Un thriller dal ritmo davvero incalzante, che paga un certo dazio alla retorica nazionalista Usa, ma che ha il merito di raccontare una vicenda storica sotto una luce diversa dai suoi predecessori. Un mix di personalismo e storicismo in fin dei conti piuttosto riuscito e condito da una buona fotografia e da una regia attenta e con poche sbavature. Thirteen days, tredici giorni. Stasera alle ore 21.15 su Retequattro. Ecco il trailer.



Venerdì 18 luglio su Rete 4 andrà in onda il film Thirteen days, diretto da Roger Donaldson, che analizza la crisi di Cuba descrivendo ciò che avvenne alla Casa Bianca in quei drammatici tredici giorni che fecero temere l’innesco della terza guerra mondiale. Il film ha vinto di due Satellite Awards 2000 sia come miglior attore non protagonista (Bruce Greenwood), che come miglior montaggio. 14 ottobre 1962: Kenny O’Donnell (da Kevin Costner), fido consigliere per la sicurezza del Presidente John F. Kennedy (Bruce Greenwood), come ogni mattina fa colazione con la sua famiglia e dopo si avvia alla Casa Bianca; non sa che in quel preciso momento vengono analizzate delle foto scattate da un aereo spia U2 che ha sorvolato l’isola di Cuba. Queste fotografie allarmano i funzionari della sicurezza nazionale degli Stati Uniti; da esse, infatti, si capisce che Fidel Castro ha ottenuto dall’URSS missili nucleari a medio raggio SS4. Chiedono, quindi, di essere ricevuti dal Presidente per illustrare la questione. Il pericolo è molto grande in quanto i missili possono colpire gli Stati Uniti dalla costa orientale per un raggio di 1.600 chilometri e la stessa Washington è seriamente minacciata. Il Presidente Kennedy raduna lo Stato Maggiore di crisi composto da Dean Rusk (il Segretario di Stato degli Stati Uniti interpretato da Henry Strozier), Robert McNamara (Segretario della Difesa, interpretato da Dylan Baker) e gli alti ufficiali dell’esercito, della marina e dell’aviazione, oltre al fratello Robert (come Procuratore generale degli Stati Uniti, interpretato da Steven Culp) cercando un modo per poter risolvere questa delicata situazione.Vista dallesperienza di O’Donnell, Kennedy deve fronteggiare una doppia crisi: quella estera dei missili e quella interna, con i militari pronti a colpire a qualsiasi costo Cuba, ipotizzando sia incursioni aeree per interventi mirati sulle postazioni missilistiche che sbarchi per una completa invasione dell’isola, con tutte le conseguenze che tali azioni potrebbero causare, comprensive del lancio dei missili sul territorio americano come rappresaglia. Pur provvedendo ad azioni preventive, come un massiccio spostamento di truppe in Florida ed un’allerta dell’aviazione, il Presidente Kennedy, grazie ai consigli di O’Donnell e del fratello Bob, decide di temporeggiare e di convocare l’ambasciatore russo per una spiegazione sulla presenza missilistica che, tuttavia, non solo non viene data ma che anzi viene negata fermamente.La situazione precipita quando alla scoperta delle basi missilistiche si aggiungono rapporti che parlano di un massiccio avvicinamento a Cuba di ben sessanta navi cargo che, presumibilmente, trasportano materiale bellico da impiantare su Cuba. il 22 ottobre e il Presidente Kennedy, sentendo anche i pareri di ODonnell (che funge quasi da confidente) e del fratello Bob, decide di effettuare una quarantena navale intorno a Cuba (con il parere contrario delle forze armate) e ne parla alla Nazione.ODonnell telefona personalmente al comandante delle forze aeree che sorvolano Cuba informandolo che non devono aprire il fuoco neanche se provocati e di minimizzare in caso di convocazione da parte dei superiori. La Conferenza degli Stati Americani ratifica la quarantena richiesta dagli Stati Uniti e il blocco navale ha inizio il 24 di ottobre; il giorno dopo vi è un primo contatto tra le navi statunitensi e quelle russe, ma queste fermano la loro corsa.Siamo al 25 di ottobre e viene programmata una sessione d’emergenza dell’ONU; ODonnell convince a schierare come ambasciatore statunitense Adlai Stevenson, da sempre incline a una risoluzione diplomatica, anche se all’interno della Casa Bianca lo si ritiene troppo debole per questo incarico nei confronti dell’ambasciatore russo Zorin; questi infatti all’arrivo di Stevenson lo attacca e lo deride negando con forza le installazioni missilistiche e chiedendo se gli USA avessero fatto un errore così grande da trascinare il mondo alla guerra. Stevenson risponde chiedendo pubblicamente la conferma se fosse vero o meno che l’URSS avesse installato postazioni missilistiche contro gli USA ed alla risposta negativa dell’ambasciatore sovietico mostra le fotografie delle installazioni sovietiche a Cuba riprese dai caccia il giorno stesso.26 ottobre: una nave russa è sfuggita al blocco americano e attuando le regole di ingaggio vi è un duro scontro tra McNamara e l’ammiraglio capo di Stato Maggiore della Marina; subito dopo arriva un messaggio di Kruscev tramite un giornalista del Washington Post che richiede, in cambio del ritiro delle navi, l’impegno pubblico degli USA a non invadere Cuba.ODonnell viene incaricato di scoprire se la fonte del giornalista potesse essere in contatto diretto con Kruscev o se quella potesse essere considerata solo una montatura e alla conferma dell’attendibilità si cominciano le trattative. 



La situazione pare precipitare quando il 27 ottobre un U2 viene abbattuto ed i falchi delle forze armate tornano alla carica per un’azione militare come rappresaglia, ma il Presidente Kennedy decide di continuare con la linea diplomatica inviando Bob dall’ambasciatore russo; O’Donnel decide di accompagnarlo, dando il supporto psicologico alla missione di Bob che accetta sia di rendere pubblica la volontà degli USA di non invadere Cuba che, come accordo privato, allo smantellamento dei missili Jupiter in Turchia in cambio di un immediato ritiro delle truppe e delle infrastrutture missilistiche sovietiche da Cuba. O’Donnell torna a casa, aspettando l’esito dell’incontro e si risveglia il giorno dopo con la notizia dell’accettazione delle clausole e la conseguente fine della crisi.