I Dieci Comandamenti – Roberto Benigni: ascolti seconda puntata Martedì 16 dicembre su Rai Uno è andata in onda la seconda e ultima puntata de “I Dieci Comandamenti”, lo spetaccolo di Roberto Benigni dedicato al Decalogo che Dio dettò a Mosè. La serata ha conquistato nella presentazione ha raggiunto 7.845.000 telespettatoti con il 27.1% di share, mentre nel vivo dello sho ha raggiunto 10.266.000 spettatori pari al 38.32% di share. La seconda puntata ha registrato ascolti migliori rispetto alla prima serata di lunedì 15 dicembre che ha conquistato 9.104.000 spettatori pari al 33.22% di share. Si tratta del terzo risultato assoluto del 2014 per Rai Uno, dopo la partita della nazionale italiana ai Mondiali contro lUruguay e la serata inaugurale del Festival di Sanremo 2014, condotto da Fabio Fazio e Luciana Littizzetto.



I Dieci Comandamenti – Roberto Benigni: commento alla seconda puntata – Dopo lesplosione di ascolti di lunedì sera, Roberto Benigni non ha deluso neanche durante il secondo e ultimo appuntamento di ieri sera raccontando I Dieci Comandamenti. Sono tantissimi i commenti che hanno invaso i social network: molti davvero positivi, come coloro che esaltano il comico toscano direttamente Benigni è un inno alla gioia; e altrettanti sono quelli che riportano qualcosa che è stato detto ieri in diretta, come per esempio la riflessione su nonni e le nonne e sul loro ruolo allinterno della società. Intenso ogni passo meriterebbe una pausa di riflessione si legge ancora tra le parole di un utente, anche se non mancano certamente le critiche che in occasioni come queste si sprecano. Cè chi, facendo dellironia, rimarca il fatto che il “cantastorie” che ha conquistato un pubblico enorme abbia ricevuto un compenso davvero esagerato, e cè anche chi ammette di aver comunque di meglio da fare piuttosto che seguire il Decalogo infarinato da riferimenti di attualità e politica, come daltronde era stato promesso e ognuno si aspettava. In ogni caso, il pubblico di Benigni lunedì sera ha raggiunto il 33% di share, vedremo oggi se il nuovo dato di ascolti confermerà lentusiasmo che questo show ha portato per tutti gli amanti del piccolo schermo o meno.



I Dieci Comandamenti – Roberto Benigni: commento alla seconda puntata – Finisce la seconda parte dello show di Roberto Benigni sui “I 10 Comandamenti”, cala il sipario su uno di quei programmi televisivi che farà parlare ancora di sè nei prossimi giorni. Il comico a differenza dei suoi precedenti spettacoli non apre con il classico siparietto di cabaret ma va direttamente al sodo. Mossa apprezzata visti i tanti argomenti della serata, anche se nel finale è evidente come abbia accelerato per rientrare nei tempi. La mancaza di pubblicità aiuta a tenere la concetrazione al massimo, impossibile pesare a questo tipo di show con continue pause che avrebbero rotto l’atmosfera ricreata dal “cantastorie” toscano. Va apprezzato il messaggio racchiuso nella sua proposta di estendere il quarto comandamento anche ai nonni e alle nonne richiamando al loro ruolo sociale e famigliare. La sua voglia di rendere un qualcosa di quotidiano i comandamenti è chiara e non perde mai l’occasione per lanciare messaggi nemmeno troppo velati. Il momento giusto arriva con il quinto comandamento ovvero “Non uccidere”, che diventa l’occasione di ribadire un secco no alla “pena di morte” che definisce una cosa abberrante, ma che viene ancora praticata in molti (troppi) paesi. Nel voler “catechizzare” i telespettatori a volte però perde di vista il tema e compie uno scivolone quando inizia la sua crociata personale contro la Chiesa attaccandola sul tema della sessualità trattando il comandamento “Non commettere adulterio”. L’ostinarsi a voler dare una chiave di lettura contemporanea arriva per assudo a forzare il concetto stesso di “licenza poetica”  diritto – di chi sta facendo come questa sera – un’interpretazione artistica di un testo Sacro. Benigni è bravo a rimettersi in carreggiata e sfoga tutto il suo sarcasmo quando arriva a comandamento “Non rubare” che definisce “un comandamento fatto per gli italiani, tanto semplice che lo capiscono anche i bambini, forse solo quelli”. In questo caso il materiale per la satira non manca e gli esempi nella nostra società si sprecano come il fenomeno della corruzione o come lo definirà lui verso la fine del commento del settimo comandamento: “uomini che si vendono e si fanno comprare, il gradino più basso dell’umanità ovvero vendere l’anima”. Bella la definizione che dà del concetto di rubare applicato al “rubare l’esistenza alla persona” riferito al non avere il lavoro e non fare nulla per creare situazioni che lo favoriscano, chiara frecciata al mondo della politica. Non possono mancare tra gli esempi negativi gli evasori e i “furbetti del cartellino”. Questo ottimo momento di critica sociale viene rovinato da un altro scivolone questa volta legato alla liberalizzazione della prostituzione. Il finale è in crescendo e anche se attorno al nono e al decimo comandamento sembra velocizzare per rientrare nei tempi prefissati. Un esperimento, questo della Rai sicuramente interessate e molto d’impatto: sfido qualunque altro persoanggio televisivo, comico o attore a tenere incollati così tanti italiani davanti alla televisione per sentire “I Dieci Comandamenti” come se fossero davanti a qualcosa di nuovo mai ascoltata prima. In questo Roberto Benigni vince una grande sfida che nel complesso appare convincente e coinvolgente.



