Punto su di te è la nuova campagna avviata da Pubblicità Progresso questa settimana e dedicata alla parità di genere. Ne abbiamo parlato in questa intervista con Alberto contri, Presidente di Pubblicità Progresso, che a proposito dellattività della Fondazione da lui presieduta ci ha detto: «Nel 2013 abbiamo lavorato veramente tanto, e abbiamo avuto molte soddisfazioni, anche a livello internazionale. Il Creative for Good, progetto del World Economic Forum che intende segnalare le più performanti campagne sociali del mondo, ha voluto inserire tra le migliori due delle nostre più recenti. Lultima ha avuto un particolare sviluppo sui social media e ha potuto beneficiare di una serie di progetti di marketing non convenzionale davvero interessanti, proposti dagli studenti universitari di tutta Italia che hanno partecipato al concorso On the move, che ormai organizziamo ogni anno con crescente partecipazione di concorrenti.
Da molte parti ci sono giunte segnalazioni di questa significativa partecipazione di così tante e diverse facoltà. Comè nata lidea di coinvolgere il mondo universitario?
Da quando abbiamo deciso di allargare il nostro perimetro dazione, trasformando la vecchia associazione (che faceva dal 1971 unimportante campagna sociale allanno) in una Fondazione che diventasse un centro permanente di formazione alla comunicazione sociale, il rapporto con i luoghi dove si studia comunicazione – in particolare le facoltà di economia, marketing, lettere, filosofia, e ovviamente comunicazione – si è trasformato in un legame assai stretto. Da molti anni ormai organizziamo la Conferenza Internazionale della Comunicazione Sociale invitando relatori da tutto il mondo, e sempre presso lAula Magna di Università come la Cattolica, la Statale, la Bocconi, la Iulm. Abbiamo cominciato a organizzare dei concorsi sul tema della Conferenza (patrocinati dalla Fondazione Cariplo e dal Parlamento europeo che mette in palio 15 viaggi-visita a Strasburgo) per progetti di comunicazione e di marketing sociale non convenzionale, proposti da team di universitari.
Che frutti ci sono stati?
Negli ultimi quattro anni abbiamo coinvolto oltre 90 facoltà di 44 atenei italiani. E lo scorso anno abbiamo dato vita al Network Athena, un think-thank interdisciplinare formato dai docenti (a tuttoggi oltre settanta) che hanno coinvolto i propri studenti nei concorsi consigliandoli come si fa per le tesi. Da due anni abbiamo cominciato a far coincidere il tema della Conferenza con quello della nostra campagna annuale, e questo fatto ci permette di realizzare un concorso che diventa di fatto un gigantesco laboratorio che da un lato coinvolge studenti di tutta Italia e di discipline diverse, mentre dallaltro costituisce il principale tema di riflessione per il Network Athena. E non ci fermiamo qui: durante tutto lanno organizziamo un vero e proprio road-show (lanno scorso abbiamo tenuto seminari in 18 diverse università, allargando spesso lincontro alle comunità locali grazie al supporto di Enti pubblici e di Fondazioni bancarie del territorio), utilizzando sempre più spesso il grande patrimonio costituito dalla nostra Mediateca internazionale che a tuttoggi raccoglie le 2500 più creative e interessanti campagne sociali del mondo.
Un bel cambio di passo non cè che dire. Tutto questo fa pensare che la Fondazione abbia una struttura piuttosto robusta e disponga di adeguati fondi
Purtroppo non è così. In tutto ci lavorano 4 persone, tutte donne, laureate in lettere, lingue, ingegneria multimediale, oltre a me, che faccio il Presidente operativo da 13 anni, in forma totalmente gratuita, ancorché lo Statuto della Fondazione preveda uno stipendio per questa funzione. Diciamo che è la mia forma di charity personale: e poi il bilancio è talmente risicato che se dovessi farmi pagare per il ruolo che svolgo andremmo subito a fondo. Inoltre, possiamo contare sul contributo professionale dei consiglieri, frequentemente coinvolti in comitati e commissioni ad hoc e sul significativo contributo finanziario della Fondazione Cariplo, che sostiene tutte le attività di formazione, come la Conferenza, i road-show, il concorso On the Move.
Non siete quindi una costola del Dipartimento dellEditoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri?
