Il film non è ancora uscito nelle sale cinematografiche (negli Usa avverrà domani), ma è già stato censurato e attaccato in diversi paesi. Addirittura gli islamici, solitamente non proprio amichevoli nei confronti di ebrei e cristiani, sono accorsi in difesa di Noè, il protagonista di Noah, il film in questione, interpretato dal noto attore Russel Crowe, invitando i propri fedeli a boicottarlo. In Egitto, ad esempio, è stata lanciata una fatwa contro il film, che sarebbe colpevole di rappresentare in modo blasfemo una figura biblica molto amata anche dai musulmani. E in America molti cristiani si stanno dichiarando scettici e preoccupati nei confronti del film. La Paramount, casa di produzione, ha pensato bene di inviare un messaggio che spieghi come il film non intenda essere irrispettoso nei confronti della Bibbia, e avvertendo che essendo un prodotto cinematografico è ovviamente più fiction che adesione agli scritti originali, senza per questo voler essere blasfemo. Ilsussidiario.net ha chiesto un parere a Phil Cooke, produttore e consulente cristiano che lavora da molti anni a Hollywood: «I cristiani devono smettere di guardare a Hollywood come fosse il nemico. I missionari hanno capito da tempo che non si cambiano i pareri critici con i boicottaggi o le minacce. Si cambiano le menti sviluppando un rapporto e un senso di fiducia, lavorando dall’interno. Personalmente, ho un dottorato in teleologia e lavoro a Hollywood, così credo di essere abbastanza informato su entrambi i punti di vista: il mio problema più grande è il numero di persone che hanno negativamente recensito questo e altri film senza neanche averli visti».
Signor Cooke, lei è di fede cristiana e lavora a Hollywood da molto tempo. Come concilia la sua fede con un’industria che spesso e volentieri scivola nella banalità e anche in atteggiamenti esplicitamente anti-religiosi?
La mia è una straordinaria responsabilità e anche una grande sfida. L’industria dello spettacolo è la forza più influente al mondo. Essere al centro di questo ambiente, lavorare ogni giorno cercando di esprimere in modo creativo la mia fede è una rara opportunità.
Noah è stato criticato anche dai musulmani. Sappiamo che molti personaggi biblici e lo stesso Gesù sono venerati dagli islamici, ma forse è la prima volta che accade una cosa del genere.
Credo invece che gli islamici siano stati contrari a molti film basati sulla Bibbia in passato, ma Noah è forse il primo film del genere a essere distribuito su così larga scala mondiale. La Paramount ha un forte budget per la distribuzione e credo sia per questo che il film sta avendo larga visibilità anche nel mondo islamico.
Dal suo punto di vista, qual è il confine che un film a tema religioso non deve oltrepassare, o non esiste alcun confine?
Non ragiono in termini di “confini”. Credo che l’arte sia qualcosa che ti ispira e ti cambia. I film sono solo un veicolo di questo nello stesso modo dell’arte, della scrittura, della musica. La religione è uno dei nostri desideri fondamentali, conoscere Dio ed essere conosciuti da Dio. In questo senso, gli autori di film, proprio come gli scrittori, gli artisti e i musicisti esprimono questa passione attraverso il loro particolare approccio artistico.
La Paramount sta diffondendo un messaggio che spiega che il film è ispirato alla storia di Noè, mentre la vera storia di Noè la si trova nella Bibbia. Ma perché, come cristiano, dovrei andare a vedere un film che è fondamentalmente una fiction e non la vera storia?
La Paramount è una azienda secolare. Non mi aspetto che seguano gli stessi principi che segue una scuola di Bibbia o il Vaticano nel raccontare una storia. Tuttavia si sono comportati in modo molto gentile ad ascoltare le preoccupazioni della comunità cristiana e nel cercare di dialogare con loro. Quando Hollywood fa un film su un determinato gruppo o associazione di persone, quelle persone si aspettano che la storia che viene raccontata sia accurata. Così non è un caso che i cristiani pretendano che le storie tratte dalla Bibbia siano accurate il più possibile. Ma in questo caso specifico, sebbene ci siano alcune deviazioni dal testo originale, credo sia importante per i cristiani affrontare questo film e usarlo come opportunità per condividere la nostra fede e la nostra cultura.
C’è un film nella storia di Hollywood che pensa sia stato fedele nel modo migliore al testo biblico originale?
Nessun film è stato fedele al 100% alla Bibbia. Per prima cosa non è possibile riuscirci perché la Bibbia non presenta dettagli approfonditi dei vari personaggi. Per questo gli autori devono prendersi delle libertà artistiche per tradurre quelle storie sullo schermo.
Che ne pensa del film di Mel Gibson, The Passion of the Christ? Anche diversi cristiani lo hanno criticato perché dicevano che non era fedele alla storia evangelica.
Ci saranno sempre dei cristiani che criticheranno un film. Ma questo non significa che ci siano dei problemi con il film o con i cristiani. Semplicemente, le persone interpretano la Bibbia in modi diversi e danno significati diversi. Questo significa che ci possono essere discussioni anche forti, ma credo sia una cosa positiva. Per quanto riguarda il film di Mel Gibson, direi che i cristiani siano stati enormemente a favore e i grandi numeri al botteghino lo dimostrano.
In una sua conversazione lei ha detto che Hollywood sta finalmente cominciando a capire che la fede cristiana produce guadagni. Pensare alla fede come un prodotto da vendere non può essere rischioso?
La fede non è in vendita, nessuno vende la fede. Però produciamo e vendiamo le Bibbie, libri dal contenuto cristiano e altri prodotti, sosteniamo la chiesa economicamente. Dunque non c’è nulla di male nel vendere dei biglietti quando un film è a contenuto religioso. È solo un’altra opportunità di esprimere la nostra fede e sfidare una cultura di non credenti con quello che dice la Bibbia.
(Paolo Vites)