Arriva dalla Svezia ed è pronto a conquistare il cuore degli spettatori italiani. Si intitola We are the best! ed è ambientato nella Stoccolma del 1982. Non è un gran bel film, o per lo meno a me non è proprio piaciuto. Ma la fotografia è ottima, così come lo è la tecnica del prodotto finale. Lunica cosa che lascia a desiderare, forse la più importante, è la sceneggiatura. Tratto dal romanzo della moglie Coco, il nuovo film di Lukas Moodysson racconta di Bobo, tredici anni, una bimba tanto punk che per affrontare ladolescenza inquieta si rifugia in una musica che tutte le dicono morta ma che, con la sua amica del cuore Klara, lei cerca inevitabilmente di preservare. E così, un giorno, decidono di fondare un gruppo, e al grido di Odio lo sport e al lancio del loro primo singolo, se così lo si può definire, Bobo suona il basso, o semplicemente ne pizzica casualmente le corde, e Klara si accanisce contro la batteria.
Un pomeriggio, la svolta; conoscono Hedvig, bravissima a suonare la chitarra (classica) e davvero cosciente di cosa significhi leggere la musica. E allora la trasformano, e le tagliano i capelli alla moicana. Continuano a ripetere che il punk non è mai morto, e nonostante tutto vanno avanti, sempre e comunque inseparabili.
Forse che il romanzo We are the best! sia stato davvero un successo lo si può anche credere, perché effettivamente raccontata così la storia non è niente male. Anzi, ti fa venir voglia di correre al cinema e di guardarti un buon film in cui tre bimbe si travestono da maschiacci. Peccato che poi il lungometraggio del bel Lukas sia un pochino osceno. Reduce dal precedente flop di Mammoth del 2010, Moonysson – nonostante abbia deciso di darsi più al popolare cercando di dirigere un film diverso dallultimo pedofilia e tradimento del Mammoth fischiato al Berlino Film Festival del 2009 – comunque non ce la fa.
Perché le tre ragazzine vengono descritte come grandi combina guai, ma al contrario non fanno nulla di particolarmente eclatante e non generano particolare tenerezza o simpatia. Non suonano ma gridano, in una lingua sconosciuta, una canzone che – colpa dei doppiatori – viene a volte tradotta, a volte no. Sì, perché nonostante la colonna sonora sia sempre la stessa, allinizio del film la sentiamo con un ritornello italiano al suono di Odio lo sport, ma poi la perdiamo più volte tra parole incomprensibili e battute incomprese, causa di strofe che fanno ridere le protagoniste, ma che non interessano minimamente noi, gente comune, che lo svedese proprio non lo sappiamo parlare.
L’unica forse un po’ interessante è Bobo, la “bruttina” del gruppo (anche se a mio parere resta la più geniale tra le tre). Taglio corto alla maschio, occhiali alla Harry Potter, nonostante sia la più abbandonata, lasciata in disparte dalla famiglia, con mamma alcolizzata prima e papà figura assente poi, rimane quella coi piedi per terra, più matura e pronta a capire come ci si dovrebbe comportare. Certo avere 13 anni è difficile, soprattutto nel 1982, in uno spazio e luogo in cui ti dicono che ciò in cui credi non esiste. E proprio per questo il film prende forma, osservando da vicino come ci si sfoghi, in certi casi. Coi capelli tagliati alla bell’e meglio e i vestiti sgualciti, perché loro si vestono “con ciò che occorre e non con ciò che si dovrebbe”.
Un melenso prodotto cinematografico a mio parere poco interessante, se non per la bravura delle giovanissime sotto i riflettori, le piccole ma grandi Mira Barkhammar, Mira Grosin e Liv LeMoyne. Un film che nonostante tutto poteva essere un capolavoro di incomprensioni, di racconti di cose, strane, quelle che accadono nel magico e terribile mondo dell’adolescenza. Ma che purtroppo, nonostante i musini simpatici delle tre protagoniste, non riesce davvero nell’intento e che, addirittura, a me posso dire abbia soltanto annoiato.
Sarà che personalmente il punk non mi è mai piaciuto e che quindi forse alcuni meccanismi non sono riuscita a capirli. Sarà che, a ogni modo, non andrei mai a rivedermelo. Acclamato alla Mostra del Cinema di Venezia, io però non ne consiglio particolarmente la visione. Insomma, niente di che.
Ciliegina sulla torta, il finale è spiegato con grandi titoli a gesso impressi su sfondo nero. Ovviamente in lingua svedese! Ci tocca metterci a studiare…