La nuova trasposizione della fiaba de La Bella e la Bestia diretta da Christophe Gans è un film barocco, ricco di citazioni e di riferimenti alla versione originale della storia, lopera di Madame de Villeneuve pubblicata nel 1756. La vicenda si apre sulle disavventure di un ricco mercante in rovina, che trascina la famiglia in campagna dopo avere perso tutti i suoi beni in mare. Quando, durante una bufera di neve, si imbatte in un misterioso castello dove trova cibo e gioielli apparentemente abbandonati, luomo stacca una rosa dal giardino per portarla alla figlia minore, la dolce e sensibile Belle (Léa Seydoux). Ma una Bestia (Vincent Cassel) compare davanti a lui e lo minaccia: per avere rubato quel fiore, sarà condannato a morte.
Pur di salvare il padre, Belle si presenta al castello e offre la sua vita, restando così prigioniera della Bestia e scoprendo, giorno dopo giorno, la sua storia. La Bestia, un tempo, era un principe sposato con una ninfa, ma si macchiò di un crimine involontario che attirò sul castello una terribile maledizione. Nonostante laspetto spaventoso e il comportamento arrogante del padrone di casa, che la costringe a cenare ogni sera alle sette e a non varcare i confini del palazzo, Belle instaura con lui un rapporto di fiducia, destinato – come tutti sappiamo – a sfociare in amore.
Quando in una storia il finale è scontato, linteresse deve focalizzarsi su come questa storia è raccontata. Gans ha scelto di riprendere le sfumature cupe del testo originale e di offrire al pubblico una fiaba per adulti, anche se inserisce una breve cornice in cui due bambini ascoltano la madre che la racconta. Nella prima parte, lascia spazio alla premessa, raccontando le vicende che portano il mercante a finire nel castello e a cogliere la rosa. riuscito così a soffermarsi sulle dinamiche familiari, introducendo le figure drammatiche dei figli maschi e quelle comiche delle sorelle di Belle, costruite a immagine e somiglianza delle sorellastre di Cenerentola (un richiamo voluto?).
Il ritmo è inizialmente lento, ma i dettagli e lambientazione fiabesca attirano lattenzione dello spettatore. Purtroppo, la seconda parte non mantiene le promesse: nonostante le invenzioni magiche e la splendida messa in scena, il rapporto tra Belle e la Bestia non è approfondito a dovere e non risulta emozionate, mentre il finale è decisamente barocco.
Se il regista, come ha dichiarato, intendeva rifarsi alla tradizione classica e ai modelli letterari, dalla mitologia antica (la ninfa) all’animismo (lo spirito della foresta), non riesce però a costruire un prodotto coerente. Sembra quasi che l’aspetto estetico abbia fagocitato la storia, soffocando il potenziale emotivo del film e, dunque, il romanticismo.
Resta un prodotto visivamente curato e accattivante, con tocchi magici e fiabeschi che colpiscono l’immaginazione (le rose che si arrampicano sulle scale, gli abiti di Belle, il fascino gotico del castello, il cervo d’oro) e bravi protagonisti, ma – purtroppo – un cuore freddo.