Lo pensa il 90% degli italiani, come dimostrano le ricerche che abbiamo fatto in proposito. Probabilmente dipende dal fatto che almeno per i primi trent’anni dalla sua nascita, l’unica comunicazione sociale fatta nel Paese è stata quella di Pubblicità Progresso. A questo si aggiunge una certa pigrizia giornalistica che ha preso da tempo a definire “una pubblicità progresso” qualunque campagna sociale, soprattutto governativa.
Chi sono allora i soci della Fondazione?
Rappresentano tutto il mondo della comunicazione: si va dall’Upa, l’associazione degli utenti pubblicitari, ad Assocom e Unicom in rappresentanza della pubblicità, all’Assirm che riunisce gli istituti di ricerche di mercato. Poi ci sono i mezzi, rappresentati da Aapi che raccoglie gli affissionisti, la Fieg per la stampa quotidiana e periodica, e infine le tv e le radio, con Publitalia 80 (Mediaset), Rai, Sky, San Marino TV. Ultimo, ma non meno importante, lo Isp, l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria.
Come si decide qual è la campagna dell’anno?
È una decisione collettiva che si prende, in genere su proposta del presidente, o – come nel caso della nuova campagna sulla parità di genere – su sollecitazione delle tre donne presenti in CdA: Giovanna Maggioni per Upa, Rossella Sobrero per Assicom, Donatella Consolandi per Unicom. E mai senza aver consultato una ricerca predisposta dall’Assirm che prende in considerazione i circa sessanta temi che i cittadini italiani ritengono di interesse sociale.
Veniamo alla nuova campagna, che, dopo essere stata presentata a fine novembre alla Nona Conferenza Internazionale della Comunicazione Sociale, ha già provocato sul web un acceso dibattito dopo le critiche apparse su alcuni blog. Quali sono i termini della questione?
Nel lavoro di preparazione ci siamo subito resi conto che per raggiungere l’ambizioso obiettivo di modificare stereotipi e pregiudizi sedimentati da moltissimo tempo, occorreva studiare un progetto molto articolato e di assai lungo periodo, impiegando al meglio tutti i mezzi di comunicazione oggi a nostra disposizione. Nella ricerca del cosiddetto “insight”, raccogliendo un buon numero di commenti sessisti sparsi su Facebook, la Young & Rubicam, l’agenzia incaricata quest’anno di realizzare la campagna insieme a noi, è stata molto convincente nel sostenere che il primo step avrebbe dovuto chiarire che negare la discriminazione sulla donna è già una parte del problema, e che quindi era necessario dare fuoco alle polveri con una provocazione che invitasse tutti a riflettere anche su questo fatto.
Qual è stata questa provocazione?
È consistita nel mettere dei manifesti presso alcune fermate di tram, raffiguranti diverse donne del tutto normali, nell’atto di pronunciare in un fumetto alcune frasi incompiute, del tipo: “per strada vorrei…”, “al lavoro vorrei…”, “quando torno a casa vorrei…”, “alle istituzioni chiedo…”. L’intenzione era di lasciarli lì due settimane, ma dopo pochissimi giorni le frasi erano già state completate con scritte in larga parte oscene. Con grande abilità tecnica l’agenzia è addirittura riuscita a riprendere alcuni writers nell’atto di scrivere, e montare il tutto in un video di 50 secondi che è stato presentato tra gli applausi alla Nona Conferenza della Comunicazione Sociale, cui partecipavano – solo per citarne alcune – le rappresentanti di associazioni come Valore D, Futuro al Femminile, Se Non Ora Quando, Femminile Plurale, Donne & Media ecc. Va detto che lo spot si conclude con un invito ad andare sul sito www.puntosudite.it “per superare i pregiudizi e valorizzare le diversità”.
In cosa sono consistite le critiche?
Dopo aver sottolineato – per la cronaca – che le critiche sono state di gran lunga inferiori al numero degli apprezzamenti, è successo che vari quotidiani on-line hanno cominciato a titolare “Suscita polemiche la nuova campagna di Pubblicità Progresso”. Segno che come sempre basta una minoranza rumorosa per dettare l’agenda ai mass media…E questo sarebbe comunque il minore dei problemi, visto che così se ne è parlato moltissimo. Quello che desta un po’ di amarezza – e che lascia sconsolati – è il vedere partire in quarta persone che di mestiere dovrebbero almeno riflettere prima di scrivere, e che hanno stigmatizzato la nuova campagna come “l’ennesima inutile provocazione che contribuisce a diffondere una immagine degradata della donna”, o alluso al fatto che “i manifesti erano un’esca fin troppo evidente per attrarre i maleducati” e via di questo passo. Nessuno dei critici evidentemente si è preso la briga di andare a vedere cosa c’era sul sito, o di chiedersi se questa era davvero la campagna o solo l’inizio della medesima. Invece, l’hanno commentata come se fosse “la” campagna completa.
