Torna dattualità, grazie alla fiction Gli anni spezzati – Il commissario, la figura di Luigi Calabresi. Nato a Roma, il 14 novembre del 1937, fu al centro della controversa vicenda culminata nella morte del militante anarchico Giuseppe Pinelli, nelle ore immediatamente successive alla strage di Piazza Fontana a Milano. Accusato dagli ambienti della sinistra extraparlamentare di essere stato il responsabile dellaccaduto, fu fatto oggetto di una lunga e martellante campagna di stampa, soprattutto da parte del quotidiano Lotta Continua, per poi cadere vittima di omicidio. Luigi Calabresi proveniva da una famiglia capitolina della media borghesia, che doveva la sua prosperità economica al commercio in vini e oli. Dopo aver frequentato il liceo classico, al San Leone Magno, si iscrisse a giurisprudenza nel 1964, ottenendo la laurea con una tesi che aveva per oggetto la mafia. Militò per un certo periodo in un movimento cristiano fondato da padre Virginio Rotondi, lOasi, per poi dedicarsi alla carriera nella polizia.
Nel 1965 vinse il concorso per diventare vice commissario e iniziò a frequentare lIstituto superiore di polizia. Subito dopo prese servizio a Milano, alternando la sua attività lavorativa alla collaborazione saltuaria con un quotidiano di area socialdemocratica, Giustizia e con il Momento Sera, per il quale scrisse sotto pseudonimo. In particolare, il compito affidatogli in seno alla Questura milanese fu quello riguardante la sorveglianza degli ambienti extraparlamentari di sinistra, ormai molto attivi, con particolare riguardo ai gruppuscoli anarchici e maoisti. Nel corso di questa attività, conobbe Giuseppe Pinelli, con il quale iniziò a intrattenere buoni rapporti.
Proprio Calabresi, nel 1967, guidò lo sgombero dellUniversità Cattolica, occupata dagli studenti ormai in piena fase di contestazione, guidati da Mario Capanna, considerato latto di inizio del Sessantotto in Italia. Diventato commissario capo, fu quindi chiamato a coordinare le attività di repressione contro le frequenti manifestazioni di protesta che interessarono Milano in quel lasso di tempo. Attività nella quale si distinse, tanto da ottenere la carica di numero due nellambito dellufficio politico della questura meneghina.
Il suo nome divenne di conseguenza sempre più noto, anche perché proprio a lui furono affidate inchieste di grande rilevanza, come quella riguardante lattentato dinamitardo avvenuto nellaprile del 1969 al padiglione organizzato dalla Fiat presso la Fiera Campionaria e quello alla Stazione Centrale. Nellambito delle indagini, furono arrestati militanti anarchici e detenuti per sette mesi, per poi essere rilasciati per mancanza di prove, con relativi strascichi alla Corte per i diritti delluomo di Strasburgo. Lo stesso Calabresi sottrasse Mario Capanna a un tentativo di linciaggio da parte degli agenti di polizia nel corso del funerale di Antonio Ammarumma, un loro collega rimasto ucciso nel corso degli scontri che caratterizzarono una manifestazione indetta dal Movimento Studentesco.
Fu proprio in un clima sempre più esacerbato che avvenne lattentato alla filiale della Banca Nazionale dellAgricoltura di Piazza Fontana, in cui rimasero uccise 17 persone. Le indagini furono immediatamente rivolte verso gli ambienti anarchici, con unintervista rilasciata proprio da Calabresi alla Stampa in cui si indicava la dissidenza di sinistra come responsabile dellaccaduto. Nel quadro delle indagini, fu arrestato anche Giuseppe Pinelli, che dopo due giorni di detenzione illegale, precipitò dal quarto piano della Questura, morendo sul colpo. Nella successiva conferenza stampa, Calabresi, affiancò il questore Guida, il quale affermò che Pinelli si era suicidato in quanto implicato nellattentato.
Ne derivò uno scontro politico di grande intensità, anche perché nelle successive indagini l’alibi di Pinelli confermò la sua totale estraneità ai fatti. La campagna di stampa portata avanti da Lotta Continua e un articolo di Camilla Cederna sull’Espresso, che accusava Calabresi di essere un torturatore, crearono un clima di inusitata durezza che durò mesi, con il corollario di un processo derivante dalla causa intentata dallo stesso poliziotto contro il quotidiano per diffamazione.
Il 17 maggio del 1972, mentre si accingeva a prendere la sua auto per recarsi al lavoro, Luigi Calabresi fu ucciso da un commando formato da due persone. Soltanto molti anni dopo, precisamente nel 1988, iniziò il processo che sarebbe terminato dopo dodici anni con la condanna di Adriano Sofri, Luigi Bompressi, Giorgio Pietrostefani e Leonardo Marino, accusati di essere mandanti ed esecutori del fatto. Calabresi è stato insignito della Medaglia d’oro al merito civile alla memoria. Suo figlio Mario è il direttore del quotidiano La Stampa.