La prima puntata del nuovo ciclo di Report parla di pizza, un alimento tipico italiano. Le domande: il fumo che si vede nei forni della pizza fa bene oppure no? E come viene pulito il forno? E saranno anche altre le domande cui si cercherà una risposta. Da Sud a Nord del paese vedremo lo stato di forni per la cottura di pizze per asporto e sentiremo dalla viva voce dei ristoratori quali sono le pratiche e gli ingredienti necessari per dare ai propri clienti una pizza buona e sana. Il servizio di Bernardo Iovene parte da alcune analisi sui componenti della crosta della farina. L’inchiesta si dipana in due campi: le interviste ai pizzaioli che lavorano e sfornano anche migliaia di pizze al giorno e le dichiarazioni di esperti di tossicologia, nutrizionisti e cuochi che analizzano le pratiche utilizzate normalmente. Le analisi fatte sulle pizze dicono che, per esempio, il fumo nero aumenta la presenza di idrocarburi nelle croste. Questo viene causato dalla pulizia dei forni per dove non solo rimane la farina cotta ma anche oltre al legno vengono utilizzati gusci di noci che spesso contengono anche altro (anche piccoli animaletti!). Poi si passa a parlare dei cartoni da pizza. Per legge dovrebbero essere solo di cellulosa pura e non di materiale riciclato, che in Italia non è permesso ma attraverso cicli di importazione viene utilizzato ugualmente. Il materiale si riconosce perché si spappola una volta bagnato e contiene un ondulato di colore grigio. Il discorso poi passa alle pizze surgelate. Alcune di marche anche piuttosto importanti vengono addirittura prodotte all’estero, mentre una fabbrica friulana certifica che le sue pizze vengono prodotte in Italia con prodotti certificati e provenienti dalle varie regioni. La pizza venduta non se la passa meglio. A Venezia viene usato molto olio di palma per fare le pizze, questa sostanza aumenta la presenza di grassi saturi. Non solo questo, molte pizze sono precotte e surgelate, spesso senza segnalarlo ai consumatori e i turisti spesso sono convinti di comprare prodotti tipici mentre in realtà vengono serviti loro dei preparati precotti. Il risultato è che molti trovano che le pizze servite siano difficili da digerire e da smaltire. 



Il discorso passa quindi alle farine. La farina che viene di solito utilizzata (la farina 00 e 0) per le pizze è più semplice da conservare a da stendere ma in compenso è meno nutriente e digeribile. Anche qui si passa fra il giudizio degli esperti e le interviste dei ristoratori. La maggior parte dei pizzaioli utilizza la farina 00 o quella rinforzata con manitoba senza di fatto sapere perché. E viene intervistato un fornitore di farine che racconta che anche il tempo di lievitazione dell’impasto è una componente importante. Quella naturale sarebbe di 24 ore, un tempo che a causa delle richieste del mercato viene portato a 3, 2 ore, o addirittura a 45 minuti, anche con l’aiuto di forni e stufe. Per velocizzare vengono utilizzati anche altri stratagemmi come l’aggiunta di miglioratori enzimatici o basi della pizza vengono consegnate dopo essere state inserite in un abbattitore che di fatto modifica l’intero processo. Un altro punto importante è l’olio. La pizza verace napoletana si cuoce solo con olio extravergine di oliva, ma anche le pizzerie certificate utilizzano invece delle misture che contengono olio di semi di girasole, di arachide in alternativa a quello che dovrebbe usato. Anche gli altri ingredienti: nella pizza il pomodoro dobrebbe essere pelato e italiano, in realtà vengono importati fusti di concentrato dalla Cina e dagli Stati Uniti, mentre quello italiano viene venduto all’estero. La richiesta interna è talmente bassa che i campi che producevano i San Marzano vengono abbandonati. Lo stesso è il problema della mozzarella, che viene preparata per pizza, già tagliata. Ci sono delle marche di prodotti che sembrano italiani ma che invece provengono dall’estero, senza bisogno di dichiararlo in etichetta. Allo stesso tempo molti prodotti di eccellenza vengono ignorati dal mercato interno e assorbiti dall’estero. Ma ci sono dei cambiamenti, ci sono ristoratori che cercano di ritornare alle origini, rispettando i tempi di lievitazione, i prodotti facendo arrivare sul tavolo dei piatti più sani.

Il secondo servizio parla dei pacemaker che servono a risolvere malformazioni o malattie cardiache. Ma chi è che si accerta del funzionamento di questi prodotti? I certificati devono essere rilasciati dal ministero della Sanità che dovrebbe effettuare dei test. I laboratori del ministero per i test sono in stato pietoso, nel disinteresse generale. Il giornalsta intervista un funzionario preposto che però non è in grado di dare delle spiegazioni e allarga le braccia di fronte a un vespaio di clientele e favori. In passato pratiche del genere hanno già causato morti e disagi alle persone. Si parla del caso di alcune valvole cardiache che importate in Italia con l’appoggio di alcuni importanti cardiologi si sono rivelate malfunzionanti. In almeno un paio di casi (uno a Padova e uno a Torino) i pazienti cui sono state impiantate queste valvole sono andati contro a morte o a infermità. I processi a carico dei medici e delle aziende ospedaliere sono terminati senza alcuna condanna.

Va in onda su Rai Tre la puntata del programma di Milena Gabanelli Report, visibile anche in diretta streaming. Vedremo nuove inchieste giornalistiche realizzate da un gruppo di giornalisti free-lance. I giornalisti si auto-producono, realizzando le inchieste con la propria videocamera e il loro montaggio. Clicca qui per vedere la diretta streaming di Report su Rai.tv

Manca ormai pochissimo alla nuova stagione di Report, il programma di inchieste ideato e condotto su Rai Tre da Milena Gabanelli: lappuntamento è alle 21.45 sulla terza rete pubblica. Due le inchieste che domineranno la serata: la prima mette sul banco degli imputati la pizza, che in alcuni casi può addirittura contenere elementi cancerogeni. Succede infatti che se i pizzaioli non puliscono il forno, i fumi e la farina carbonizzata possono rappresentare un serissimo rischio per la nostra salute. Report ha così analizzato le pizze in un laboratorio e i risultati sul cibo raccolto a Milano, Venezia, Firenze, Roma e Napoli non sono incoraggianti. Nellinchiesta realizzata da Bernardo Iovene si affronta anche il mercato delle pizze surgelate.

Si cambia dunque decisamente argomento parlando di pacemaker, che sono una realtà per 700 mila italiani, che aumentano di 60mila di anno in anno. Ma chi certifica i dispositivi? Siamo così sicuro che i neuro stimolatori o i defibrillatori impiantati siano sicuri? E quali sono gli enti e le istituzioni che rilasciano il marchio di conformità CE? L’istituto Superiore di Sanità su tutti e così le telecamere di Report sono entrate nei laboratori addetti ai minuziosi e certosini controlli, peccato che appaiano abitati da macchinari vecchi, rotti e inutilizzati.