La prima puntata della nuova stagione di Presadiretta, intitolata “Morti di Stato”, affronta il tema degli abusi che lo Stato italiano infligge a cittadini inermi, come Gabriele Sandri, Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, ed ancora, Michele Ferrulli, Riccardo Rasman e Stefano Brunetti. Durante il corso della puntata, Riccardo Iacona e Giulia Bosetti sviscerano a fondo ogni singola vicenda cercando di dare risposte ai numerosi interrogativi che si presentano. Il primo caso affrontato è quello riguardante Federico Aldrovandi, un giovane ucciso il 25 settembre del 2005 da quattro poliziotti della questura di Ferrara. Il giovane era appena tornato da una serata trascorsa con due amici, Andrea Boldrini e Matteo Parmegiani in un locale a Bologna. Il giovane è stato accerchiato dai poliziotti e picchiato crudelmente, con calci in testa, tra urla e lamenti che tutto il vicinato ha potuto udire, ma soltanto una donna straniera ha avuto il coraggio di testimoniare e di far crollare così la versione della questura. Il giorno dopo, infatti, i due amici di Federico sono stati i primi a essere stati chiamati in questura, dove sono stati additati come delinquenti e tossici, e questo rappresenta il primo tentativo di depistaggio della polizia, secondo la quale Federico era un tossico morto di overdose. Nonostante tutte le prove i poliziotti hanno continuato a mentire, annichilendo così anche la sua memoria e gettando nello sconforto tutta la sua famiglia. Alla fine del processo i quattro poliziotti sono stati accusati di omicidio colposo e decorsi otto anni dalla pena stanno tutti rientrando in servizio come se nulla fosse accaduto.



Il secondo caso è quello di Riccardo Rasman, un trentaquattrenne di Trieste, con problemi psichici risalenti al servizio militare, dove era stato vittima di nonnismo. la sera del 27 ottobre 2006 quando alcuni vicini chiamano la polizia in seguito ad alcuni petardi lanciati nel cortile da Riccardo Rasman. Così quattro poliziotti con l’aiuto dei vigili del fuoco buttano giù la porta e immobilizzano il giovane uomo, legano mani e piedi con manette e fil di ferro, lo imbavagliano e lo picchiano. L’uomo morirà per asfissia da posizione e i poliziotti non sconteranno nemmeno un giorno della loro pena.Il terzo caso descritto è quello che riguarda Giuseppe Uva, un giovane di Varese fermato e portato in caserma, dove è stato poi massacrato senza un reale motivo. L’amico che era con lui quella sera indispettito dalle urla che provenivano dal commissariato, ha chiamato il 118, chiedendo l’arrivo di un’ambulanza. Ma il 118 si è prima assicurato della situazione chiamando la caserma, dove hanno risposto che non c’era alcun bisogno di aiuto. Dopo aver ridotto in fin di vita Giuseppe Uva, la caserma ha contattato la guardia medica chiedendo un TSO (trattamento sanitario obbligatorio) descrivendo il giovane ragazzo come un tipo violento e autolesionista. Il fascicolo è stato chiuso per causa medica, ma dopo anni, la sorella della vittima è riuscita a far riaprire il caso e riesaminare gli indumenti, nonché riesumare il corpo di Giuseppe apportando delle grosse novità al processo a un passo dalla prescrizione.

Poi è la volta di Paolo Scaroni, un trentaquattrenne bresciano ultrà della squadra del Brescia, che è sopravvissuto alle ripetute percosse dei poliziotti durante una trasferta a Verona per la partita Atalanta-Brescia, riportando sul proprio corpo lesioni gravissime che lo hanno reso invalido al 100%. Dopo essere stato in coma per due mesi, Paolo Scaroni oggi ha difficoltà nel muoversi e nel parlare. A testimoniare l’efferatezza dei poliziotti di quel giorno è anche una donna, Monica Moreni, che mostra alle telecamere i segni di quel pestaggio. Gli otto poliziotti imputati sono stati prosciolti perché non è stato possibile identificarli. Filippo Narduccio è l’ennesimo protagonista di atti impropri perpetrati dai poliziotti. Ci troviamo a Cesena, in una stazione di servizio, improvvisamente Filippo viene attaccato e ammanettato con l’accusa di resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Fondamentale per questo caso è l’esistenza di un video che mostra la realtà dei fatti, così il Pm ha assolto Filippo dal reato ed è partita un’indagine, ma sui poliziotti che lo hanno aggredito non è partito nessun processo. Il caso seguente riguarda Michele Ferrulli, fermato a Milano il 30 giugno 2011 mentre ballava per strada in compagnia di due amici rumeni con la musica che proveniva dal suo camioncino. La polizia, chiamata da alcuni abitanti del posto, ha cominciato a picchiare Michele Ferrulli mentre una ragazza rom, da lontano, stava filmando tutto. Nonostante il video parlasse chiaro, è stato molto difficile dimostrare la colpevolezza dei quattro poliziotti impegnati nel pestaggio.

