Consacrato dal successo di Giù al Nord come uno dei registi di commedie più quotati in Francia, Dany Boon, anche attore comico di razza, sceglie per Supercondriaco, la sua ultima fatica, un soggetto, in gran parte autobiografico, particolarmente adatto a raccontare e deridere debolezze e fissazioni dellessere umano: lipocondria.

lo stesso Boon a interpretare il protagonista Romain Faubert, fotografo per un dizionario medico on-line la cui intera vita, sociale e sentimentale in primis, è condizionata dal terrore continuo di contrarre malattie, tanto che nel folgorante incipit manda allaria una festa di capodanno pur di evitare lassalto di baci e abbracci della mezzanotte, portatori di pericolosi bacilli. La sua paranoia stravolgerà anche le vite del suo medico e amico Dimitri Zvenka e della sorella di lui, attivista sociale che per una serie di equivoci scambia il pavido Faubert per un eroe politico.

Tra scambi di persona, situazioni grottesche ai limiti dellimprobabile, fughe dal carcere e battute fulminanti, il cinema scacciapensieri di Boon si rivela una fonte inesauribile di idee e invenzioni, ma a colpire in questo caso è anche il dispendio economico nettamente superiore rispetto al passato, tanto da permettere unimprovvisa svolta verso il cinema dazione, a dire il vero un po inverosimile anche se tecnicamente curata, con tanto di scene piuttosto spettacolari.

Si tratta sicuramente del lavoro più ambizioso di Boon, che lui stesso ha definito il suo lavoro più maturo, perché dietro le risate cè la rappresentazione delle difficoltà umane e sociali comportate da quella che è una vera e propria malattia, anzi per dirla con le sue parole una nevrosi borghese. La novità sta anche nellaver esplorato e mescolato generi cinematografici diversi.

Probabilmente se il regista, qui anche sceneggiatore, si fosse accontentato di sviscerare a fondo il tema dellipocondria con tutti gli espedienti comici che ne conseguono, sarebbe arrivato al punto in maniera più incisiva.

La scelta, soprattutto da metà film in poi, è invece di inseguire un non semplice equilibrio tra comicità, commedia romantica e satira politico-sociale (in primo piano il tema dell’immigrazione clandestina), che viene comunque sorretto bene dal ritmo serratissimo della sceneggiatura e dalla recitazione efficace di tutti, soprattutto quella estremamente facciale del protagonista, che insieme allo spassoso Kad Mérad forma un’ottima coppia comica felicemente ritrovata a sei anni da Giù al Nord.