Giacomo è il broker meneghino per eccellenza: ricco sfondato, con una moglie raffinata amante della bella vita e un ufficio con vista panoramica in cima alla torre Unicredit. Giovanni è il suo maggiordomo, impegnato sentimentalmente con la caliente Dolores, nonché cultore, nel tempo libero, dellantica arte samurai. Aldo, invece, vive con la madre, e passa le giornate tra il campetto delloratorio e il sogno di mettere su una bancarella al mercato di quartiere. Le loro vite finiscono ben presto per intrecciarsi, dando il via al susseguirsi di sketch e situazioni a cui, sin da Tre uomini e una gamba, il trio ci ha abituato.

Esordio alla regia di Morgan Bertacca, accanto ad Aldo, Giovanni e Giacomo, Il ricco, il povero e il maggiordomo prende il via quando, in seguito a un tracollo finanziario, Giacomo si trova costretto a mettere da parte i modi altolocati da alta borghesia e a collaborare con i compagni di sventura. Fin dallincipit, quindi, si capisce come il trio abbia deciso di occuparsi di una tematica attuale come la crisi economica, tentando di esorcizzarla a modo suo. In maniera simile a quanto avviene in Così è la vita – anche se in modo molto più leggero e ottimista – lamarezza delle premesse viene stemperata dalla risata.

Come di consuetudine, il lato comico dei loro film non è mai fine a se stesso, ma si intreccia indissolubilmente con gli sviluppi della trama e levoluzione psicologica dei personaggi. Oltre alle battute in sé, infatti, a far sorridere è il modo in cui i tre, ciascuno ben calato nella propria parte, reagiscono alle difficoltà che via via si trovano davanti. E così Giacomo, abituato alla servitù e alle ville in campagna, si trova da un giorno allaltro a dover dividere la casa con Aldo e sua madre, mentre il povero dovrà vestire i panni di un facoltoso milionario dellAzerbaigian. 

Sarebbe facile, dopo quasi ventanni di carriera cinematografica (per non parlare di quella teatrale), adagiarsi sugli allori e riproporre i soliti sketch. Piacevoli riferimenti a parte, però – tra cui un omaggio ad Ajeje Brazorf, alter ego tra i più celebri di Aldo -, il trio ama rinnovarsi, giocare con gli stereotipi e divertirsi a manipolarli a piacimento. Esempio più lampante è il personaggio di Aldo, classico latin lover che, però, ha una paura tale del genere femminile da non riuscire mai a concludere nulla. O lo stesso Giovanni, che allamore per la cameriera sudamericana Dolores affianca quello per la propria katana, dalla quale non si separa neanche durante la notte.

Oltre a Dolores, anche le altre figure femminili del film sono ben diverse da quelle presenti solitamente nei film del trio. Qui la presenza femminile è ben più attiva e dominante del solito, dall’autoritaria madre di Aldo ad Assia, collaboratrice di Giacomo interpretata da una sensuale Francesca Neri. E c’è da dire che, pur con un cast così “ampliato”, il film funziona alla grande, sia come prove attoriali – azzeccata in particolare quella di Guadalupe Lancho nei panni di Dolores -, sia come dinamiche interpersonali, mai scontate e banali.

Come a voler chiudere il cerchio, anche la colonna sonora spazia liberamente da pezzi dialettali degli anni ‘60 ad artisti contemporanei come George Ezra ed Emis Killa. Un potpourri che non stona, se si pensa che è tipico dei film del trio alternare pezzi italiani e stranieri con estrema disinvoltura. È in linea con la loro filosofia, d’altronde, alternare cosmopolitismo e campanilismo; omaggi alla musica e al cinema straniero inseriti in un contesto fieramente italiano (milanese, in questo caso). 

Film in sostanza piacevolissimo, che, pur non raggiungendo le vette di comicità di Al, John e Jack e l’amara profondità di Così è la vita, offre un intrattenimento mai banale e adatto a tutti.