La partenza del programma sfrutta subiito la presenza in studio di David Crosby, che senza presentazioni, con luce blu sul viso e il nero alle spalle, inzia a cantare Guinnevere, storico brano degli anni ’60, presentando poi il suo ultimo lavoro discografico, Croz. Proprio le luci, curate da Forzano, vengono esaltate da Fazio, che sottolinea come egli abbia un modo tutto particolare di portare la musica in televisione, rendendo l’artista quasi parte di un dipinto. Crosby dà poi una conferma ai propri fan, dicendo che i due concerti previsti in Italia si faranno certamente. Il suo unico dubbio riguardava il raffreddore, e la possibilità che la voce gli venisse a mancare. Allora scherza col pubblico, dopo questo brano, e chiede se gli sia sembrato incapace di sostenere un concerto. Si passa subito dopo a Ian McEwan, che è in studio per parlare del suo nuovo romanzo, che racconta di una donna giudice alle prese con un caso spinoso, quello di una giovane testimone di Geova malato, che rifiuta le trasfusioni per volere della sua religione. La prortagonista, curiosamente, si chiama Fiona May. Il conflitto interiore della protagonista balla tra la responsabilità per la vita di un essere umano e il diritto della volontà dello stesso d’essere tutelata. McEwan si apre con Fazio, arrivando a dare la propria descrizione di un libro, che per lui batte senza gara ogni altro media, perché è il solo che riesce a fornire una via diretta verso la mente altrui, passando dal cuore dei personaggi. Altro romanzo da presentare, quello di Gramellini e di Chiara Gamberale, Avrò cura di te. Si tratta di un testo scritto a quattro mani, che rientra nella categoria dei romanzi epistolari. Racconta la storia di Gioconda, che è moglie di Leonardo, ma con questi in crisi, e così scrive a Filemone, il suo angelo. Ovviamente ognuno dei due si è occupato esclusivamente di un personaggio, per un libro dunque dai tratti discordanti, così da proporre personalità del tutto diverse nella delineazione dei personaggi presentati. Resteranno delusi però coloro che si aspettavano una storia d’amore, dal momento che l’angelo non è altri se non la voce di dentro della donna, che cerca in se stessa una guida. Gramellini sottolinea come il suo personaggio sia attanagliato dal torcicollo emotivo, ovvero da quel vizio di guardare al pasato, idealizzandolo di continuo. Questo rende impossibile proseguire nel proprio cammino. Altra trama da raccontare per Fazio. Quella di Pride, un gruppo di attivisti LGBT che dà sostegno ai minatori che protestano contro la politica della Tatcher. Il film racconta storie del tutto vere, e in studio c’è una deputata del Galles, Sian James, che al tempo era sposata con un minatore, e conosce benissimo le vicende narrate nella pellicola. C’è anche Vendola in studio, che racconta delle difficoltà ancora presenti in Italia per accettare il mondo LGBT. Poi si scaglia contro la politica, ormai priva di ideali, che pensa solo a raccogliere quanti più voti possibile. La James poi aggiunge che uno dei problemi più gravi è che, in ogni ambito della vita, oltre a quello politico, dignità e rispetto vanno morendo. Arriva la Littizzetto, che per prima cosa pulisce la scrivania sulla quale si siede. Ridacchia della zeppola di Vendola, e paragona il suo parlato all’urgano Katrina. Si inizia col parlare di Salvini e delle sue foto semi nudo su Oggi. C’è il timore che non siano terminate, e che presto potremmo-dovremmo vederne delle altre. Viene mostrata la cover dell’ultimo album di Robbie Williams, dove mostra il sedere, e l’ipotesi che Salvini possa fare lo stesso fa rabbrividire. Si passa poi al gossip, con la Marcuzzi sposata in gran segreto a Londra, fregando anche Signorini. Ci si sorprende però dell’abito bianco, tanto che la Littizzetto scherza su da dove mai siano potuti uscire i due figli che fa. Con tutte le esperienze della conduttrice, ci si sarebbe aspettati almeno il fumo di Londra. C’è spazo poi per l’indignazione per i fatti di Roma, e soprattutto per le giustificazioni assurde di Alemanno, coinvolto insieme ad altri 100 indagati. L’apertura della stagione teatrale della Scala di Milano è stata un vero e proprio successo, culminati in ben dodici minuti d’applausi finali. A commentare il Fidelio, andato in scena come opera inaugurale, c’è Philippe Daverio. Lo spettacolo l’ha visto da San Vittore, il carcere, dove si è molto divertito nel ridere della babbione vestite di tutto punto. La Littizzetto allora gli notare il suo stile un po’ da Babbo Natale, al che lui precisa che, come la Rabbit, lo disegnano così. Dà della provinciale a Milano, che vive di sceneggiate e polemiche. L’arrivo dei vip e dei ricconi in genere è scandito da una baraonda totale, mentre in America, gente ben più facoltosa, si presenta serenamente in taxi, perché non c’è il gusto della sfilata in questo caso, ma solo piacere d’assistere all’opera. Infine si passa a commentare l’opera, che non gli è affatto piaciuta. In particolare dice che ascoltarla, a occhi chiusi o dalla radio, sarebbe magnifico, perché non si possono di certo criticare Barenboim e Beethoven. Il vero problema è la messa in scena, con attori vestiti con abiti qualunque, presi da casa. Si vedono in scena finti barboni con giubbotti da quattro soldi, mentre cantano e tra le mani stringono un ferro da stiro o un mocio vileda. La cosa è inconcepibile per lui. Il programma si conclude così, con Fazio che per poco evita d’essere sfumato e saluta tutti i telespettatori.