“C’era una volta in America” (titolo originale: “Once upon a time in America”) è, probabilmente, il più grande, conosciuto ed importante film di Sergio Leone, nonché uno dei più grandi capolavori della cinematografia non tanto italiana (perché il regista era sì italiano, ma la produzione non lo era), ma mondiale. La pellicola verrà trasmessa questa sera, sabato 22 febbraio 2014 su Rete 4, a partire dalle 21 e 15. Il film, datato 1984, dura 246 minuti ed è interpretato da un cast molto importante composto, tra gli altri, da Robert De Niro, James Woods ed Elizabeth McGovern. Parlare e cercare di presentare questo film non è facile per vari motivi. Prima di tutto, perché ne esistono varie versioni. Per l’esattezza ne esistono tre che sono quella uscita nelle sale europee e che segue le direttive del regista anche nel montaggio; quella in cui vengono aggiunte delle scene originariamente tagliate ma non doppiate rispetto alla lingua originale; quella voluta dal produttore. Ora, il discorso comincia a complicarsi perché, come detto, prima di parlare del film bisogna decidere di quale versione parlare. Se prendiamo come riferimento quella voluta dal produttore e distribuita (per fortuna di Leone) soltanto negli Stati Uniti, parliamo di un film normale: questa versione è infatti rimontata seguendo l’ordine cronologico degli eventi (nella versione voluta da Leone è invece un continuo ritorno di flashback e ricordi) e priva della incantevole colonna sonora curata da Ennio Morricone. Il film, negli Stati Uniti, risulta infatti un vero e proprio flop, e non viene preso in minima considerazione per gli Accademy Awards. Storia completamente diversa per quanto riguarda la versione voluta da Leone, che è quella che poi viene trasmessa su Rete 4.



La storia, in bilico tra ricordi, malinconia e amori perduti, ha come protagonista Noodles, un ragazzo del ghetto ebraico di New York, che racimola qualche soldo commettendo piccoli furti e reati con i suoi amici. La sua vita viene sconvolta quando incontra Max, un ragazzino che diventa presto il suo migliore amico. Il gruppo cresce sia nell’età che nello spessore criminale e, poco a poco, si ritrova a gestire grossi traffici illeciti (in particolar modo di alcolici, siamo infatti negli anni del proibizionismo). Tutto ciò continua fino a quando Max non vuole partire per un ultimo colpo, che purtroppo finirà molto male, con la morte dei componenti della banda. Muoiono tutti tranne Noodles, che con una scusa aveva evitato di parteciparvi e aveva invece fatto una soffiata alla polizia. Si scoprirà in seguito che Max aveva architettato tutto per uccidere i membri della banda e scappare via con la valigia contenente tutto il fondo cassa della gang. Per fare in modo che nessuno seguisse più le sue orme, aveva inscenato anche la sua morte, sostituendo il suo corpo con un cadavere carbonizzato e dunque irriconoscibile. La storia continua parecchi anni dopo, quando Max, divenuto un importante uomo politico, invita Noodles a una cena molto elegante organizzata nella sua villa. Max vuole chiedergli di ucciderlo perché la sua testimonianza in un processo molto importante e molto delicato non gli riserverà fine diversa: Max è infatti sicuro che prima di deporre verrà ucciso da qualche scagnozzo delle persone imputate.



Noodles, ormai anziano, fa finta però di non riconoscere il vecchio amico, e va via senza impugnare la pistola, salutandolo come fosse un estraneo.

Il film si conclude nello stesso modo in cui era iniziato, ovvero riprendendo il Noodles di 30 anni (interpretato da De Niro) steso in una fumeria cinese d’oppio e stordito dal fumo inalato. Tutto potrebbe essere dunque soltanto un suo sogno. Il racconto è dunque molto articolato, complesso nella sua struttura come pochi altri film, ed è molto diverso dai western che Sergio Leone aveva girato fino a poco tempo prima. Restano però i proverbiali primi piani alla Leone, capaci di dare peso e spessore anche alla situazione più semplice. Il film, come detto, non ha vinto Oscar a causa della terribile decisione di cambiarne totalmente la struttura, ma in Europa ha partecipato a diversi festival vincendo molti premi: per parlare solo dei Nastri d’Argento, il film ne ha vinti cinque per la regia, la fotografia, la scenografia, la colonna sonora e gli effetti speciali.