C’è molta curiosità per Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera dei Deputati, atteso a Che tempo che fa, la trasmissione condotta da Fabio Fazio su Rai Tre. Una curiosità che deriva anche dal fatto che il Movimento 5 Stelle, di cui lo stesso Di Maio è uno dei rappresentanti più in vista, non sempre ha visto di buon occhio talk show e trasmissioni tv in cui vengono toccati temi politici. Un sospetto che ha spinto in passato lo stesso Beppe Grillo a chiedere ai rappresentanti del movimento di non andare in televisione. Luigi Di Maio è nato ad Avellino nel luglio del 1986. Dopo aver conseguito il diploma di maturità classica con il massimo dei voti, si è iscritto alla facoltà di Giurisprudenza all’università Federico II di Napoli. Proprio nel corso della sua carriera universitaria ha iniziato a svolgere attività politica, fondando insieme ad altri StudentiGiurisprudenza.it, nel corso del 2006. Risiede a Pomigliano d’Arco e ha lavorato anche in qualità di webmaster, oltre che come giornalista pubblicista.



Nel 2007 ha deciso di accostarsi al movimento fondato da Beppe Grillo, mettendosi subito in evidenza per il grande impegno. Nel 2010 si è candidato per la carica di consigliere comunale proprio a Pomigliano d’Arco, senza riuscire a ottenere i voti necessari alla sua elezione. Candidatosi alle Parlamentarie, primarie online organizzate dal Movimento 5 Stelle in vista delle elezioni politiche del 2013, ha ottenuto la candidatura alla Camera dei Deputati, ove è stato eletto nell’ambito della circoscrizione Campania 1, grazie alla straordinaria affermazione riportata dal movimento. Nel marzo del 2013 è stato quindi eletto in qualità di Vicepresidente della Camera, grazie ai 173 voti riportati, diventando di conseguenza, coi suoi 26 anni il più giovane ad aver ricoperto questo ruolo nella storia della istituzione parlamentare. A partire dal 7 maggio è anche entrato a far parte della commissione chiamata a occuparsi delle politiche dell’Unione europea.



Nel corso dei mesi che lo hanno visto impegnato nell’attività parlamentare ha naturalmente fatto molto parlare di sé, come del resto tutto il movimento di cui fa parte, visto come un elemento di rottura soprattutto per la carica polemica con cui denunciano i comportamenti di una classe politica indicata come casta. Tante le denunce fatte in questi mesi da parte di M5S e dello stesso Di Maio, come quella che soltanto alcuni giorni fa ha visto il vicepresidente della Camera indicare nell’ossequio alle lobby una delle tare maggiori di un ceto politico che sconta in partenza il fatto di non essere eletto, ma nominato. Una polemica che investe perciò la legge elettorale, il Porcellum, il quale ha tolto ogni potere agli elettori, consegnando ai segretari di partito la possibilità di modellare lo stesso Parlamento in base a logiche scarsamente democratiche.



Altro tema che ha visto molto impegnato il movimento di Grillo e lo stesso Di Maio è quello della democrazia diretta da esercitare sul web, che ha avuto la sua rappresentazione più clamorosa proprio nel corso degli ultimi giorni quando gli iscritti certificati al blog del comico genovese sono stati chiamati a esprimere il loro parere sul tema del reato di clandestinità introdotto dalla legge Bossi-Fini. Con un risultato che ha sconfessato le stesse posizioni di Grillo e Casaleggio e innescato una riflessione sulla vera natura di un movimento che vuole rifiutare etichette, ma che in più di una occasione ha mostrato di inclinare su posizioni progressiste e a difesa dei diritti civili.

Considerato un moderato all’interno di M5S per la sua tendenza a usare toni garbati, lo stesso Di Maio non perde però occasione di mettere in mostra il suo lato più combattivo, come è successo a novembre, in risposta a una affermazione di Giovanni Sartori sul Corriere della Sera, nella quale il movimento veniva dipinto come una sorta di propaggine delle posizioni di Grillo, senza alcuna autonomia di pensiero. In questa occasione, Di Maio ha voluto ricordare a Sartori di non aver mai usato lo stesso disprezzo verso il Partito Democratico pure in presenza di situazioni molto più imbarazzanti, come quelle create ad esempio ogni volta che per difendere un rappresentante del suo governo colto in fallo il presidente del consiglio Enrico Letta ha posto la fiducia.

Ora arriva la partecipazione a “Che tempo che fa”, nel corso della quale saranno sicuramente toccati alcuni dei temi più spinosi dell’agenda politica e che potrebbe riservare più di un motivo di interesse, proprio in considerazione dello scarso presenzialismo sin qui dimostrato in tv dai rappresentanti di M5S.