Dom è bello, forte, violento e spregiudicato. Totalmente sopra le righe in modo estremo, chiassoso, definitivo e volgare. Rabbioso e irruento, è unesplosione di genuinità fastidiosa e insolente, ma alleggerita da una necessaria e ben calibrata soffiata di ironia. Siamo a Londra. E il fisico nudo e possente a mezzo busto di Jude Law apre il film con un elogio gridato e senza diritto di replica del suo organo sessuale. Questo è Dom Hemingway, ladro scassinatore di casseforti dalle mani doro che si è fatto 12 anni di carcere per coprire il capobanda. Perché, come dice lui, si è comportato secondo le regole. Quasi un gentleman. Sicuramente nel codice di comportamento fra delinquenti e nellabbigliamento, che lo rivela un esteta.
Doppio petto e pizzetto ben curato lo accompagnano fuori dalla galera. Deve essere vero quel detto secondo cui labito non fa il monaco, perché la violenta repressione fisica e morale degli ultimi 12 anni, unita a un carattere senza freni e alla consapevolezza di essersi perso – in quei maledetti 12 anni – linfanzia della figlia e gli ultimi giorni di vita della moglie, lo fanno esplodere in una travolgente rabbia senza freni. Violento. Ubriaco – di alcol e di vita. Drogato di cocaina e desideroso di dare sfogo ai suoi più elementari istinti sessuali.
La prima parte di film, che da Londra si sviluppa in Francia, dove Dom e Dick, il suo compare di sempre, si recano per riscuotere il prezzo del silenzio, non convince. Lascia spaesati perché, di fatto, a mezzora abbondante dallinizio ci si chiede legittimamente dove si voglia andare a parare. Fino ad ora, infatti, lo schermo è stato dominato dal carattere e dal fisico possente di Dom, declinati entrambi in molteplici sfaccettature.
Aspettare, però, vale la pena. Lo dice anche, in termini diversi, uno dei cartelli che accompagnano, su schermo nero, le differenti parti della storia, che comunque si svolge in un unicum narrativo. Dietro la scorza dura ed eccentricamente volgare di Dom, infatti, si nasconde, più o meno, una brava persona. Fastidiosamente sguaiato, certo, ma di fatto semplice nelle intenzioni. Il contrasto è ben riuscito, poiché è proprio in questo gap di qualità che nasce la patina ironica del personaggio e, di conseguenza, della storia. Per quanto forte di unossatura ben delineata, Dom vive di reazioni prevedibili nei modi e nello stesso tempo non preventivabili nella tempistica.
Bisogna dire che al di là dell’aspetto indubbiamente più fastidioso e legato alla violenza che lo contraddistingue, Dom è arricchito dalla solida interpretazione di Jude Law, definitivamente bravo nel passare con notevole savoir faire dai ruoli più romantici a uno marcatamente brutale. Con tutto ciò che questo comporta non solo a livello di studio per personaggio, ma anche di preparazione fisica e di prestanza.
Vien quasi da dire che Dom e Jude si completano e arricchiscono a vicenda. Il primo consente al volto del suo interprete di dar prova di bravura camaleontica. L’altro – Jude Law – di far crescere il suo personaggio in un arco narrativo convincente e godibile, una sorpresa se considerate le poco promettenti premesse iniziali. È difficile definire Dom Hemingway un film imperdibile. Una colorata e sguaiata pausa di un un’ora e mezza, però, sì.