Nella Berlino degli anni Venti, Wei Ling Soo fa sparire elefanti e incanta il pubblico teletrasportandosi da un luogo allaltro del palcoscenico. un mago, un prestigiatore, un illusionista. E non è cinese. Il suo vero nome è Stanley Crawford, vive a Londra con la fidanzata e non crede nel sovrannaturale. Colin Firth, sempre raffinato e credibile nelle sue interpretazioni, offre il volto al protagonista di Magic in the Moonlight, un inglese ironico e un po arrogante che si trasferisce tra i fiori e i colori della Costa Azzurra per smascherare una presunta medium di cui gli ha parlato un amico. Lei è americana, si chiama Sophie Baker (Emma Stone) e conquista tutti con la sua straordinaria capacità di percepire le vibrazioni intorno a sé, di parlare con i morti e di leggere nel passato delle persone.
Tra ville meravigliose, cappellini e servizi da tè, feste in giardino, tuffi in piscina e planetari, Stanley finge di assecondare Sophie per scoprire i suoi trucchi, ma si ritrova intrappolato nella rete del suo fascino e nella forza di attrazione che lirrazionale esercita anche sugli uomini cinici e diffidenti. Se le sedute spiritiche e le visioni nascondono trucchi facilmente smascherabili, lamore non è altrettanto semplice da spiegare, né da respingere. magia vera.
Nel suo nuovo lungometraggio, Woody Allen riprende un tema già trattato in alcuni film precedenti e rappresenta un mondo in declino, la fine dellepoca doro degli anni Venti e linizio del tunnel oscuro che poterà alla Seconda guerra mondiale e allincubo delle dittature. Ecco che il conflitto tra verità e menzogna, tra realtà e illusione diventa molto più che un pretesto per costruire una commedia. A quellepoca, i medium erano molto seguiti e Stanley li guarda con occhio critico, convinto che ogni mistero nasconda in realtà una spiegazione razionale. In lui, però, si nasconde un desiderio profondo di credere nonostante tutto e, mentre cerca le prove per smascherare Sophie, si ritrova in realtà a sperare che lei sia vera. La ragazza gli mostra una dimensione nuova, piena di contraddizioni ma anche di emozioni, non perché sia davvero in grado di parlare con gli spiriti, ma perché porta la gioia nella vita delle persone.
Emma Stone è spesso circondata dalla luce, dai colori chiari e da un paesaggio quasi impressionista, e Stanley resta vittima del suo incantesimo. Comincia a guardare la realtà in un modo diverso e, nonostante non si trasformi mai in un credente, accetta infine che le cose non per forza siano spiegabili con la logica e che il mistero, la speranza e il sogno possano aiutare a vivere meglio.
La capacità di meravigliarsi, tipica dei bambini, diventa per l’adulto un dono a cui non bisogna rinunciare, se si vuole accogliere la bellezza che l’universo può offrire. Lo sa bene la zia di Stanley, Vanessa (Eileen Atkins), che non si lascia illudere facilmente, ma sa che la saggezza deriva dalla comprensione e dalla capacità di accettare l’ignoto, non dalla certezza assoluta.
Alla fine, tuttavia, resta la sensazione che manchi qualcosa, un tocco in più a cui Woody Allen sembra avere rinunciato a favore di una ricercata (e ben costruita) leggerezza.