Il primo Governo Renzi è ai nastri di partenza. Nei palazzi della politica e nelle cancellerie dEuropa laria stantia dei vecchi riti lascia spazio ai venti impetuosi del nuovo Principe post-moderno, il Ghe Renzi mi (copyright Maurizio Belpietro, direttore di Libero), modello di velocità unita a efficienza, decisionismo al netto di mediazioni troppo estenuanti, leadership muscolare, accentramento dei ruoli. Forse, direbbe qualche milanese, sto Matteo chì, lè un po un bauscia, a sottolineare certi modi un po guasconi del novello Presidente del Consiglio. Ma che cosa è veramente accaduto in queste frenetiche giornate che hanno portato alla ribalta un modo tutto nuovo e personale di stare nellagone politico? Comè stato possibile passare, in una manciata di giorni, dalla caduta del governo Letta, alla nascita del RenzOne, che non allude affatto a possibili pinguitudini del nostro, ma molto più semplicemente contrae e anglicizza la forma ormai obsoleta di numerazione dei governi, in questo caso Renzi 1?
Domenica 16 febbraio. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al termine delle consultazioni al Quirinale, si prende 24 ore di tempo prima di convocare Matteo Renzi e conferirgli lincarico di formare il nuovo Governo. Renzi lo rassicura con un tweet: #giorgiostaisereno. E mentre letteralmente vola allo stadio per tifare dal vivo assistendo a Fiorentina-Inter, concede quattro interviste alla Domenica Sportiva. Perché quattro? Perché essendo registrate prima del fischio dinizio, ne rilascia, per ogni evenienza, una da mandare in onda in caso di vittoria della Viola, una in caso di pareggio, una in caso di sconfitta. E la quarta? Il Ghe Renzi mì non lascia nulla al caso Meglio rilasciarne una anche in caso di sospensione per impraticabilità del campo, visto il tempaccio di queste settimane!
Lunedì 17 febbraio. La convocazione al Quirinale è fissata per le 10.30, ma già alla 7.15 Matteo, con un duplicato delle chiavi prese in prestito dal suo predecessore Enrico Letta, apre per la prima volta il portone, in tempo per far pulire lanticamera, assai infangata dal piovoso inverno che non ha risparmiato neppure la Capitale. Per un paio dore lavora freneticamente alla stesura del programma e alla lista dei ministri, mentre nel contempo incontra una delegazione del Partito socialista portoghese, guida via Facebook una seduta del Consiglio comunale di Firenze, rassicura via telefono prima Alfano che nella nuova compagine governativa non imbarcherà Vendola e poi tranquillizza Vendola che non imbarcherà Alfano (che faranno, ci chiediamo noi: si imbarcheranno clandestinamente? Mah).
Alle 10,30 in punto, si ritira in bagno, il tempo di leggere velocemente, ma non frettolosamente, l’ultimo libro di Alessandro Baricco; poi alle 10.47 con un perentorio sms “convoca” il presidente della Repubblica, al quale fa sapere, calcando un po’ la mano: “È da più di tre ore che ti aspetto, un ritardo inaccettabile; a saperlo, mi facevo una sgambata sugli sci al Terminillo”. Il colloquio al Quirinale si protrae ben oltre la durata rituale: un’ora e mezza di faccia a faccia. In previsione di ciò, Matteo Renzi è facile profeta presentandosi con un paio di toasts, due tetrapaks da mezzo litro di Tavernello e con un veloce e poco protocollare “Ciao Giorgio, come stai? Io bene, allora dammi pure l’incarico (sottinteso: “se no faccio io”), fai come se avessi già accettato, ecco la lista dei ministri”. Al che, Napolitano ha timidamente apostrofato: “Leggo sui giornali che hai ricevuto qualche no. È vero?”. Renzi: “In effetti ho ricevuto qualche diniego, ma in compenso ho già raccolto adesioni così entusiastiche che sono riuscito a completare la rosa in tempi assolutamente record nella storia della nostra Repubblica”.
