Matthieu Mantanus, direttore d’orchestra svizzero che ha svolto gran parte del suo percorso artistico nel nostro paese, è uno degli ospiti della puntata del programma Che fuori tempo che fa in onda stasera. Nato nel 1978, a Losanna, ha iniziato a suonare in qualità di pianista, a soli cinque anni, per poi cimentarsi nella direzione, affinando le sue doti a Roma alle dipendenze di Bruno Aprea. In qualità di assistente ha quindi lavorato con Giuseppe Sinopoli dedicandosi in seguito a corsi di perfezionamento con la supervisione di Gianluigi Gelmetti e Jorma Panula. Nel 2000 ha poi partecipato alla fondazione dei Giovani solisti di Tirana e ad Allegretto Albania, nell’ambito del quale ha collaborato con Massimo Quarta e Giorgia Tomassi.



Il 2002 lo ha invece visto protagonista del Festival di Avignone dirigendo l’Historie du Soldat, in un allestimento diretto da Alain De Bock. Nell’anno successivo ha debuttato in qualità di direttore dei Solisti Aquilani, per poi partecipare alla fondazione di Camerata Italica, un’orchestra giovanile di cui è in seguito diventato stabilmente direttore. Dopo aver aperto il Festival Mozartissimo, a Roma, nel 2004, nell’anno successivo ha quindi iniziato una proficua collaborazione con l’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi a Milano. Proprio il capoluogo lombardo è diventato il centro della sua azione negli anni a seguire, che gli hanno dato la possibilità di crescere in maniera esponenziale e di instaurare collaborazioni con artisti di fama mondiale. tra cui Simone Pedroni.



Nel 2009 ha iniziato la direzione dell’Orchestra della Svizzera Italiana, per poi assumere la guida di quella di Ravenna. Un largo numero di collaborazioni implementato poi da quelle con la Filarmonica Toscanini e con il Teatro Lirico di Cagliari. Vanta anche la pubblicazione di un testo, Una giornata eroica, in cui cerca di spiegare ai più piccoli la genesi della Terza Sinfonia di Ludwig von Beethoven. Un testo che mette insieme il suo amore per la divulgazione e quello per i bambini. In una intervista Mantanus ha voluto spiegare il senso del suo testo, pubblicato nel 2009 sotto l’egida di Feltrinelli, ricordando come la musica sia in fondo uno strumento assolutamente prezioso per un corretto sviluppo motorio.



Proprio la musica, in particolare, riuscirebbe a stabilire le giuste connessioni nella mente dei più piccoli tra suoni e gesti. Inoltre, conoscendo la musica, si può arrivare a una migliore comprensione della storia. Per questo motivo, il direttore d’orchestra elvetico ritiene che lo sviluppo di un senso critico rispetto alla musica, possa costituire un valido antidoto in grado di migliorare la stessa società. Tanto da proclamarsi assolutamente contrario alla separazione tradizionale tra musica classica e rock, preferendo quella tra musica buona e cattiva.

Nella stessa intervista ha poi condannato praticamente senza appello l’insegnamento della musica nelle scuole italiane, con programmi assurdi e un ruolo quasi inesistente all’interno del’insegnamento. Infine ha ricordato come se non si fosse dedicato alla musica, avrebbe potuto affermarsi in altri campi, come economia, politica o fisica, settori per i quali ha sempre nutrito uno spiccato interesse. Come si può capire, quindi, una personalità poliedrica ed estremamente complessa, che sarà interessante seguire nel corso della consueta chiacchierata con Fabio Fazio.