Ora che il Def (Documento di economia e finanza) è stato varato, Matteo Renzi ha il problema di convincere lEuropa sulla bontà dei suoi conti e delle sue riforme. Allestire una frizzante conferenza stampa come fosse una televendita, mostrando slide e slogan da imbonitore, può forse funzionare da noi, non certo al di là delle Alpi. Ci vuole di più, molto di più: una buona dose di ironia, certo; la capacità di sfruttare gli effetti speciali, ok; una narrazione piena di ritmo e colpi di scena, ottima idea. Manca però il guizzo risolutivo, il tocco che dovrebbe restituire allItalia la sua immagine mitica. Mitica? Di più, mitologica! E quale soluzione migliore se non rispolverare i peplum (dal termine che indica il corto vestito dei personaggi maschili), che negli anni Cinquanta e Sessanta consegnarono al nostro cinema un imprinting, poi diventato di fama mondiale, caratterizzato dal mito degli eroi dellantichità greco-romana?



Il peplum osò sfidare, con un clamoroso successo di pubblico, i kolossal americani, proponendo avventure mirabolanti fin dalla scelta dei titoli, scenografie in polistirolo espanso per rendere realistica la maestosità delle ambientazioni, muscoli esageratamente gonfiati di protagonisti non proprio conosciuti al grande pubblico e pettinature cotonate e iperlaccate di attrici, la cui avvenenza nulla aveva da invidiare alle starlette più in voga del tempo. Forte di questa tradizione artistica, Renzi è riuscito a scritturare i migliori sceneggiatori e registi italiani, visionando centinaia di pellicole, da Ercole il frantumatore del debito pubblico italiano a Per la gloria, per la patria, per la mamma: Ursus il conquistatore di Bruocsella (odierna Bruxelles, NdR, cioè Nota del Regista), da Sansone contro i parametri di Maastricht a Maciste nelle fauci della Bundesbank. Alla fine, però, le nomination – chiamiamole proprio in perfetto stile hollywoodiano – si sono ridotte a tre storie sword and sandal, cioè spada e sandali (espressione con cui gli anglosassoni indicavano i peplum), destinate a risollevare limmagine mitica dellItalia.



Tutti in regola con il grande regolo di Attilio Regolo. la storia di un giovane console romano, Attilio Regolo, caduto prigioniero durante la guerra tra Cartagine e Roma. Quando i Cartaginesi decidono di mandarlo a Roma con il compito di convincere il Senato ad arrendersi, Attilio si domanda prontamente: Come mi Regolo?. Con un tale quesito si presenta ai senatori romani, che non fanno attendere la pronta risposta: Nobile e coraggioso Attilio, gli dei ti aiutino a regolarti come meglio credi, per parte nostra così ci regoleremo: morte a Cartagine! Non vediamo altre direzioni di marcia possibili (abbiamo fatto nascere noi, in questa occasione, lespressione: Senso punico, NdR, cioè Nota dei Romani). Il Romano abbandona Roma (ma non per la Lazio, NdR, cioè Nota del Romanista) per tornare, come promesso, al nemico in attesa e in fermento bellico, a Cartagine. Attilio, come ti sei regolato?. E lui: Io so Attilio, e so anche Regolo, perché so regolarmi da me, così come i nobili senatori romani, che con saggezza e con laiuto di Giove si sono regolati. La loro regola? Si vis pacem, para bellum (Se vuoi la pace, prepara la guerra, NdR, cioè Nun dovete Rompe). Ora, popolo di Carta (quanto mi piace regolarmi con efficaci abbreviazioni, NdR, cioè Nota del Regolo), non fate castelli, bensì regolatevi al meglio. Fumantini come sono, i punici (chiamati così perché soliti punire chiunque, NdRR, cioè Nota dei Randellatori di Romani), avendo un Regolo tra loro, prendono le misure del caso, regolandosi in tempi brevi: dopo aver riempito Attilio di botte, lo rinchiudono di botto in una botte irta di chiodi, per precipitarlo da unaltura. Tutto finito? Macché! Leroico sacrificio del console Attilio non accade invano: saputo della botte, i Romani sbottano, riprendono a combattere e sconfiggono definitivamente i Cartaginesi, riducendo Cartagine a Cartastraccia. Entusiasta il commento di Renzi: Con questo film il prestigio dellItalia sarà in una botte di ferro!.



