Dedicato allo scrittore austriaco Stefan Zweig, le cui opere furono bruciate dai nazisti, il film Grand Budapest Hotel, presentato a Berlino, è un viaggio in un mondo immaginario che contiene però numerosi riferimenti alla realtà e importanti spunti di riflessione. Nella fittizia Zubrowka sorge un albergo dallaspetto molto particolare, chiamato Grand Budapest Hotel. Il concierge e direttore, Monsieur Gustave, ha un gusto estetico alquanto personale e adora instaurare dei rapporti speciali con le clienti di una certa età, tra cui Madame D., che un giorno gli affida un prezioso dipinto.

La trama subisce una svolta quando, alla morte della donna, suo figlio Dimitri accusa Gustave di averla uccisa e scatena così una caccia alluomo, che passa attraverso un periodo di reclusione durante il quale Gustave si affida allamicizia del suo neoassunto, Zero Moustafa, un giovane portiere di origini straniere. La rocambolesca fuga dal carcere, con una catena di telefonate tra un hotel e laltro e lintervento della giovane e ardita pasticcera Agatha, la fidanzata di Zero, porta infine al recupero del quadro e al ritrovamento di un testamento che rende onore a Gustave.

Per raccontare questa storia, il regista Wes Anderson (Moonrise Kingdom) sfrutta la tecnica del flashback a incastro. Nel presente, un giovane osserva la statua di un autore e apre un suo libro. Nel 1985, lo stesso autore afferma di avere incontrato uno strano personaggio e, nel 1968, vediamo Jude Law che, nei panni dello scrittore, cerca la pace in un resort sulle montagne, dove incontra lanziano signor Moustafa (F. Murray Abraham) che, a cena, gli narra le vicende del passato. Il regista si diverte a scomporre il tempo, spostandosi da unepoca allaltra in un gioco di inquadrature che enfatizza le differenze tra i diversi mondi della storia.

Anche se il film è un mosaico di eventi e personaggi, alcuni più rilevanti di altri, il cuore batte nel rapporto tra Gustave e Zero (Tony Revolori). Attraverso le surreali e tragicomiche avventure dei due uomini, infatti, Anderson ci spinge a riflettere sui temi dellamicizia, della lealtà e della frontiera tra i popoli, trasformando Zero (il cui nome non sembra causale) nellincarnazione dellImmigrato alle prese con i pregiudizi e lostilità delle autorità, ma in grado di ritagliarsi il suo spazio e di ottenere il riconoscimento, la stima (di Gustave) e lamore (di Agatha).

L’ironia permea lo stile visivo e narrativo, a cominciare dalla rappresentazione dell’hotel che, all’esterno, ricorda un gigantesco cupcake, mentre all’interno sembra piuttosto un cofanetto di gioielli. Nelle sale si muovono uomini in uniforme, figure di un passato ormai lontano e quasi dimenticato. L’ambiente rispecchia il gusto di Gustave, e Gustave è dedito al piacere. Anderson è attento a ogni dettaglio in grado di dare forma e identità a un uomo che, nonostante l’atteggiamento teatrale, si rivela un attento osservatore e un amico fedele.

L’omaggio alla magnificenza perduta di un albergo immortalato dalla letteratura è anche l’esaltazione di un nobile codice di gusto e di comportamento, che salvaguarda i valori della dignità e della lealtà a dispetto delle oscure minacce della politica e della Storia.