Ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, ritorna in tv questa sera Adriano Sofri. Nato a Trieste il 1 agosto di 62 anni fa, figlio di una insegnante triestina e di un ufficiale della Marina di origini meridionali, Adriano Sofri ebbe uninfanzia girovaga, trascorsa tra Taranto, Milano, Palermo e Roma, dove adolescente frequentò il prestigioso Liceo classico Virgilio. Nel 1960 si trasferisce a Pisa e si iscrive alla Facoltà di Filosofia della Normale, dalla quale fu espulso tre anni dopo per aver infranto una rigida regola dell’Istituto che puniva l’introduzione di donne nel dormitorio degli uomini (la donna introdotta clandestinamente da Adriano diventerà successivamente sua moglie). L’espulsione dalla Normale non gli impedì il conseguimento della laurea, che ottenne nel 1964 presso l’Università degli Studi di Pisa discutendo una tesi su Gramsci. Negli stessi anni intraprese la sua attività politica, collaborando a Classe operaia, la rivista vicinissima ai movimenti operai, e fondando Lotta continua, la compagine extraparlamentare di matrice comunista della quale fu uno dei massimi leader fino al 1976, anno del suo scioglimento.
Il suo nome negli anni Settanta è irreversibilmente legato a quello del commissario di polizia Luigi Calabresi, che accusò pubblicamente, dalle pagine del giornale di Lotta continua, della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, il quale, in seguito agli interrogatori relativi alla strage di piazza Fontana, precipitò in circostanze misteriose dalla finestra della questura e, più precisamente, dalla finestra della stanza di Calabresi. Chiusa la stagione dell’attivismo politico, negli anni Ottanta si dedica agli studi e alla carriera di saggista e articolista, scrivendo reportage per L’Espresso e L’Unità, e collaborando successivamente con Repubblica e Panorama, fin quando non divenne Belpietro il direttore del periodico.
Adriano Sofri raggiunse lapice della sua parabola politica di attivista in prima linea nel 1990, quando viene condannato come mandante dellomicidio del commissario Luigi Calabresi. La condanna è resa definitiva nel 1997, quando a Sofri, insieme a Bompressi e Pietrostefani, vengono comminati 22 anni di reclusione. Determinante, ai fini della condanna e della pena, sono state le confessioni delle ex militante di Lotta continua Leonardo Marino. Sofri si è sempre dichiarato estraneo ai fatti in questione e non ha mai presentato al Presidente della Repubblica domanda di grazia, sebbene lo abbiano fatto numerosi esponenti politici e della cultura, da Gad Lerner a Giuliano Ferrara. Nonostante una petizione con oltre 160 mila firme, e l’appoggio di 200 parlamentari, l’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro si rifiutò di firmare la grazia. Grazia che avrebbe voluto concedergli il successore di Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi, che entrò in aperto conflitto col guardasigilli Caselli. Tuttavia, al di là del controverso iter della domanda di grazia, in unintervista al Corriere della sera, uscita il 9 gennaio 2009, nonostante ribadisca ancora una volta la sua estraneità all’omicidio Calabresi, Sofri ammette una certa corresponsabilità morale dell’assassinio.
Tre anni dopo, il 16 gennaio 2012, per decorrenza pena, viene definitivamente scarcerato. Sofri sconta gran parte della sua detenzione nel carcere pisano di San Giovanni Bosco e ottiene la semilibertà nel giugno 2005, in modo da poter avviare una collaborazione con la Scuola Normale Superiore di Pisa per sistemare gli archivi di Sebastiano Timanaro ed Eugenio Garin.
Sul finire dello stesso anno, a novembre, è colto dalla sindrome di Boerhaave, in seguito alla quale è costretto a sottoporsi a un’operazione che gli accorcia l’esofago di 5 centimetri. Anche in virtù delle precarie condizioni di salute ottiene gli arresti domiciliari, ma ha il permesso di partecipare a trasmissioni e dibattiti televisivi. Tra le comparse in tv spicca quella del gennaio 2008, sempre a Che tempo che fa, durante la quale Adriano Sofri, invitato per promuovere il suo ultimo libro, “Chi è il mio prossimo”, polemizza a distanza con l’allora papa in carica Benedetto XIV, reo – a dire dello scrittore – di parteggiare, nel saggio Gesù di Nazareth, per il soccorritore (il buon samaritano) piuttosto che con la vittima. Un’altra polemica relativamente recente che lo ha visto protagonista negli studi televisivi o sulle pagine dei quotidiani, riguarda il dibattito sul provvedimento sull’indulto del 2006, caldeggiato tra gli altri da Giovanni Paolo II. La posizione di Sofri in merito si è scontrata in particolare con le graffianti critiche di Marco Travaglio, che ha accusato lo scrittore di essere egli stesso un beneficiario dell’indulto.