A proposito, se uno va ora a visitare questo sito, cosa trova?
Il visitatore si trova di fronte innanzitutto a tre pulsanti: uno con la scritta intervieni. Cliccandoci sopra scopre di poter adire all’Istituto di autodisciplina pubblicitaria per chiedere di rimuovere una pubblicità lesiva dell’immagine femminile. E riceve le indicazioni per poter fare altrettanto con analoghi contenuti presenti su YouTube. Nel momento in cui molti ritengono la pubblicità responsabile di un pensiero sessista e discriminante verso le donne, è oggettivamente un gran bel servizio, dato che quasi nessuno sa che si può fare o conosce le modalità per farlo.
Quali sono gli altri pulsanti?
C’è trova. Cliccando su quello si accede a un motore di ricerca facilitato – utile in particolare a chi ha poca dimestichezza con il web – che permette di individuare le associazioni, gli enti, gli istituti che fornisco aiuto alle donne sul tema del lavoro, dei bambini, della salute, della famiglia, dell’educazione eccetera. Tramite il pulsante conosci si possono poi prendere in considerazione i consigli di Pubblicità Progresso: i siti e i blog che vale la pena di visitare, gli spettacoli sul tema, i libri sull’argomento, i seminari e i convegni meritevoli di attenzione. Sul sito compariranno poi, ogni giorno, una serie di news che riguardano e interessano le donne, oltre che una rassegna stampa ragionata degli articoli e dei saggi sul tema della parità che sarebbe opportuno leggere. Infine ci sono i tweet e i commenti su Facebook sul tema continuamente aggiornati. Come si può vedere si va ben al di là della semplice provocazione, che invece viene usata per invitare a impadronirsi degli strumenti che possono essere innanzitutto di aiuto concreto, e poi consentire di avviare un percorso di modifica di pregiudizi e stereotipi.
Il sito offre qualcos’altro?
Ci saranno poi dei banner che rimandano a vari temi, ad esempio ai contenuti presentati durante la Nona Conferenza della Comunicazione Sociale, che ci è costata un anno di lavoro. Solo a navigare tra tutte le testimonianze dei vari relatori e le tavole rotonde c’è da passare un bel po’ di tempo per capire cosa si pensa dell’argomento a livello anche internazionale, e per capire dove intendiamo andare a parare. Basterebbe solo ascoltare o leggere la lectio magistralis del filosofo Salvatore Natoli per capire che su parità e uguaglianza si stanno dicendo e scrivendo vere e proprie sciocchezze: mirare a considerare le donne uguali agli uomini e gli uomini uguali alle donne è un vero errore di prospettiva. Occorre puntare invece a valorizzare le diversità, e a integrarle tra loro affinché creino sinergia. Da qui nasce per esempio tutta la tematica della conciliazione dei tempi, che è uno dei principali nodi del problema parità, e che è stato messo a tema per il 2014 dall’Unione europea: nella nostra campagna lo tratteremo ampiamente. Se con la nostra provocazione ottenessimo il solo risultato di invitare a riflettere su queste cose, avremmo già ottenuto molto.
Ci può anticipare come proseguirà la campagna?
Bene, visto che a campagna appena annunciata, si è raggiunto un alto livello di visibilità per la tematica, stiamo passando subito al secondo stadio, pubblicando pagine e manifesti in cui le scritte sessiste sono coperte da un grande sticker che recita: “Per superare i pregiudizi e valorizzare la diversità, vai su www.puntosudite.it”. Sono già partiti gli spot su Mediaset, seguiranno Rai, Sky, La7, Discovery e le tv cosiddette minori. Speriamo che la stampa quotidiana e periodica, che negli ultimi anni è stata molto avara anche per la crisi e i problemi di foliazione, offra spazi adeguati. Contiamo sui banner e gli spazi su siti e portali che invece sono di norma assai generosi. Quindi ci auguriamo che programmi e contenitori si impadroniscano dell’argomento inserendolo nella loro agenda: questo è un punto chiave, perché il cosiddetto “sentire comune” non viene plasmato solo dalla pubblicità, come taluni sostengono, ma principalmente dai programmi e dall’informazione. Per questo stiamo svolgendo un’intensa attività di pubbliche relazioni. Inoltre, ci stiamo attrezzando per alimentare il dibattito sui social media, ma non sul “mi piace, non mi piace”, quanto sui vari temi inerenti la parità. E qui emerge ancora una volta un problema economico.
