Si intitola Allacciate le cinture, ed è il nuovo film di Ferzan Ozpetek. Il sottotitolo parla chiaro; Un grande amore non avrà mai fine. Così che gli spettatori, ingenui, credano la sinossi non sia altro che la più romantica e dolce tra le relazioni sentimentali. Invece, ahinoi, non è proprio così. Purtroppo, o per fortuna, è molto di più. Non una commedia rosa, ma bensì un melodramma, né più ne meno. Non si tratta certo di un prodotto cinematografico semplice, tantomeno di uno di quei film da poter vedere col fidanzato per passare insieme una serata romantica. Se state cercando la voglia damore, questo film certo non è tra i più adatti. Ma se, al contrario, vi andasse di commuovervi a più non posso, e di riflettere sul senso della vita, Allacciate le cinture potrebbe anche fare al caso vostro.



Lei, Elena, alias Kasia Smutniak. Lui, Antonio, interpretato dal virile Francesco Arca. Un amore che sboccia allalba dei ventanni tra quei due giovani, terribilmente opposti luno allaltro, ma, al tempo stesso, inspiegabilmente uniti da una passione irruenta, forte e sincera. Gli amici: la biondina Silvia (Carolina Crescentini) che li fa conoscere e quellamico che tutti vorrebbero avere, Fabio (Filippo Scicchitano). E poi la vita che va avanti, portando con sé ricordi, sentimenti e, soprattutto, un destino tutto da vivere. I sogni si realizzano, Elena si sposa con Antonio. Hanno due bambini ora, e un locale tutto loro, in società con il miglior fratello acquisito Fabio. Ma limprevisto è alle porte, un cancro soprattutto. Una malattia che renderà Elena debole come non mai, anche caratterialmente – lei, donna forte da sempre – e un intreccio di sentimenti che solo così si capirà non essere passati mai.



Un buonissimo prodotto, su quello non cè dubbio. Sceneggiatura Romoli-Ozpetek certo interessante, fotografia bellissima. Una colonna sonora dautore, firmata dal musicista Pasquale Catalano. Tanti spunti di riflessione su quanto lamore di una famiglia, con tutte le sue stramberie annesse, possa risultare lantidoto più forte a qualsiasi dramma. Ma, personalmente, non credo mi soddisfi.

Allacciate le cinture non basta. la rappresentazione cinematografica di quello che potremmo immaginare uno smielato romanzo rosa. Sarà che a me il miele non piace, ma Allacciate le cinture è davvero troppo. Un inizio molto lento, un proseguo interessante. Poi, nel mezzo, un susseguirsi di colpi al cuore che tuttavia, probabilmente messi in difficoltà da una recitazione non sufficientemente interessante, paiono comunque annoiati.



Forse l’errore più grande è proprio quello delle anticipazioni. Credo non dovrebbero esserci mai anticipazioni a proposito di un film, perché così si corre un rischio altissimo. Il rischio di trovarsi in sala, ad esempio, un pubblico che si aspetta un dato genere di film, ritrovandosi poi a guardarsene un altro completamente diverso. In questo caso, infatti, un prodotto troppo poco all’altezza.

110 minuti che ti commuovono ma, peccato, non per la bellezza della rappresentazione. Bensì perché chiunque, a oggi, ha conosciuto o perso una persona a causa di una tra le malattie più bastarde di sempre: il cancro. Quindi certo ti emozioni, perché pensi che la morte di Egle (Paola Minaccioni, simpaticissima e splendida sul grande schermo) potrebbe esser quella di tua cugina, o della tua amica, o di quell’uomo che ogni tanto vedi passeggiare per strada ma che sai avere, purtroppo, poco da vivere.

Un film che ti illude di farti sognare romanticamente, e poi invece ti prende a cazzotti con una storia tanto triste come non mai. Pagherei per vedere Allacciate le cinture, ma non lo vorrei mai rivedere ogni volta che posso.