Se ci fosse lOscar per il film peggior recensito, quello andrebbe ai 47 Ronin. Non è strano iniziare una recensione facendo riferimento ad altre recensioni: leco funesto di questo film, si è respirato dalle prime americane, dove pubblico e critica lhanno bocciato senza appello. Perché? Forse perché declinare valori giapponesi (ubbidienza dei samurai, abnegazione verso la lotta, sacrificio per il padrone) uniti alla reattività hollywoodiana, ha creato scompensi, sia alla trama, sia al valore dellopera.

Per rendervi conto di cosa stiamo parlando, basti dire che il titolo si perde nella nebula di una domanda: A cosa servono 47 guerrieri, se si assiste solo alle performance di lama di Keanu Reeves?. La pellicola è costata la bellezza di 175 milioni di dollari e il regista (rimosso in fase di produzione – e non è stata una felice idea) ci intrattiene con lotte di cappa e spada, tutto made in Japan, si fa per dire. Eppure gli ingredienti per una bella storia cerano tutti.

Definire cinema dazione 47 Ronin è una pretesa giusta, fintanto che non ci accostiamo al protagonista, Kai (interpretato scialbamente da Keanu Reeves), perché qui i limiti del film si intravedono tutti. Possono bastare lotte epiche contro demoni, draghi e mostri, per una promessa da mantenere? E se ci mettiamo dentro una storia damore? Kai si innamora della figlia del suo defunto signore, ergo sarà ancora più determinato a fare a fette i suoi avversari. Tutto qui.

La ricetta funziona, datemi retta, se pagate il biglietto per vedere supereroi che affrontano il male, e chiaramente il più super, Kai, deve servire allimmedesimazione. Un cliché che potrebbe piacere agli adolescenti. Ma guai ad aspettarsi qualcosa di suggestivo, togliendo i prevedibili effetti da computergrafica, e il solito 3D, ciò che rimane lascia molto a desiderare.

Purtroppo accostarsi ai 47 Ronin, non da il boost che per esempio permea un altro lavoro fantasy americano/giapponese, Lultimo Samurai. La poesia di questultimo spazza via qualsiasi confronto. Neppure regge il confronto con il secondo concorrente, i 300, quegli spartani contro il mucchio selvaggio, che risultano più audaci di 47 anonimi guerrieri.

Il rifiuto del pubblico non deve allontanare da un film, che, se visto senza pretese, può far trascorrere alcuni momenti divertenti. La storia non è avvincente e l’aurea di “sconfitta” al botteghino ne è la conseguenza. Tre fattori sono stati decisivi: un budget stellare male impiegato – con la quantità di soldi a disposizione si poteva osare l’inesplorato; il ritorno di Keanu Reeves, presentato come un re-ingresso trionfale nel cinema, non sortisce l’effetto sperato; una storia sfilacciata, che invece di nutrirsi della mitologia orientale, si nasconde dietro di essa, proponendo un’etica improntata all’azione che chiama reazione.

La leggenda dei 47 Ronin, eroi ricolmi d’onore ma senza padrone, fa sbadigliare verso l’inevitabile finale, zuccheroso e francamente troppo conformista.