Si preannuncia estremamente interessante l’intervento di Ignazio Cutrò a Che tempo che fa, in onda questa sera alle 20.10 su Rai Tre. Proprio negli ultimi giorni, infatti, è nuovamente esplosa la polemica dei cosiddetti testimoni di giustizia, quelle persone che hanno dovuto letteralmente rivoluzionare la loro esistenza per poter testimoniare nei processi contro la criminalità organizzata. Ignazio Cutrò è nato a Bivona, un piccolo centro dell’entroterra di Agrigento, nel marzo del 1967, dove svolge la sua funzione di piccolo imprenditore. Dopo aver subito vari tentativi di estorsione insieme alla famiglia, ha infine deciso di reagire e di denunciare alle autorità di polizia la situazione di pericolo venutasi a creare. La risposta della criminalità organizzata non si è fatta attendere e all’inizio dell’ottobre 1999 gli è stata bruciata una pala meccanica come prima risposta al suo coraggio. Lo stillicidio di attentati alla sua impresa lo hanno infine spinto, nel 2006, a trasformarsi in testimone di giustizia, denunciando il nome dei suoi estorsori. Una denuncia a seguito della quale è stata avviata l’operazione Face Off, conclusa con l’arresto dei fratelli Panepinto, con sessantasei anni di carcere complessivi impartiti dalla magistratura nel 2011.
Le denunce fatte hanno però comportato ricadute molto pesanti sull’attività imprenditoriale di Cutrò che ha perso le commesse di cui aveva goduto, almeno sino al 2012, quando la Regione Sicilia ha affidato alla sua impresa un contratto di appalto con il Consorzio delle Autostrade Siciliane. Nel frattempo, è emerso lo stato di disagio dei testimoni di giustizia, delusi dal (non) rapporto con uno Stato spesso assente. Le tante proteste da loro levate hanno sortito un primo effetto nel mese di agosto del 2013, quando l’esecutivo guidato da Enrico Letta ha deciso di approvare un decreto legge che consente ai testimoni di giustizia di entrare a far parte della Pubblica amministrazione, un provvedimento che ricalca quelli riguardanti le vittime di terrorismo e criminalità organizzata. Proposta avanzata proprio dalla Associazione Nazionale dei Testimoni di Giustizia, presieduta da Cutrò, che ne è stato il fondatore.
Una decisione dovuta alla necessità di rendere pubblico il modo di vivere di chi ha deciso di non piegare la testa di fronte alla criminalità e di prendere le parti dello Stato, trovando però spesso un muro di fronte. Come quello che ha colpito personalmente la sua famiglia, quando per necessità opposte la moglie e la figlia avrebbero avuto bisogno di due scorte, dovendosi recare una al lavoro e l’altra a una visita medica in ospedale. Invece delle due macchine di scorta, in quella occasione ne era presente una sola, per la figlia, mentre la moglie sarebbe dovuta rimanere senza scorta ed esposta ad eventuali agguati. Un disservizio causato dall’arrivo del Presidente della Repubblica a Milano, a seguito del quale erano state requisite tutte le macchine disponibili.
La circostanza ha spinto Cutrò a fare dichiarazioni di fuoco, denunciando il fatto che alle istituzioni non importa nulla dei testimoni di giustizia e che il servizio scorte, che dovrebbe garantire la sicurezza di chi mette in pericolo la propria vita per affiancare lo Stato contro le bande criminali, sarebbe invece una propaggine al servizio della politica. La denuncia di Ignazio Cutrò è poi arrivata al Presidente del Senato Pietro Grasso (ex procuratore nazionale antimafia) secondo il quale la normativa italiana sui testimoni di giustizia sarebbe una delle migliori in assoluto a livello internazionale, ma viene spesso disattesa.
La situazione vissuta dall’imprenditore di Bivona, è del resto la stessa di molti cittadini che hanno deciso di mettersi in gioco, ma che oggi si trovano in una situazione di abbandono che ha provocato proteste sempre più forti, che rischiano di togliere linfa a uno strumento che ha spesso dimostrato la sua utilità nella lotta alle bande criminali. Anche nelle ultime settimane, il problema lamentato da Cutrò e dalla sua associazione è tornato ad agitare la discussione politica, con la minaccia di atti eclatanti da parte dei testimoni di giustizia. Nei giorni scorsi Cutrò si è incatenato davanti al Viminale Ora la situazione vissuta da questi cittadini approda in un salotto televisivo molto importante, come quello gestito da Fabio Fazio, dove potrebbero nuovamente risuonare le inquietanti parole rilasciate da Cutrò durante un’intervista, quando ha dichiarato di non avere paura della mafia, ma del silenzio dei cittadini onesti.