Quale?
L’avvento dei social media e del web 2.0 sta radicalmente cambiando tutta la comunicazione. Fino a poco tempo bastava individuare un bel “concept”, declinarlo adeguatamente tramite spot, manifesti e pagine, e poi pianificarlo sui mezzi. Oggi questo momento costituisce solo una parte del lavoro: occorre realizzare senz’altro un sito o un portale che, se deve essere vivo e interessante, deve essere costantemente aggiornato, il che richiede risorse. Anche il presidio dei social network richiede il supporto di agenzie specializzate. Ed è difficile ottenere gratuitamente un contributo specialistico di carattere così continuativo. E poi, una volta, la stampa dei manifesti ce la offrivano gratis i concessionari: oggi ci regalano gli spazi e basta, per cui dobbiamo reperire i fondi per stampare i manifesti…così li faremo solo se riusciremo a reperire i fondi. Va detto, a fronte dei notevolissimi risultati dell’ultima campagna donazione organi, che molto del merito per quanto riguarda i social media va ad Hagakure e Banzai che si sono spesi continuativamente e senza riserve. Senza dimenticare i direttori creativi Concato e Fiamenghi, i fotografi Chris Broadbent e Gerald Bruneau, e poi Bedeschi film, BBproductions, Post:Atomic, Eccetera e Green Movie per la produzione video e audio. In tutto ci ha lavorato un team di 40 persone e questo è il premio più bello per tutti quelli che si coinvolgono nei progetti di Pubblicità Progresso: scoprire il piacere di dare una forma oltremodo professionale all’impegno gratuito.
Nella presentazione avete accennato anche a progetti cosiddetti “collaterali”.
È già stato bandito un concorso rivolto agli autori Siae, per la scrittura di una canzone che tratti il tema della parità, con il patrocinio della Siae medesima. L’obiettivo è quello di farne poi un videoclip del tipo di “We are the World”, in cui un gruppo di cantanti donne dice ai cantanti uomini “Punto su di te” e viceversa. Il regolamento si trova su www.pubblicitaprogresso.org Stiamo ipotizzando un grande concerto sul genere di “Amiche per l’Abruzzo”, che fu patrocinato da Pubblicità Progresso, augurandoci che anche in questa occasione i cantanti e le cantanti più famose vogliano partecipare gratuitamente: il ricavato lo destineremo a borse di studio per ragazze meritevoli che non hanno mezzi per finire gli studi. Abbiamo molti altri progetti, perché le idee non ci mancano, ma ci vogliono anche le risorse.
Come pensate di fare per superare i problemi economici?
Sto andando a bussare personalmente alla porta di aziende sensibili alla Csr (responsabilità sociale) sul tema della parità per convincerle a dare una mano. Già di per sé Pubblicità Progresso costituisce un atto di gratuità di tutto il mondo della comunicazione, ma sarebbe bello se si aggiungessero anche le imprese, per esempio quelle della moda e quelle che si rivolgono in primis alle donne. Molte di queste fanno già diverse attività per conto proprio, ma qui stiamo parlando di un grande progetto collettivo che solo con l’apporto di tutti può portare a risultati concreti. E poi non servono grandi cifre. Senza dimenticare che le aziende disposte ad aiutarci potrebbero apparire come sostenitrici di Pubblicità Progresso, il cui marchio blu, in termini di Csr, ha un valore e una reputazione semplicemente enormi. In tempi di crisi come questi, che sono anche tempi di crisi di valori, se ciascuno bada solo a proprio orticello, è difficile conseguire risultati significativi. L’opzione “win-win” che noi offriamo è la seguente: le aziende che contribuiranno a questo ambizioso progetto di modifica degli stereotipi e dei pregiudizi nei confronti delle donne, riporteranno una notevole visibilità su questo tema, e una significativa crescita della propria reputazione per aver partecipato a un importante progetto di Pubblicità Progresso.