Ma facciamo un passo avanti, a questo punto il presentatore formula due interrogativi importanti: è possibile costruire un meccanismo di prevenzione? Quando un poliziotto è sotto stress, l’amministrazione è con lui, come viene aiutato? Queste due domande sono state poste a Felice Romano, segretario del Siulp (sindacato italiano dei lavoratori della Polizia di Stato), il quale ha risposto affermando che non esiste un protocollo che dica come intervenire in situazioni di violenza e che c’è un problema di inversione dell’onere, nel momento in cui un poliziotto fa presente di avere qualche problema legato alla salute mentale, viene espulso dal circuito, inoltre mancano le telecamere su ogni uniforme, come avviene in tutti i Paesi e la presenza di un Pm 24 su 24 in questura.
poi la volta di Tommaso De Michiel aggredito a Venezia, figlio di un poliziotto, il quale a sua volta è stato sospeso dal lavoro perché aveva partecipato a una manifestazione non autorizzata, o di Stefano Brunetti, picchiato il 9 settembre 2008 nel commissariato di Anzio, i poliziotti responsabili sono stati tutti assolti con formula piena. O ancora, il caso di Gabriele Sandri, colpito da un colpo di pistola della polizia mentre era seduto sul sedile posteriore di un auto ad Arezzo. In studio è presente Fabio Anselmo, avvocato di molti di questi casi, come quello di Stefano Cucchi e Giuseppe Uva. L’avvocato afferma che vi una difficoltà a reperire testimoni, i quali, in un primo momento parlano e poi si chiamano fuori, non essendo così più utili per il processo. Ed è in questo momento che il ruolo della magistratura assume un ruolo fondamentale, dipende molto dai magistrati e dalle iniziative che hanno. L’ultimo caso trattato è quello del giovane Stefano Cucchi, Iacona incontra l’intera famiglia nella casa dove ha vissuto anche Stefano, dove attraverso foto e ricordi si può ripercorrere l’intera vita di quel ragazzo che amava tanto il calcio e la boxe. Tornava per l’appunto dalla lezione di boxe quando è stato fermato dai carabinieri dell’antidroga e portato in questura. Stefano aveva avuto dei problemi con la droga ed era stato tre anni in comunità ma ne era uscito pulito e aveva ricominciato la sua vita. Una volta entrato il questura e dopo in carcere la sua vita è cambiata e dopo poco tempo è morto, visibilmente dimagrito e con il corpo tumefatto. La sentenza di primo grado del caso Cucchi lascia insoddisfatti, in quanto condanna solo i medici, ma è stato richiesto l’appello dalla Procura i Roma e dalla Procura generale, in attesa che venga fatta davvero giustizia.

L’ultimo servizio riguarda l’intervista realizzata ad Alessandro Marangoni, vice capo della Polizia di Stato, al quale vengono posti alcuni interrogativi importanti sulla questione sicurezza. Il vice capo della Polizia di Stato ha dichiarato che vi è una commissione che studierà le buone pratiche comportamentali e realizzerà un regolamento operativo che verrà reso pubblico, parla anche di mezzi di coazione e fino a che punto è necessaria la forza per fermare un probabile pericolo. Aggiunge che ci sono già degli psicologi che esaminano i poliziotti che riconoscono di avere qualche problema, i quali vengono aiutati e in alcuni casi estromessi dal carico. Infine ritiene che l’uso delle telecamere potrebbe essere sicuramente utile ai fini di un’indagine.

Torna questa sera, lunedì 6 gennaio 2014, il programma di Riccardo Iacona Presadiretta, al solito in onda su Rai Tre. Come Report, anche questa trasmissione ha cambiato giorno di messa in onda per lasciare spazio a Che tempo che fa la domenica. Ricordiamo che Presadiretta si può seguire anche in diretta streaming cliccando qui.

Questa sera, lunedì 6 gennaio, alle 21.05 su Rai Tre, inizia il nuovo ciclo di Presadiretta con Riccardo Iacona. La puntata si intitola “Morti di Stato” – racconto di Riccardo Iacona e Giulia Bosetti – ed è dedicata agli abusi che lo Stato nelle sue varie articolazioni infligge a cittadini inermi: Gabriele Sandri, Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi e Giuseppe Uva. Presadiretta racconterà anche le storie dei meno conosciuti: Michele Ferrulli, morto a Milano durante un fermo di polizia mentre ballava per strada con gli amici; Riccardo Rasman, rimasto ucciso durante unirruzione della polizia nel suo appartamento dopo essere stato legato e “incaprettato” col fil di ferro; Stefano Brunetti, morto il giorno dopo essere stato arrestato col corpo devastato dai lividi. Verranno proposti anche i racconti scioccanti dei sopravvissuti: Paolo Scaroni, in coma per due mesi dopo le percosse subite durante le cariche della polizia contro gli ultras del Brescia; Luigi Morneghini, sfigurato dai calci in faccia di due agenti fuori servizio. Ma quante sono invece le storie di chi non ha avuto il coraggio di denunciare e si è tenuto le botte, le umiliazioni pur di non mettersi contro le forze dellordine e dello Stato?