Ce ne ha messo di tempo la Marvel per entrare nellimmaginario cinematografico, dopo anni di tentativi fruttuosi al botteghino ma di qualità spesso discutibile e di ancor più discutibile carisma. Nessuno pensa che fosse quello lobiettivo, ma di sicuro una realtà conosciuta come casa delle idee il problema se lo era posto visto il potenziale degli Spiderman e degli Iron Man. La vera sorpresa è che ci sia riuscito con il progetto più debole sulla carta, con il fumetto meno conosciuto del suo repertorio, Guardiani della galassia, e con il regista più bizzarro, quel James Gunn nato e cresciuto nel trash della Troma.
Il film racconta lavventura spaziale di uno scombinato gruppo di anti-eroi: Peter Quill, un avventuriero sfacciato ma goffo che ha messo le mani su una pietra che pare fondamentale per la galassia; Groot e Rocket, cacciatori di taglie sulle sue tracce; Gamora, guardia del tremendo Ronan che deve impossessarsi della pietra per fini non propri benefici. Nemici che il pericolo della distruzione universale renderà alleati, anzi qualcosa di più.
Scritto da Gunn con Nicole Perlman a partire dai fumetti di Abnet e Lanning, Guardiani della galassia è unavventura fantascientifica vecchio stile, che guarda esplicitamente a Guerre stellari e Indiana Jones, abbandonando i supereroi e le super-responsabilità a cui Marvel ci ha abituato per gettarci in un mondo che ha il gusto fragrante delle vecchie giostre di paese, aggiornate alla modernità tecnologica.
Il cuore e il successo delloperazione, in senso cinematografico, comunicativo e commerciale, di Guardiani della galassia sta nel suo porsi quasi in antitesi rispetto alle tendenze del cinema supereroico, ai kolossal spettacolari e generatori di seguiti e spin-off di cui Hollywood si nutre, partendo dal recupero del cinema di casa Amblin e Lucas, le produzioni firmate da Spielberg negli anni 80 come I Goonies o Explorers fatte di avventure infantili, di gioco nel senso meno ironico e più appassionato del termine, restituendo al blockbuster contemporaneo un senso del gruppo, della comunità e dellamicizia che ha pochissimi eguali nel cinema adulto dei nostri giorni: grazie soprattutto al lavoro di Gunn e soci sui personaggi, non le figurine cartonate a cui ci siamo abituati, ma caratteri che sanno giocare con la mitologia e le loro sfumature, a cui affezionarsi e voler bene, protagonisti di sequenze capaci di far scorrere un brivido sulla schiena dello spettatore.
Guardiani della galassia dimostra che il cinema Marvel dà il meglio di sé quando si allontana dai supereroi e dai loro contesti tipici, quando gioca col buddy movie, come in Iron Man 3, o con le paranoie anni ‘70 come in X-Men: Giorni di un futuro passato o Captain America 2: qui Gunn riversa il suo amore per il fumetto e per l’avventura, per la fantascienza guascona e divertita, in cui l’umorismo e le citazioni non servono per ammiccare allo spettatore, per consolarlo, ma per creare un inno alla cultura pop – dal cinema alla musica, dalle arti figurative alla letteratura – che colpisce per sincerità e tocco, per efficacia di messinscena e coinvolgimento.
Ricchissimo di citazioni che non sono modernariato, Guardiani della galassia guarda al passato con consapevolezza, conscio della sterilità della nostalgia e capace di aprirsi al futuro, ponendosi come possibile Star Wars della generazione degli anni ‘10 (“Noi siamo Groot” è il “La forza sia con te” dei nostri tempi) e cercando di imprimere nei ricordi collettivi un pugno di attori e situazioni talmente ingenue e oneste che è impossibile resistere loro: lo Starlord di Chris Pratt, il fascino di Zoe Saldana, la tenerezza dell’albero doppiato da Vin Diesel o il repertorio guascone dell’orsetto lavatore armato di bazooka. Un pugno di scarti dell’immaginario fumettistico, senza dubbio. Ma che messi insieme sanno smuovere una galassia.