Circa un anno fa, verso la fine di agosto, usciva nelle sale italiane Levocazione – The conjuring, horror incentrato sulle vicende soprannaturali dei coniugi Warren, che ha riscosso un grande successo sia di pubblico che di critica. I pregi della pellicola sono svariati, ma, curiosamente, uno degli elementi che ha intrigato maggiormente il grande pubblico è la presenza in una manciata di scene dellinquietante bambola Annabelle, la quale, nonostante la ridotta presenza scenica, è entrata subito nellimmaginario collettivo.
Per quale motivo? Treccine bionde da angioletto teutonico, occhi vitrei persi nel vuoto, ghigno malefico e ambiguo: gli elementi per diventare unicona dellhorror moderno ci sono tutti! Detto fatto, perché ecco che John R. Leonetti, già direttore della fotografia per The Conjuring, coglie la palla al balzo e dirige, a distanza di un anno, un vero e proprio spin-off incentrato sulla bambola Annabelle.
Così come il suo cugino più grande, The Conjuring, anche Annabellesegue le vicende di un nucleo familiare apparentemente ordinario, la cui vita verrà sconvolta da una misteriosa presenza demoniaca. Siamo a cavallo tra gli anni 60 e 70, cioè nello stesso periodo in cui Charles Manson mostrava agli Stati Uniti e al mondo intero che no, il Male non è unentità astratta, ma può nascondersi e svilupparsi persino nel più tranquillo dei sobborghi. Se oggi siamo tristemente abituati a episodi di cronaca nera, allepoca un evento simile ebbe un forte impatto mediatico e contribuì, insieme ad altri fattori, a spegnere lentusiasmo e la fiducia ottimistica che caratterizzarono, almeno negli Stati Uniti, il secondo dopoguerra.
John e Mia (lui specializzando in medicina, lei in attesa della prima figlia) vivono in questo clima di terrore, e non a caso sarà proprio durante unaggressione domestica da parte di due fanatici che la bambola, originariamente innocuo regalo di John per la moglie, diventerà vettore di forze demoniache. Da quel momento in avanti, Annabelle continuerà a tormentare la famiglia, fino a che non le verrà offerta unanima innocente in sacrificio.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la bambola rappresenta sì la concretizzazione stessa del Male, ma piuttosto che concentrarsi solamente su di essa il film preferisce focalizzarsi sulle paure e sul senso di oppressione che una forza così grande genera su un tipico nucleo famigliare, rifacendosi in questo alla più celebre pellicola di Polanski: Rosemarys Baby.
E gli omaggi al capolavoro horror di Polanski non finiscono qui, perché se è vero che The Conjuring era ambientato nella classica catapecchia maledetta e fuori dal mondo, qui lo scenario della tragedia domestica si sposta in una grande città. Come in Rosemary’s Baby, sono i tetri corridoi di un appartamento a fare da teatro alle paure di Mia; e se in una casa di campagna è normale sentire scricchiolii sinistri e tutta una serie di rumori tipici dell’horror, ben più inquietante è ritrovare gli stessi in un lussuoso condominio metropolitano.
Il film, sia chiaro, è tutt’altro che esente da difetti: la sceneggiatura risulta a tratti deboluccia, e il costante paragone con Rosemary’s Baby (evidentemente voluto dal regista, che arriva perfino a utilizzare un passeggino simile, se non identico, a quello utilizzato da Mia Farrow nel film), se da una parte lo nobilita, dall’altra ne mette fortemente in luce gli inevitabili difetti. Il merito di Leonetti, però, sta nell’aver riportato in auge una tipologia di horror “metropolitano” che ultimamente era caduta un po’ nel dimenticatoio (e i cui rari esponenti – vedi il recente Liberaci dal Male – si sono rivelati piuttosto deludenti). Non più vampiri, morti viventi o creature soprannaturali di lovecraftiana memoria, quindi: in Annabelle il vero mostro è l’essere umano, e il Male potrebbe annidarsi in seno alla più insospettabile delle famiglie.
Certo, la storia del cinema è piena di pellicole che trattano la stessa tematica, e spesso con risultati ben più soddisfacenti e originali (si pensi, oltre che al già citato Rosemary’s Baby, all’intera filmografia di Carpenter). Eppure, anche una volta messi in luce i difetti del film, non si possono non riconoscere al regista la volontà e lo sforzo di dare alla luce qualcosa di più di un semplice spin-off senz’anima.