini danarosi, sembra chiaro: il rischio, che accomuna prede e cacciatori, per quanto è imprevedibile e proibito. La variabile umana suggerisce cronache fin troppo conosciute, ma la sua declinazione noir rende il film interessante. La decadenza, la promiscuità, i baccanali da tardo impero romano, giungono a un livello in cui la notte avvolge i protagonisti, prima nascondendoli, poi stritolandoli.

Vivere comodi, con la cocaina stesa sul tavolo, le lolite pronte a spogliarsi, è il preludio del crollo dello status, di chi ha lavorato una vita per costruirlo. Un uomo semplice come l’ispettore Monaco risolverà il caso, ma non esiste alba che possa cancellare quel senso di vuoto, facendo vacillare la sua integrità di padre e tutore dell’ordine.