Chi ha detto che per comandare bisogna entrare nella stanza dei bottoni? O che per essere influente si debba ricoprire una posizione di potere? La realtà è che se avete intelligenza e cuore, anche come maggiordomo, potete cambiare il corso della storia. Indossare guanti bianchi, servire il the, non significa occupare un gradino modesto della scala sociale, ma acuisce la capacità di ascoltare il prossimo, comprendere la realtà di chi vi sta intorno. Tutto è amplificato dal datore di lavoro che si serve, dal posto dove si lavora. Per Cecil Gaines, maggiordomo di colore, il datore di lavoro è straordinario: lavora alla Casa Bianca, al servizio del Presidente degli Stati Uniti dAmerica.
Il regista Lee Daniels dopo averci incantato con Precious, uno dei film più riusciti sullautodeterminazione dellindividuo, bissa la performance, regalandoci The Butler, storia sul coraggio di essere se stessi, sulla voglia di cambiamento delle persone, di un Paese intero. NellAmerica delle tensioni razziali, dagli anni 50 in poi, non era facile esprimere opinioni dissonanti, specie se a contestare si impegnava un nero, svantaggiato, privo dei diritti costituzionali. Unonda di protesta che avanzava come uno tsunami, al grido di giustizia ed eguaglianza per tutti.
Come può un semplice maggiordomo, anche lui nero, anche lui con una vita travagliata, spiegare agli uomini più potenti del mondo, alla sua famiglia, i cambiamenti che travolgevano il Paese? Come può forgiare nel corso della vita, statica e tranquilla, la consapevolezza del destino della sua gente? Cecil lo sa fare, è un vincente, non nellaccezione che normalmente si da.
La sua vittoria è il lavoro, che svolge immutato da una vita, la famiglia è al suo fianco, lui stesso cederà negli affetti, vittima non della mancanza damore, ma disorientato dalla trasformazione che attraversa il popolo afroamericano. Ulteriore film nel film, è il confronto tra padre e figlio che rappresenta il divario generazionale tipico dellepoca, un modo diverso di intendere la vita. Louis, il figlio di Cecil, chiede i diritti con il tumulto della folla, le manifestazioni agitate; il padre risponde con lanalisi, il confronto, che scuote inevitabilmente chi gli sta accanto, senza distinzioni di ceto, dalla First Lady ai domestici della Casa Bianca.
Realizza però che questo non basta, forse lobbedienza nasconde il terrore di essere se stesso. Il matrimonio tra Cecil e Gloria, sua moglie, una strepitosa Oprah Winfrey, metterà di fronte entrambi alla scarsa capacità di essere presenti, Gloria alleviando le sofferenze con lalcol, Cecil buttando anima e corpo nel servire alla Casa Bianca.
The Butler è un film riuscito perché ricorda gli eroi moderni della nostra società. È facile accostare i suoi protagonisti alla figura mitica di Rosa Parks, l‘afroamericana simbolo che si oppose al segregazionismo. Occupando un posto riservato ai bianchi in autobus, ruppe un modo di vedere la realtà, dando inizio al cambiamento della storia. Una storia di coraggio dentro un gesto semplice e non violento.
The Butler è un’opera dai tratti epici, dove al posto di guerre e avversari da battere c’è la faticosa traversata dell’uomo comune, l’urgenza di dare un senso all’esistenza. La bramosia di veder riconosciuti i diritti civili, nostri e di chi ci sta a fianco, è un valore sacrosanto, che ancora dovrebbe infiammarci. Cecil Gaines non ha armi intellettuali adeguate, ma con il calore del cuore e il senso di onestà riesce ad accrescere l’autocoscienza. Le tensioni razziali, la guerra in Vietnam, il terrorismo sono un pretesto per assistere all’epopea di un cambiamento che viene da dentro, perdonando chi ha causato del male in passato, vigilando che la giustizia possa guidare il presente.
Il regista Lee Daniels, che con il film Precious, ricordava che con la determinazione possiamo raggiungere tutto, con The Butler continua il discorso intrapreso. Possiamo raggiungere tutti, perfino il Presidente degli Stati Uniti d’America.