I Dieci Comandamenti – Roberto Benigni: riassunto seconda puntata Martedì 16 dicembre Rai Uno ha trasmesso la seconda parte dello spettacolo I dieci comandamenti, che ha visto Roberto Benigni assumere il ruolo di guida per i telespettatori nella spiegazione del Decalogo. Come prima cosa, il comico toscano ha ringraziato il pubblico molto numeroso che lo ha seguito nel corso della prima serata, e manifesta la volontà di ringraziare tutti i telespettatori uno a uno, a modo suo, mandando a casa mazzi di fiori o, in alternativa 80 euro, e subito dopo si addentra nella spiegazione del quarto comandamento, cioè “Onora il padre e la madre”. Secondo Benigni dovrebbe essere allargato anche ai nonni, dato l’allungamento della vita media e il grande supporto che questi danno oggi nell’ambito della famiglia. Il comico cerca di attirare l’attenzione sulla posizione del comandamento, che è posto alla fine della prima tavola e quindi prima dell’inizio della seconda: una scelta non casuale quella di porlo in posizione strategica, a indicare quella che lui definisce “dissolvenza”, volendo simboleggiare un punto d’incontro tra il cielo e la terra. Questo comandamento fa venire in mente l’Eternità, il perpetuarsi della vita attraverso le generazioni, l’ordine, quindi, di rispettare la vita. Qui, non soltanto non c’è alcuna negazione a precedere la regola, ma c’è anche un premio per chi lo rispetta (“Onora il padre e la madre affinché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il signore, Dio tuo”, dice il comandamento, e quindi la ricompensa consiste proprio nel prolungamento dei giorni da trascorrere sulla Terra), ma, inoltre, Dio destina ai genitori un termine che riserva solitamente a se stesso (il verbo “onorare”), che in questo caso sta a indicare il dovere di prendersi cura dei nostri cari proprio nei momenti di fragilità soprattutto, in segno di riconoscenza per il bene ricevuto.

Nel cuore del Decalogo si trova invece il comandamento “Non uccidere”, il primo dei comandamenti che regolano i rapporti tra gli uomini, che tra l’altro rappresenta la prima volta nella storia dell’umanità in cui viene formulato il divieto di omicidio. Il Novecento, dice Benigni, è il secolo più truculento della storia del mondo e un comandamento come questo si è esteso perché si è allargata la portata della morte (Benigni si riferisce, ad esempio, dell’invenzione del reato di crimini contro l’umanità). Anche uccidere quello che consideriamo il nostro peggior nemico significa privare il mondo di una vita unica e l’omicidio è un crimine che solo la vittima può perdonare (“Dio non perdona per conto terzi”, avverte Benigni), così il comandamento spazza via ogni dubbio anche sulla validità della pena di morte, spesso mantenuta in vigore per dotare gli uomini di un fondo di crudeltà e legittimarla. L’uomo ha un’unica via d’uscita, quella di credere in un mondo in cui non si uccida e la violenza sia bandita: la scelta, come sempre, sta a noi, perché col libero arbitrio Dio ci autorizza a propendere per una soluzione o per un’altra, anche se lascia intendere la possibilità di una vita più felice per chi non commette omicidio.

