, L’intervista ad Alessandro Prete (esclusiva) In via del tutto eccezionale, questa settimana “Squadra Antimafia 6” andrà in onda di mercoledì sera. Nella puntata precedente abbiamo visto la comparsa sulla scene di Don Salvo Basile, che ha ingannato la famiglia mafiosa dei Ragno, inscenando un incontro costato la vita a Veronica Colombo. Altri mafiosi stati eliminati, compresi i Rizzo, e ora Ettore e Rachele Ragno cercano vendetta. Il tramite per quest’incontro è stato Bruno Privitera, interpretato da Alessandro Prete, che ha parlato con noi de ilsussidiario.net in questa intervista.
In squadra Antimafia interpreti il ruolo di Bruno Privitera. Ci puoi spiegare chi è e come ti trovi nell’interpretarlo?
Bruno Privitera è il braccio destro di Don Basile, che diventerà la nuova spina nel fianco e saprà usare De Silva per portare a termine la sua missione. Io quindi interpreto il suo uomo d’azione e di fiducia e quello che faremo contro i Ragno manderà avanti tutta la serie, insieme alle macchinazioni di De Silva. Mi trovo molto bene nel vestire i suoi panni, è uno dei tipici personaggi che di solito interpreto: ogni volta però che mi capita un ruolo del genere provo sempre ad aggiungere qualcosa di nuovo. Poi, essendo io romano, ho dovuto gestire un personaggio con un accento siciliano: questo mi ha permesso di fare qualcosa di diverso e che mi ha divertito molto.
Ho visto che hai lavorato come attore e anche regista nel mondo del teatro. Che ruolo preferisci?
L’attore l’ho sempre fatto e mi piace molto farlo, ma il mio obiettivo primario è quello di regista. Non sempre riesco a farlo e ne ho la possibilità; in quei casi mi sottraggo dal posto di attore e tengo il ruolo di regista. Mi sembra una posizione più compiuta e completa, sia dal punto di vista artistico che mio, in quanto persona.
Com’è trovarsi a vestire i panni di un personaggio che hai creato e pensato tu?
Per me si tratta di un ruolo che mi consente la massima espressione e quindi un’esperienza di grande valore.
Preferisci recitare su un palcoscenico o davanti a una telecamera?
Davanti una macchina da presa sono molto a mio agio, anche perché sono cresciuto in quest’ambiente, essendo figlio d’arte. Ogni volta che vado sul set è un po’ come se mi sentissi a casa, è un ambiente che conosco molto bene e come attore riesco a esprimermi “comodamente”. La vera gara è essere attore sul palco. In quel luogo sento davvero l’adrenalina, quello per me è un lavoro appassionante e difficile. Per un artista è importante confrontarsi ogni tanto con il palcoscenico per non restare troppo comodi. È un modo per allontanarsi dall’agio che si ha dietro alla macchina da presa e confrontarsi con qualcosa di nuovo.
Dunque è una sorta di sfida più grande quella del palcoscenico?
Per me assolutamente sì. Per altri, invece, è il contrario.
Insegni anche recitazione…
Adesso ho un laboratorio per attori professionisti, dove seguo le loro carriere, e questo mi permette di avere molte soddisfazioni perché mi piace fare il mio lavoro a 360°. Lavorare con gli attori mi da la possibilità di completarmi come regista e come autore.
Come sono i giovani allievi di oggi rispetto a quelli del passato?
Sono molto più confusi, anche se a livello nozionistico hanno tante conoscenze in più. Il problema di oggi è la maschera che ognuno di noi porta, sono tutti molto filtrati dall’enorme mole di informazioni che hanno. La comunicazione oggigiorno è cambiata, prima eravamo abituati a incontrarci o comunque a parlare al telefono: oggi il mondo virtuale non aiuta questa sfera e il mondo della recitazione ne risente molto e non viene aiutato da questi cambiamenti. Ci sarebbe la necessità di ri-sensibilizzare alcuni giovani, di risvegliare l’azione dinamica e determinare quella che è una comunicazione, con se stessi e anche con gli altri. La mia generazione era molto più agguerrita, ora lo sono di meno. È anche vero, però, che hanno delle idee fresche e una capacità intuitiva importante: secondo me, è una bella generazione di attori quella che sta nascendo. Tra l’altro, essendo l’offerta minore, chi vuole fare davvero questo lavoro capisce ben presto che si deve armare fino ai denti, diventare sempre più bravo e inventare qualcosa di speciale.
Hai lavorato al fianco di Marco Bocci. Com’è stato ritrovarlo sul set dopo l’esperienza comune di Romanzo criminale?
Marco l’ho conosciuto proprio ai suoi inizi e ora l’ho trovato protagonista della serie. Sa bene che sta portando avanti un grande progetto e che ha molto lavoro sulle sue spalle. Sente moltissimo il suo ruolo, ma l’ho ritrovato disponibile come lo ricordavo e sicuramente un grandissimo professionista.
Veniamo ora alla trama. Il tuo personaggio ha fatto da tramite tra i Ragno e Don Salvo Basile, ma era una trappola ben ordita, con anche la complicità di Crisalide. Bruno ha da temere la vendetta di Ettore?
Diciamo che ci scontreremo in maniera piuttosto forte, e poi vedremo che succederà. Sicuramente ci sarà un incontro, che poi si trasformerà in uno scontro e sarà molto evidente dalla prossima puntata.
Abbiamo visto che le famiglie mafiose che si sono alleate con De Silva non hanno poi fatto un “buon affare”. Basile e Privitera devono temere qualcosa?
Siamo tutti nelle mani di De Silva, si muoveranno le pedine: vedremo chi vince, anche se De Silva è super partes.
Il numero dei protagonisti “cattivi” di Squadra Antimafia si è un po’ ridotto nella scorsa puntata. Credi che ne spunteranno di nuovi oppure quelli rimasti saranno ancora più agguerriti contro la Duomo?
Assolutamente la seconda ipotesi: la famiglia di Don Carmine è stata spazzata via, quando la bomba è scoppiata. Le due pedine più importanti rimarranno i Ragno e la famiglia di Don Basile, e quindi anche il mio personaggio.
Che progetti hai per il futuro? Ci sarai nella prossima stagione di Squadra Antimafia?
Purtroppo non ci sarò, perché succederà qualcosa… Invece, per quanto riguarda altri progetti, sono impegnato con tre spettacoli al Teatro Eliseo a Roma come regista, autore e anche attore.
(Maria Ravanelli)