Di Neveultima fatica del regista Stefano Incerti, è più facile parlare male che bene. In un panorama, come quello del cinema italiano, in cui a riscuotere successo al botteghino sono le solite commediole ritrite e infuse di bonario buonismo, fa sempre ben sperare veder spuntare qualche genere insolito. Si pensi al recente Paranormal Stories, ad esempio, che, pur con i suoi limiti, rende omaggio al cinema horror degli ultimi decenni. Nel caso di Neve, invece, ci troviamo di fronte a un noir, genere americano e politically incorrect per eccellenza. Uomini dal passato tormentato, donne belle e letali, e atmosfere espressioniste da metropoli degli anni 40: questi gli elementi che ne hanno sancito limmortale successo.
Purtroppo, lo stesso non si può dire di Neve, che come noir si rivela fallimentare sotto tutti gli aspetti. Quel poco di buono che cè, e cioè la convincente performance attoriale di Roberto De Francesco, finisce per essere soffocato da una valanga di leggerezze, banalità, se non addirittura veri e propri errori nella gestione della vicenda. E in un film che dovrebbe ruotare attorno alla suspense e alla caratterizzazione dei personaggi, sbagliare questi due obiettivi significa partire con due piedi nella fossa.
In sintesi, il film parla di un uomo, giunto in un paesino coperto dalla neve in cerca di qualcosa. Non si tratterebbe di un noir se non ci fosse la femme fatale di turno, ed ecco che al protagonista si unisce misteriosamente una ragazza, anchessa ben determinata a tener nascosti i fantasmi del proprio passato. Gli elementi per una vicenda fosca e intrigante ci sono, ma sfido chiunque a interessarsene di fronte a forzature che sembrano buttate lì giusto per far progredire la trama. E tutto questo solo nel primo quarto dora.
Il resto della pellicola scorre senza lasciare il segno, barcamenandosi tra una situazione e laltra con la stessa svogliatezza di un bradipo. Neanche linterpretazione di De Francesco aiuta, perché il suo personaggio è scritto così male che, nei momenti in cui dovrebbe esserci una certa tensione, si finisce per ridere della sua idiozia, e addio alla suspense.
Come ho già detto, una comprimaria femminile di spessore può risollevare una pellicola zoppicante. Daltronde, da Theda Bara alla Sharon Stone di Basic Instinct, la storia del cinema è costellata di vamp più o meno splendenti. Purtroppo – e qui arrivano le vere note dolenti – Esther Elisha non è allaltezza del ruolo, e la sua femme fatale assomiglia più a una ragazzina lunatica che a una moderna Salomè. Lintreccio perde di interesse dopo pochi minuti, e altrettanto presto subentra la noia per dialoghi che aggiungono poco o nulla alla psicologia dei personaggi.
Come se non bastasse, il tutto viene condito da una colonna sonora composta da quattro accordi in croce e una manciata di brani musicali. In entrambi i casi, comunque, fallisce miseramente nel sottolineare tensione o emozione di qualche tipo.
Anche volendo salvare il salvabile, Neve sembra un film girato controvoglia da un regista che ha gettato la spugna ancor prima di cominciare; il tentativo fallito di trasportare il noir dalle fumose bische del Bronx alle stradine innevate di un’imprecisata provincia italiana.