“Altrimenti lui s’infiamma: chi ha scaldato Muzio Scevola?”. La vicenda, ambientata nel periodo della lotta tra Roma e il popolo etrusco, vede come protagonista Caio Muzio, un giovane romano che, travestito da soldato etrusco, riesce a entrare nel campo nemico per uccidere il re Porsenna. Fatalità vuole che Caio, “scevolando” su una buccia di banana, sbagli tenda e finisca per uccidere Tizio (quasi sicuramente un soldato qualsiasi, certo non della fama di un generale come Sempronio, né tantomeno di un monarca come Porsenna). Catturato e condotto alla presenza del re etrusco, Caio Muzio, mentre proclama la volontà degli altri soldati di uccidere Porsenna, pone con decisione la mano destra sul braciere per autopunirsi dello sbaglio commesso. E Porsenna? Per un colpo di sonno esce di senno, si dirige a Lutezia (l’odierna Parigi, NdR, cioè Nota del Rosolato), e dopo aver attraversato la Senna dichiara di voler stipulare la pace con Roma. Ma laggiù trova solo Galli, che, alzando la cresta, dichiarano a loro volta guerra. Così il por Senna, condottiero e pilota del suo popolo, si troverà suo malgrado ad affrontare un conflitto doppio. E Caio Muzio? Più il film procede e più si scalda (che abbiano preso ispirazione da lui per il personaggio della Torcia Umanadei Fantastici 4?), fino a che, bruciando le sue ultime energie, riesce a mano a mano ad avere la meglio sugli etruschi, facendo poi ritorno a Roma, dove accende l’entusiasmo dei suoi concittadini, che lo accolgono con calorosi applausi. Euforica la reazione al film di Renzi: “Questa pellicola darà davvero una bella mano all’Italia!”.

“Gli Orazi e i Curiazi (e mo’ so’ cazzi!)”. Romani e Albani, sfiancati da una lunghissima e cruenta guerra, decidono di far combattere ciascuno tre soli campioni, così da porre fine ai continui spargimenti di sangue. I Romani scelgono i tre fratelli Orazi: Orango, il più atletico; Orario, il più precisino; Oratorio, il più pio. La scelta degli Albani cade sui fratelli Curiazi: Curaro, il più pericoloso; Curioso, il più pettegolo; Curriculum, il più laborioso. Alla notizia della sortitio (niente paura si tratta del sorteggio, NdR, cioè Nota di Romina, la moglie di un Albano), gli abitanti di Albalonga, unanimi, esplodono in un liberatorio: “E mo’ so’ cazzi!”. Difatti, due romani vengono repentinamente uccisi: Oratorio, così buono da non prendere con sé né armi, né corazza, ha subito la peggio; Orario, sempre in ritardo nella risposta ai colpi dell’avversario, resiste fino a quando, chiuso in un angolo come in una sorta di binario morto, viene soppresso senza pietà. Il duello sembra volgere a favore dei Curiazi. Orango, l’ultimo Romano rimasto, è molto abile nel decidere la strategia da adottare per evitare la sconfitta definitiva: correre e poi colpire all’improvviso. Proprio fingendo di fuggire, riesce a eliminare il primo dei Curiazi, cioè Curioso, che moriva dalla voglia di scoprire dove fosse andato a nascondersi. Con lo stesso gioco d’astuzia pone fine alla vita dell’altro Albano, Curriculum, che lo insegue perché vuole mostrarglielo (il curriculum di Romina, cosa avete capito?). Alla fine lo scontro con l’ultimo dei Curiazi è favorevole all’Orazio. E Roma trionfa su Albalonga. Al massimo dell’eccitazione dopo aver assistito a questo peplum, Renzi si è incamminato verso l’uscita della sala continuando a ripetere: “Ave, pacioso Barroso! … e mo’ so’ Renzi tuoi! … Ave, temibile Van Rompuy! … e mo’ so’ Renzi tuoi! … Ave, teutonica Merkel!… e mo’ so’ Renzi tuoi!”…