Anche Gian Antonio Stella, uno dei giornalisti più famosi del nostro Paese, farà parte dei cosiddetti presenter e avrà il compito di proclamare quale canzone di Ron tra “Un abbraccio unico” e “Sing in the rain” resterà in gara. Gian Antonio Stella è nato ad Asolo, un centro dell’hinterland trevigiano, nel marzo del 1953. un giornalista del Corriere della Sera che dopo essersi occupato di cronache dagli interni e romane, è stato poi distaccato nel cuore del Nord-Est per cercare di analizzare la situazione di una parte importantissima del Paese negli anni in cui la Lega Nord sembrava ormai sul punto di sfondare. La sua grande notorietà è dovuta in particolar modo alla pubblicazione di un libro scritto a quatto mani con Sergio Rizzo, La casta, capace di vendere oltre un milione e trecentomila copie. Il libro tratta dei clamorosi sprechi di cui ha saputo rendersi responsabile la classe politica italiana, trasformandosi in un ceto autoreferenziale incapace di rapportarsi ad una situazione di crisi come quella vissuta dal paese e staccatosi dalla pur minima comprensione della realtà e della quotidianità dei cittadini.
Altro saggio che gli ha procurato molti consensi è L’Orda, uscito nel 2002, nel quale ha affrontato il doloroso ricordo di come erano accolti una volta gli emigranti italiani all’estero, contrapponendolo al modo al limite del razzismo con cui oggi il nostro Paese accoglie chi arriva per cercare un futuro migliore. Va inoltre ricordato nella sua intensa produzione letteraria La deriva, pubblicato nel 2008, in cui Stella denunciava il pericolo di uninvoluzione del nostro Paese e i motivi di una crisi ormai in atto da tempo, che è stata poi ulteriormente aggravata dall’arrivo di quella internazionale che ne ha soltanto acuito gli effetti.
Nel corso degli ultimi anni ha continuato ad additare le ruberie e gli sprechi di una classe politica totalmente inadeguata. Come nel 2013, quando in una intervista rilasciata al Giornale di Sicilia ha denunciato l’incredibile gestione dei fondi europei in Sicilia, dove con gli stessi vengono premiati sale bingo, sagre paesane e trattorie. Un andazzo che era del resto stato denunciato nel libro Se muore il Sud, sempre insieme a Sergio Rizzo, nel quale i due editorialisti del Corriere denunciavano la situazione al limite del collasso del Meridione. Una situazione che poteva essere svelata con alcuni dati di fatto incontrovertibili, come i 15 milioni buttati dalla Regione Sicilia per 18 apprendisti fantasma. Una situazione che lo stesso giornalista, sempre nell’intervista al Giornale di Sicilia, affermava poter essere risolta solo con una totale e definitiva sostituzione di un personale politico fallimentare e troppo corrotto, resa possibile dal tramonto delle ideologie e dalla trasformazione della figura del politico in una vera e propria professione, che ha spinto verso il governo di enti locali e istituzioni una massa sempre più vorace. Un fenomeno che è stato particolarmente evidente proprio nel Meridione, per la storica mancanza di lavoro e per una mentalità che resta molto difficile da cambiare.
Una mentalità che spiega, ad esempio, il fatto che le Isole Baleari, pur con sessanta chilometri in meno di coste e un solo sito Unesco contro i ben sei vantati dalla Sicilia, riescano ad attrarre molti più turisti della stessa. Nei primi giorni del nuovo anno, Stella ha invece riservato i suoi strali ad Angiola Armellini, la figlia di un noto palazzinaro romano che era riuscita a occultare al fisco oltre milleduecento immobili, per una cifra totale prossima ai due miliardi di euro. Una faccenda sulla quale Stella ha voluto ricordare il quadro di lassismo nel quale la donna ha potuto operare e le precedenti vicende della stessa e della famiglia. Sino a concludere che il quadro dipinto da questo episodio, mostra un Paese che non si indigna neanche più per episodi che non riguardano l’evasione di sussistenza, cioè quella derivante da un fisco troppo esoso.
Un vero e proprio fustigatore dei vizi della politica italiana, le cui tematiche possono dirsi alla base della protesta sempre più forte che ha ormai unificato vaste zone del Paese e un numero sempre più elevato di cittadini che non riconoscendosi più nei partiti attuali, si sono ormai rifugiati nell’area del non voto, esercitando il proprio diritto alla protesta con l’atto più estremo, lo spogliarsi di un diritto costituzionalmente sancito.