Nel lontano 1982 usciva nelle sale Creepshow, interessante esperimento partorito dalle menti di Stephen King e George A. Romero. La formula era semplice ma deffetto: cinque storie dellorrore legate tra loro esclusivamente dal prologo, in cui un bambino si ritrova a leggere un fumetto dal titolo – per lappunto – Creepshow. Tre decenni più tardi, il regista italiano Gabriele Albanesi (Il Bosco Fuori, Ubaldo Terzani Horror Show) decide di dare la possibilità a sei registi emergenti di misurarsi con il genere del cortometraggio horror, ripescando uno schema già collaudato. Il risultato è Paranormal stories, titolo del DVD che, riutilizzando il meccanismo di Creepshow, un bambino appassionato di film horror decide di vedere.

Cornice a parte, sono cinque le storie che compongono questo italianissimo mosaico horror: in 17 novembre uno scrittore folle continua a tormentare il figlio anche dopo la morte; in Offline un ragazzo morto continua a comunicare via chat allamico; Fiaba di un mostro narra la vicenda del figlio del diavolo, bambino emarginato che, per amore, si trasformerà da vittima in carnefice; Medium è la storia di una ciarlatana che comunica con gli spiriti; mentre nellultimo spezzone, Urla in collina, tre ragazze investono accidentalmente un uomo, e il suo spirito le seguirà fino a un motel per cercare vendetta.

Chi ha visto più di un paio di pellicole horror lo sa, ben presto lautentica tensione delle prime volte lascia spazio alla fiera del già visto, e spesso ci si limita ad apprezzare questa o quella chicca tecnica che il regista ha voluto inserire per compensare una sceneggiatura che più banale non si può. Questo è ciò che accade di solito, ma fortunatamente Paranormal stories esce da questa logica, e, forse per merito delle storie brevi, che permettono di eliminare i tempi morti e inanellare tensione su tensione, riesce a regalare autentici momenti di inquietudine.

Menzione particolare merita il secondo episodio, Offline, tutto costruito allinterno di una stanza, attorno a un computer. Gli effetti sonori, in questa come nelle altre storie, contribuiscono a sottolineare il crescendo di tensione, ma in questo caso sono lottima scrittura e recitazione a rendere Offline unautentica perla: un tema già visto come quello del fantasma che si mette in contatto con un vivo viene spogliato di ogni orpello retorico, e ciò che rimane è un incubo in cui anche il rumore di una chat può far sobbalzare sulla sedia.

L’originalità non è il punto di forza di Paranormal stories, e per capirlo basti pensare all’ultimo episodio, in cui la classica premessa da slasher movie (protagoniste femminili in viaggio inseguite da una creatura vendicativa) viene poi sviluppata con la tecnica che da The Blair witch project in poi ha spopolato, quella della “videocamera ritrovata”, con tutte le implicazioni e limitazioni del genere. Se la mancata originalità, supportata da una solida scrittura, non può considerarsi un difetto, sicuramente discutibile è la recitazione di alcune comparse, che spesso rischia di gettare cattiva luce anche su chi l’attore lo sa fare, e anche bene. Esempio emblematico di tale pecca è “Fiaba di un mostro”, forse la storia più bella sul piano puramente narrativo ed emotivo, ma che, dando ampio spazio ad attori bambini non professionisti, finisce per impedire l’immedesimazione dello spettatore.

La struttura episodica mutuata da Creepshow, dopo aver dato vita, un anno dopo, all’ottimo Ai confini della realtà (peraltro tratto da una serie tv di successo), riconferma anche oggi la sua efficacia nel dipingere concisi ma suggestivi quadri horror, nei quali si preferisce, a una profonda caratterizzazione dei personaggi, il gusto per il grottesco, la caricatura e l’incisività delle immagini.