Non siamo capitati in un girone facile, e le partite di sabato scorso (noi con lInghilterra e Costa Rica-Uruguay) lo hanno dimostrato. Ma se nel club azzurro (e non solo) lombra del sorteggio pilotato dallassai paffuto francese a capo dellUefa si aggira un po sinistra, probabilmente è tutta colpa della destrezza di Michel lo scaltro (la furbizia è stata una delle doti principali di Platini giocatore). Infatti, già alla seconda partita del girone (in programma venerdì 20 alle ore 13 locali) agli azzurri tocca una partita che Costa tanta fatica ma con una posta in palio molto Rica: la qualificazione agli ottavi. Perciò, chapeau a le Roi, il Cardinal Michelieu del calcio!
Certo, scrivere queste cose ci costa (e sul Costa Rica torneremo alla fine), ma se la logica di un Mondiale è passare il turno e arrivare il più lontano possibile, costi quel che costi, beh, sarebbe stato più agevole per lItalia di Prandelli trovarsi di fronte lunder 16 della Costa dAvorio, la Nazionale villeggianti della Costa Crociere e la Nazionale attrici allenata da Lella Costa. Accostare un girone così è impossibile? Vero, e allora noi ComicAstri ci saremmo accontentati della Bosnia-Erzegovina o del Camerùn. Perché? Leggete qui.
Bosnia-Erzegovina. Nobile prodotto del calcio della ex Jugoslavia, la Bosnia del dopo Tito, calcisticamente parlando, ha sempre dovuto sfangarsela da par suo, soprattutto nello stretto e nel gioco aereo: nonostante faticosi allenamenti ed estenuanti ripetute, non penserete sia facile smarcarsi fulmineamente o staccare perentoriamente di testa portandosi sulle spalle una tipa come lErzegovina. Quasi un peso morto! Dai nostri lidi, non è per niente facile avere informazioni di prima mano utili a darci indicazioni significative sul calcio bosniaco-erzegovinino. Per fortuna possiamo usufruire ancora una volta degli assist dello Zingarelli, un vocabolario che sa tante cose perché le ha rubacchiate qua e là in giro per il mondo pallonaro: Il campionato bosniaco di calcio (Premijer Liga Bosne i Hercegovine) è un insieme di tornei nazionali della Bosnia-Erzegovina istituiti dalla Fudbalski Savez Bosne i Hercegovine (FSBiH). La squadra più forte, ricca e famosa dellintera regione balcanica è il Velez Mostar, compagine che stabilmente occupa le zone alte della classifica, e anche nei momenti di burrasca ha sempre trovato il modo di viaggiare a gonfie velez! Il suo giocatore più importante? Zvjezdan Petkomisimoghadzimehmedovrsajevrancic, che a malincuore non ha potuto essere convocato a causa di un veto assoluto incrociato di Fifa e Aips (Association Internationale de la Presse Sportive): il suo cognome non avrebbe trovato spazio sulla maglia sopra il numero, ma soprattutto i telecronisti si sarebbero trovati in gravi difficoltà a pronunciarne lintero nome, lungo forse più di un veloce contropiede.
Camerùn. Squadra molto compatta in campo, ma soprattutto fuori, che ha scelto, per cementare ancora di più lo spirito di squadra, di mangiare tutti allo stesso gigantesco desco (chiamato in gergo “il tavulùn”) e soprattutto di dormire in un unico, enorme camerùn. La Nazionale africana applica un originalissimo 4-4-2 con mansarda, detto “a doppia mandata”, per via di una difesa che – a detta degli appassionati della squadra africana – è “assolutamente blindata”. Sta di fatto che per il Camerùn il bel gioco è di casa. Dal punto di vista tattico, i giocatori si schierano rispettando rigorose autonomie, ma compatti in un modulo che ricorda le “villette a schiera”, assai ben architettato, seppure i due giganteschi centrali, soprannominati per la loro metratura fisica “Garage” e “Box”, appaiano a prima vista un po’ troppo immobili (così immobili, dicono i procuratori nostrani, che se dovessero essere acquistati da qualche club italiano nel post-Mondiale, il loro prezzo sarebbe comprensivo di Imu, Tasi e Tari). Lo stesso discorso vale per i due laterali, alquanto stanziali: eppure, è proprio su queste fondamenta che i camerunensi sono sempre riusciti a trovare i corridoi giusti per arrivare fino alla porta avversaria. Peccato che il Camerùn debba fare a meno di ben tre titolari inamovibili, gente del calibro di Soggiornùn, Cucinùn e Cameradalettùn. Su queste assenze pesanti ha espresso rammarico lo stesso capitano del Camerùn, Samuel Eto’o: “Peccato non averli con noi: sono vani solo di nome, non certo di fatto!”.
