Cè anche Matteo Renzi tra gli ospiti della trasmissione condotta da Daria Bignardi, Le invasioni barbariche. Una presenza che sembra il naturale corollario della strategia inaugurata dal nuovo segretario del Partito Democratico, che lo ha visto dare vita a una lunga serie di partecipazioni televisive, nel corso delle quali ha spiegato le sue ricette per tirare fuori il Paese dalle secche di una crisi economica che sembra non finire mai. Matteo Renzi è nato a Firenze nel gennaio del 1975, figlio di un ex consigliere comunale della Democrazia Cristiana a Rignano sull’Arno. Ha perciò iniziato a respirare aria di politica sin da piccolo, nutrendo la sua passione in particolare negli anni delle superiori, al liceo Dante di Firenze, dove ha partecipato ai movimenti studenteschi. Dopo aver conseguito il diploma, si è iscritto all’Università fiorentina, dove si è laureato in Giurisprudenza nel 1999 con una tesi incentrata sulla figura di Giorgio La Pira, celebre sindaco del capoluogo toscano negli anni del dopoguerra.
Dopo aver lavorato all’interno della società di famiglia, ha anche preso parte alla trasmissione diretta da Mike Bongiorno, La ruota della fortuna. Nel 1996 ha partecipato alla nascita dei Comitati per Prodi in Toscana, iscrivendosi poi al Partito Popolare, di cui è diventato coordinatore provinciale tre anni dopo. Quando è nata la Margherita, ne è diventato coordinatore fiorentino nel 2001 e segretario provinciale nel 2003. Nel 2004 è diventato presidente della Provincia di Firenze, a capo di una coalizione di centrosinistra, mantenendo la carica sino al 2009. Nel corso dell’anno precedente, aveva già trionfato però nelle primarie di coalizione per la carica di sindaco del capoluogo; in seguito a questo risultato ha potuto presentarsi alle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Firenze, vincendo al secondo turno. Già in questo periodo, Renzi ha saputo proporsi come leader di una generazione di nuovi dirigenti sempre pronti a mettere un particolare accento sulla necessità di rinnovare la classe politica del nostro Paese. Una corrente che è stata etichettata come i rottamatori, della quale ben presto il sindaco fiorentino ha saputo proporsi come capofila. Una corrente avversata in modo particolare dai politici di lungo corso che proprio Renzi ha indicato come obiettivo della sua opera di demolizione. In questo quadro sono stati molteplici gli episodi che lo hanno visto protagonista nel corso degli anni, con polemiche spesso roventi, in particolare con dirigenti di lungo corso come Massimo D’Alema o Rosy Bindi.
Nel 2012, la sua ascesa è sembrata parzialmente arenarsi dopo la sconfitta alle Primarie del centrosinistra in previsione delle elezioni politiche, nella sfida contro Pierluigi Bersani. Il risultato delle elezioni e la creazione del governo delle larghe intese lo hanno però riportato in auge, soprattutto dopo le dimissioni di Bersani seguite al fallimento del tentativo di portare Romano Prodi alla Presidenza della Repubblica. Nei mesi successivi all’uscita di scena dell’ex segretario, la corsa alla guida del Partito Democratico ha visto Renzi sbarazzarsi in maniera abbastanza agevole della resistenza opposta da Gianni Cuperlo e da Pippo Civati.
Dopo aver trionfato alle Primarie, ora Renzi è chiamato a far seguire i fatti alle parole e a dare sostanza ai suoi propositi di rinnovamento, in un Paese dove il fastidio per i comportamenti della classe politica è sempre più visibile, come dimostra ampiamente l’ampio bacino elettorale del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Tra i primi atti da lui intrapresi, va registrata la presentazione dello Jobs Act, un complesso di idee tese a dare nuovo impulso all’economia, che però ha già provocato alcune polemiche soprattutto in relazione all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Naturalmente la sua apparizione a Le invasioni barbariche sarà incentrata sui temi che appaiono in questo momento i più rilevanti dell’agenda politica, a partire dalla crisi economica e dalla necessità di dotare il Paese di una nuova legge elettorale.