“Non commettere adulterio”, meglio conosciuto come “non commettere atti impuri”: il sesto comandamento, cambiato dalla Chiesa da secoli, ha spesso generato confusione nella seconda versione dato che, in molti, sono stati indotti a credere che fosse peccato tutto ciò che ha a che vedere col sesso (“quelli che hanno cambiato il comandamento hanno rovinato una generazione, roba da chiedere i danni alla Chiesa”, scherza Benigni). Ma non è l’interpretazione della Bibbia, specifica il comico: la sessualità, infatti, nella Bibbia viene vista come un grande regalo, come ad esempio avviene nel Cantico dei Cantici, e il comandamento attiene in realtà al divieto di non avere relazioni passionali al di fuori del matrimonio, intendendo soprattutto la necessità di non separare la fedeltà dall’amore. Il commento più bello e significativo a questo comandamento, secondo Benigni, è contenuto nel Talmud: “state molto attenti a far piangere una donna, perché Dio conta le sue lacrime”, legge il toscano, e viene subito sommerso dal fragore di uno scrosciante applauso.

“Non rubare” è invece senz’altro il comandamento più “caldo”, data l’attualità italiana (“Dio ha voluto fare un comandamento per noi italiani”, “Dio lo ha scritto in italiano, proprio”), e forse quello più trasgredito, non solo da noi ma in tutto il mondo. Originariamente si riferiva al commercio degli schiavi, e qui non mancano i riferimenti alle schiavitù dei giorni nostri, come ad esempio il lavoro nero, e anche questo si è esteso nel corso del tempo: si tratta di un peccato gravissimo, perché fatto con l’intelletto e in maniera del tutto consapevole, e per importanza è destinato a superare tutti gli altri, perché pare che ormai rubare sia normale e chi viene sorpreso a farlo spesso non si pente. A noi italiani, poi, aggiunge Benigni, piace rubare alla collettività (evasori, falsi invalidi), ma non meno grave è rubare l’anima e la vita, non dando un lavoro dignitoso o, ad esempio, proponendo delle condizioni di lavoro tali da non consentire a ciascuno di avere un momento per sé, senza parlare poi di chi si fa corrompere. “Non rubare” dunque vuol dire non sottrarre la vita a se stessi e agli altri.

“Non dire falsa testimonianza contro il tuo prossimo”, “la lingua bugiarda”, una delle cose che Dio più maltollera (non a caso il serpente nell’Eden si serve di una bugia per i suoi scopi), una regola importante non soltanto nei processi ma anche nella vita. Dio insiste particolarmente su questo comandamento proprio perché la parola può avere la capacità di creare o distruggere, e riguarda anche l’omertà, la doppiezza, l’adulazione, la malizia, il pettegolezzo, la bugia che sfocia nella calunnia e tutti gli atteggiamenti che calpestano ogni principio morale manipolando la verità. “Bellezza è verità”, conclude il premio Oscar.

“Non desiderare la donna d’altri”, in origine tutt’uno con “non desiderare la roba d’altri”: Benigni attira l’attenzione sul verbo desiderare, tensione che abbraccia tutto l’universo, e in questo comandamento esso diventa oggetto di divieto. Per la prima volta nella storia si proibisce dunque di compiere un’attivita che si fa col pensiero e comincia ad emergere l’importanza della coscienza, perché l’uomo ha scolpita dentro di sé la legge di Dio.

“Non desiderare la roba d’altri”, il comandamento che vieta il desiderio più triste del mondo e che ha a che vedere con l’invidia, con la brama, l’avidità, e anche questo ha una posizione strategica, perché si conclude con le parole “il tuo prossimo”, che si ricollegano alle prime del comandamento iniziale “Io sono “: è quasi come se Dio avese impacchettato per noi la sua Legge, per farcene dono. Conclusa la spiegazione di tutti i comandamenti, Benigni si lancia in un appassionato monologo che insiste sulla necessità di amare e di essere felici, cercando una ragione” in tutti gli scomparti della nostra anima”: il pubblico non rimane indifferente all’accorato appello del comico e per lui la serata si conclude con una standing ovation.