CLICCA QUI PER LE ANTICIPAZIONI SU LE MANI DENTRO LA CITTÀ Questa sera prende il via su Canale 5 la nuova fiction Le mani dentro la città, un nuovo prodotto polizesco firmato Taodue, che stavolta racconta la lotta tra polizia e criminalità, in questo caso la ’Ndrangheta, a Milano. I protagonisti principali di questa serie in sei puntate diretta da Alessandro Angelini saranno Simona Cavallari, nei panni del commissario Viola Mantovani, e Giuseppe Zeno, in quelli dell’ispettore Michele Benevento. Proprio l’attore campano in questa intervista ci presenta in anteprima cosa vedremo in questa fiction: «Si parte da uno spunto poliziesco per andare a raccontare una realtà complessa come quella della ramificazione di una determinata organizzazione criminale, la ‘Ndrangheta, a Milano, che rappresenta il polo economico d’Italia; una città che sotto una patina affascinante nasconde i traffici di una malavita che ha mutato le proprie forme, vestendo in giacca e cravatta. Un fenomeno dunque doppiamente difficile da combattere con il quale ci si trova a convivere quotidianamente».



Ci descriva il suo personaggio, Michele Benevento. Sembra che avrà un ruolo importante per dare il via alle indagini e pare abbia anche un conto aperto con una famiglia criminale…

Sì, ha un conto aperto con la famiglia Marruso che regge tutti questi traffici criminali: è proprio questo il motore che lo muove nelle indagini. Ma oltre al lato prettamente professionale, vi è l’aspetto personale, cosa che ho cercato di marcare nella sua interpretazione per esaltare il lato umano di Michele. Una sete di vendetta personale che gli fa da molla nel voler a tutti i costi porre fine al malaffare.



Come si è preparato per questo ruolo? A chi si è ispirato per interpretarlo?

Quando mi approccio a un nuovo personaggio cerco di non ispirarmi a qualcosa appartenente al passato, perché si rischia poi di rimanere condizionati e di bloccare il proprio personale percorso creativo. Lavoro e mi baso quindi sul materiale che mi viene dato dagli sceneggiatori capitanati da Claudio Fava, che per quanto concerne il genere è ferratissimo, sapendo trattare con estrema delicatezza questi temi. In collaborazione con il regista abbiamo tracciato un identikit di quello che poteva essere il personaggio. Nel corso del lavoro quotidiano vengono fuori i vari aspetti psicologici, come tanti tasselli che danno forma a un’immagine completa.



Il grande pubblico la conosce per ruoli come Vito Portanova in Squadra Antimafia 3 e O’ Malese ne Il clan dei camorristi, ovvero due criminali. Com’è stato stavolta vestire i panni del “buono”?

Sono due facce della stessa medaglia. Io ognuno di noi c’è del bene e del male. Anche nell’interpretare un personaggio negativo come un malavitoso, piuttosto che cercare di lavorare su un cliché, mi sono limitato a individuare il conflitto e l’interesse primo del personaggio. Non bisogna mai pensare di vestire i panni di un buono o di un cattivo, bensì focalizzarsi, scena dopo scena, sulla forza che lo muove: è questa la chiave. Certo, è stato diverso: interpretare un soggetto negativo ti permette di attingere da una psicologia più complessa che può partorire gesti inaspettati, mentre uno come Benevento, uomo di legge, è più prevedibile, ma comunque fuori dagli schemi. Insomma, una bella sfida!

Polizia contro criminalità: il tema è già stato affrontato in altre fiction, come la nota Squadra Antimafia (prodotta anch’essa da Taodue). Cos’ha Le mani dentro la città di diverso dalle altre serie? Solo l’ambientazione a Milano?

L’ambientazione è decisamente diversa rispetto a tutte le altre serialità di cronaca. Rispetto alla realtà meridionale della Sicilia (Squadra Antimafia) o della Campania (Il clan dei camorristi), qui siamo al Nord, a Milano: una città particolare dalle mille luci e mille ombre, dove si muovono ingenti capitali e gli interessi sono pazzeschi. E negli ultimi tempi si è visto come il capoluogo lombardo sia al centro di questo fenomeno, spesso – e troppo a lungo – negato dalla politica. Poi, è diversa perché parliamo della ‘Ndrangheta, l’organizzazione principe nel mondo dei traffici illeciti criminali. È la più spietata e più difficile da combattere. Per esempio, rispetto a Mafia e Camorra, ha il più basso numero di pentiti. Le forza dell’ordine e la magistratura fanno tanta fatica a conoscerne i movimenti.

 

In passato ci sono state serie, come Il clan dei camorristi, che sono state criticate per una certa raffigurazione del mondo criminale. Teme possano arrivare commenti simili anche per questa fiction?

Bisogna sempre vedere da dove e perché arriva la critica. Io sono campano, di Ercolano, e ho sentito gente dire: “Ci mancava solo che ci rappresentaste in questo modo”. Ma d’altronde è la realtà: è indubbio che Napoli e la Campania abbiano tantissime qualità, ma non per questo si possono negare certi fenomeni. Il nostro compito è raccontare anche le pagine brutte della realtà, la collusione e la connivenza tra la parte grigia dello Stato e le organizzazioni criminali. Non c’è alla base la volontà denigratoria, bensì un’istanza documentaristica. Abbiamo raccontato perché in determinati contesti sociali la criminalità viene vista come un grande punto di riferimento. È chiaro che poi il linguaggio è quello romanzato della serialità televisiva e della fiction, ma non per questo ci si scorda della realtà.

 

Sicuramente vedremo indagini, azione e scene adrenaliniche. Ma ci sarà anche un filone “sentimentale” o “rosa” che riguarderà i protagonisti?

I risvolti sentimentali all’interno della serie saranno tanti. È proprio il sentimento che, all’inizio, fa scattare in Benevento la grande sete di rivalsa contro i Marruso. Quando poi i personaggi vivono gomito a gomito per giorni nelle indagini è anche normale che possano scattare molle al di là dell’aspetto professionale. Vedremo…

 

Com’è stato il lavoro sul set?

Mi sono trovato molto bene sia perché partivo da una buona base, sia perché avevo già girato Il clan dei camorristi con Alessandro Angelini, che è un numero uno. Poi ho incrociato colleghi con i quali avevo già lavorato, come Simona Cavallari e Massimiliano Gallo. Mi è stato messo a disposizione un buonissimo e curatissimo materiale da una produzione che non vuole né banalizzare la storia, né strizzare l’occhio allo spettatore; quando vieni messo in queste condizioni tutto diventa più facile.

 

Dove la vedremo dopo Le mani dentro la città?

Ho diversi progetti che stanno andando via via definendosi, ma in virtù dell’aspetto scaramantico è meglio non dire niente! Teatro, cinema e televisione comunque, verranno fuori delle belle cose.

 

(Fabio Franchini)