E Matteo porge l’elenco a Napolitano, che sottovoce legge: “Presidente del Consiglio con delega agli Affari Esteri, all’Interno, alla Giustizia, alla Difesa, alle Finanze, allo Sviluppo Economico, alle Politiche agricole, alle Infrastrutture, al Lavoro, all’Istruzione, ai Beni culturali, alla Salute: Matteo Renzi (Pd). Ministro senza portafoglio con deleghe a Riforme costituzionali, Rapporti con il Parlamento, Semplificazione della Pubblica amministrazione e Affari regionali: Matteo Renzi (Pd). Ministro per l’Ambiente: Maria Elena Boschi (Pd)”. Preso atto della lista, Napolitano avanza delle perplessità sul nome della nuova titolare del ministero dell’Ambiente, perché – parole sue – “non molto in linea con il resto della compagine governativa”. Matteo Renzi non si perde d’animo e lo rassicura sul fatto che, per dovere personale e senso dello Stato, è disponibile ad assumersi l’interim anche dell’Ambiente. A quel punto il Capo dello Stato lo invita ad aprire la lista agli altri partiti della coalizione e gli conferisce l’incarico.
Martedì 18 febbraio. È il giorno delle consultazioni. D’accordo con i suoi più stretti collaboratori, cioè con se stesso, Matteo Renzi stila un calendario serrato (che però, suo malgrado, non riuscirà a rispettare):
Ore 5.45: Sel (sulla banchina del binario dove parte il Frecciarossa da Firenze)
Ore 6.05: Scelta civica (sul treno in corsa diretto nella Capitale)
Ore 6.58: Nuovo Centro Destra (alla Stazione Termini, cappuccino, ristretto e senza brioche, offerto da Alfano)
Ore 7.12: Lega Nord (su un vagone della metropolitana, appositamente riservato per l’occasione, così da evitare la presenza di troppi extracomunitari)
Ore 7.18: Forza Italia (con il Berlusca, indispettito assai per il cappuccio offerto da Alfano: Renzi è costretto ad accettare un succo di frutta all’ace, non nel senso della candeggina)
Ore 7.28: Pd (a casa di Fassina. “Fassina chi?”)
Ore 7.39: Napolitano (al Quirinale, anche perché bisogna sciogliere le ultime riserve e restituire il duplicato delle chiavi prese in prestito dal suo predecessore Enrico Letta).
Mercoledì 19 febbraio. Matteo Renzi in un tweet mandato a se stesso (“Mi fa sentire vivo e in piena forma”) conferma la road map delle prime riforme: “Lunedì: legge elettorale e titolo V della Costituzione. Martedì: pubblica amministrazione. Mercoledì: economia. Giovedì: lavoro. Venerdì: gnocchi. Sabato: nuova architettura della Ue a 35 Stati. E il settimo giorno, mi riposerò. Un’idea… divina!”.
Venerdì 21 febbraio. Nasce il RenzOne!
Sabato 22 febbraio. I ministri del RenzOne giurano!
Lunedì 24 febbraio. Il Governo del RenzOne ottiene la fiducia al Senato!
E ora? Che cosa farà il “Ghe Renzi mì” con il suo RenzOne? Da fonti certe, sappiamo che è già partito per un tour nelle capitali europee (“Con InterRail Global Pass ferroviario, il sogno di una vita!”) per incontrare gli altri leader dei Paesi Ue e concordare la sua scaletta sui temi da approvare nei prossimi vertici Ecofin da qui al 2018. A Berlino la Merkel gli ha ricordato subito di “fare i compiti a casa”. La Cancelliera non ha fatto in tempo a finire la frase che Renzi gli ha messo sotto il naso la pagella addirittura del secondo quadrimestre (senza insufficienze) e i quaderni con tutti i compiti delle vacanze 2014 (già scritti in bella copia). E poi ha twittato: #angelastaiserena:ènatoilRenzOne!”.