Costa Rica. Di questo Paese dell’America Centrale dobbiamo assolutamente evidenziare lo studio realizzato nel 2009 dall’organizzazione non governativa “The New Economics Foundation” (Nef), secondo il quale la Costa Rica è il Paese dove ci si sente “i più felici al mondo” e in armonia con l’ambiente. Stare bene ed essere in pace con se stessi significa “essere richi dentro”. In questa Costa i Richi, a quanto pare, non piangono, ma pullulano. E il calcio, per venire in argomento, non può che risentirne favorevolmente. Siamo di fronte a una squadra rica di temperamento, rica di classe, rica di fantasia. La Costa Rica pratica un gioco molto redditizio che ben capitalizza quando passa in vantaggio. Schiera giocatori facoltosi (cioè molto richi di capacità tecniche), che sanno investire al meglio sulla preparazione atletica. Si tratta di giocatori dotati di grande disciplina: ciascuno si prende cura della propria Borsa da gioco, in perfetto Nasdaq Style. Sul terreno di gioco, i centrocampisti non risparmiano le energie e gli attaccanti sono in grado di portare molte azioni. L’assenza più pesante della squadra centramericana? Il centravanti Centralbank, che ama depositare il pallone in rete.
Una curiosità, infine, che va svelata è quella riguardante le abluzioni che i calciatori della Nazionale costaricense compiono, a mo’ di rito propiziatorio, in occasione di grandi eventi sportivi, in uno dei più grandi fiumi del Paese. Si narra, infatti, dell’acerrima rivalità tra il SanJosèAltafini e il Josè?Boh!, le due squadre della capitale. I primi richi, molto richi (erano chiamati “i richioni”), i secondi poveri (così poveri che non potevano permettersi santi in paradiso e neppure un nome al proprio club). Negli anni ‘50, alla vigilia di un derby torrido (anche dal punto di vista del meteo) quelli del Josè?Boh!, che abitavano a sud della città, entrando uno dopo l’altro nelle acque del fiume, recitarono come un mantra la frase “Cosa sarà? Cosa sarà?”, allusiva del colore giallo paglierino delle acque. Alla fine uno di loro, un tal Piquì, riemergendo da un tuffo profondo, esclamò, non senza un’ombra di disgusto: “Sarapipì!”. Era vero: migliaia di tifosi del SanJosèAltafini, più a nord, avevano – diciamo così – fatto tutti insieme l’esame anti-doping prima della partita. Ma quel giorno – è il caso di dirlo – la fecero fuori dal vaso: al 96° minuto persero la stracittadina, proprio grazie a un “golasso” di Piquì. Da allora, il fiume si chiama Sarapiquì. E tutti i calciatori del Costa Rica ormai fanno la fila, pur di emulare le gesta del grande Piquì, oggi venerato come eroe nazionale. Questo simpatico rituale con gli anni è diventato patrimonio popolare. Pensate che una trentina d’anni fa, un quartetto molto popolare a quelle latitudini, i Richos e Pobres, spopolò letteralmente con un motivetto che riprendeva la storia che vi abbiamo raccontato. La canzone si intitolava: “Sarapiquì te amo”.
(Fine del secondo tempo, si va ai supplementari. Tra una settimana)