La scuola Diaz è stato teatro di uno degli scontri più cruenti fra Polizia e manifestanti nel corso del G8 che si tenne a Genova nel 2001. La scuola situata ad Albaro fu scelta nei giorni del G8, insieme all’istituto Pascoli, come centro di coordinamento del “Genoa Social Forum”. Quel che avvenne è al centro del film Diaz, diretto da Daniele Vicari, che Rai 3 trasmette giovedì 23 ottobre. Di seguito vediamo quel che, secondo le ricostruzioni di indagini e processo, avvenne. Nella tarda sera del 21 luglio del 2001, poco prima di mezzanotte, fecero irruzione nella scuola i reparti mobili di Genova, Milano e Roma, avvalendosi del supporto di alcuni battaglioni di Carabinieri. In realtà, parlare di scontro fra polizia e manifestanti non è del tutto corretto: il vice questore Michelangelo Fournier (poi imputato nel processo) definì l’operazione di Polizia un “pestaggio da macelleria messicana”, poiché il violento episodio si verificò all’interno di un edificio nel quale i manifestanti si erano accampati per dormire. In totale furono 93 gli attivisti arrestati, 61 di essi vennero trasportati in ospedale, 3 in prognosi riservata e 1 in coma. Coloro che non furono portati in ospedale, trascorsero la nottata nella caserma di Bolzaneto, dove vennero denunciate altre violenze da parte dei reparti di Polizia. A distanza di oltre 13 anni dai fatti di quella sera, è ancora sconosciuto il numero di agenti che presero parte all’operazione: secondo le informazioni che il questore Vincenzo Canterini fornì durante il processo, i poliziotti che fecero irruzione furono circa 350, coadiuvati da poco meno di 150 carabinieri.
A irrompere per primo all’interno della scuola Diaz fu il reparto mobile di Roma e a seguire quelli di Genova e Milano. I carabinieri, invece, circondarono il perimetro dell’edificio e le zone limitrofe. Dentro la scuola si trovavano gli attivisti – fra i quali anche molti stranieri – che riposavano nella palestra e nei corridoi sistemati nei sacchi a pelo. La prima persona incontrata dagli agenti durante l’operazione fu Mark Covell, giornalista di nazionalità inglese; venne assalito con numerosi colpi che lo mandarono in coma. Quasi la totalità dei presenti venne ferita (82 persone su 93 arrestati) a testimonianza di quanto fu violento l’intervento delle forze dell’ordine.
Al fine di giustificare tanta violenza durante le perquisizioni, alcuni dei responsabili dei reparti mobili portarono all’interno della scuola delle bottiglie molotov, come emerso dalle indagini e ribadito nelle sentenze. Insieme alle molotov, vennero sistemati a posteriori nell’edificio anche gli attrezzi da lavoro presi in un cantiere vicino, mentre le bottiglie molotov erano quelle sequestrate nel corso della giornata precedente. Tutto ciò per dimostrare che all’interno dell’edificio si era accampata la frangia più violenta dei manifestanti. Uno dei poliziotti, Massimo Nucera, affermò di essere stato aggredito da uno degli occupanti, mostrando una ferita da coltello sul suo giubbotto antiproiettile. L’aggressore non è stato mai identificato e l’agente è finito sotto accusa per falso e calunnia, per aver provocato egli stesso, in un secondo momento, il taglio presente sul giubbotto.
La procura di Genova decise di rinviare a giudizio 28 poliziotti e la sentenza di primo grado venne emessa il 13 novembre del 2008. Dal processo è emerso che il primo a fare irruzione nella scuola fu Vincenzo Canterini, capo del reparto mobile di Roma, insieme ad alcuni suoi sottoposti, fra cui Fournier: il primo venne condannato a 4 anni di reclusione, il secondo a 2 anni. Sono stati condannati pure Pietro Troiani e Michele Burgio: il primo a 3 anni per aver portato dentro l’edificio le molotov, il secondo a 2 anni per averle trasportate sul luogo.
Su un totale di 28 persone rinviate a giudizio, l’accusa aveva richiesto che venissero condannati tutti, per 109 anni di carcere complessivi. Le condanne, invece, furono inferiori, con l’aggiunta di 800 mila euro di risarcimenti a carico del ministero dell’Interno e di alcuni fra i condannati. Mark Covell, il giornalista inglese finito in coma, è stato risarcito con 4 mila euro. La sentenza di secondo grado del 18 maggio ha portato alla condanna di 25 dei 28 imputati, coinvolgendo i vertici delle forze dell’ordine assolti in precedenza. Alcune delle pene sono state rese più dure, mentre alcuni dei condannati in primo grado sono stati assolti per prescrizione (fra questi Michelangelo Fournier). Il 5 luglio del 2012 la Cassazione ha dato conferma alle condanne per “falso aggravato” inflitte in secondo grado, mentre sono andate in prescrizione le condanne per il reato di “lesioni gravi” di nove degli agenti condannati sia in primo che in secondo grado.