Se, solitamente, le aspettative per un sequel si riducono di almeno il 50% rispetto al film desordio e il risultato poi conferma questa terribile attesa, di certo non si può affermare lo stesso per Anarchia – La notte del giudizio. Ci ritroviamo nel futuro, per la precisione in una non meglio definita zona dellAmerica, nel 2023: da sei anni precisi, il nuovo governo dei Padri Fondatori ha istituito la Purga annuale, che si svolge dalle 19.00 del 21 marzo per le 12 ore successive. Una notte in cui ogni crimine è legalizzato, in cui non sono disponibili i servizi di sicurezza, come forze dellordine o assistenza sanitaria; una notte in cui ogni uomo ha il potere e la facoltà di commettere qualsiasi brutalità egli desideri, e rimanere comunque impunito. Questa notte di follia criminale, a quanto affermano i Padri Fondatori che lhanno istituita, riduce il tasso di criminalità durante il resto dellanno, consentendo uno sfogo controllato e temporalmente contenuto, che purifica lanima di chi lo commette, dandogli un re-start positivo per i seguenti 364 giorni, fino alla Purga successiva.

Che la data si identifichi proprio con il periodo di inizio della primavera, della rinascita della terra dopo un periodo di freddo e ambienti spogli, racchiude tutto il significato che il governo di questa ipotetica America del 2023 attribuisce allevento annuale tanto atteso e di cui tutti i media parlano: dopo un anno di repressione, di costrizione, lanima ha bisogno di essere ripulita da tutte le sozzure che devono essere, inevitabilmente, sfogate in modo violento ed esplosivo, a danno dei più deboli della società. In questo contesto, si passa dallatmosfera thriller del primo film a un vero e proprio scenario quasi apocalittico per questo sequel: al principio, la vita quotidiana dei protagonisti si mischia sempre più evidentemente con unatmosfera di tensione, capace di alternare agitazione e ostentata tranquillità.

Il regista, James DeMonaco, ci presenta una giovane coppia che è alle prese con una separazione difficile da affrontare, passando poi per madre e figlia che sono costrette a dire addio allunico uomo componente del loro nucleo famigliare poche ore prima della Purga, concludendo con un uomo solitario e misterioso (interpretato da Frank Grillo), che ha chiaramente un conto da saldare, e che è anche lunico che si trova volontariamente fuori di casa in quella notte di sangue. Naturalmente, i quattro sventurati si troveranno sotto lala protettrice di questultimo, e tutti e cinque insieme si renderanno sempre più conto che, oltre a cittadini con maschere che riportano la scritta God, è soprattutto il governo a prendere di mira i più poveri, per cercarli e ammazzarli sistematicamente.

Da thriller ambientato in una singola realtà familiare, qual era il primo lavoro di DeMonaco, si passa a uno scenario urbano che coinvolge tutti i ranghi della società, facendo emergere il modo in cui persone benestanti e rispettose ribadiscono la loro posizione sociale, altolocata e inattaccabile, uccidendo per puro intrattenimento. Il termine più adatto per descrivere l’idea di fondo sulla quale entrambe le pellicole si basano è certamente distopia; una realtà disastrosa e non certo desiderabile che riveste pienamente le fattezze dell’America: in questo senso, è reale la provocazione del regista nei confronti di alcune caratteristiche proprie degli Stati Uniti, rispetto, per esempio, alle regole sulla detenzione di armi.

Su una morale tutta discutibile, che servirebbe ad accentuare l’imprevedibilità degli eventi, si stagliano però dei cliché cinematografici classici, come quello dell’eroe tormentato, dell’amore ritrovato e perduto, dell’innocenza di una ragazzina capace di trasformare anche gli impulsi più negativi. Nel finale, il gusto è dolce, e per questo completamente dissonante rispetto alla narrazione: insomma, un secondo lavoro superiore al primo, molto probabilmente grazie anche a una sceneggiatura più completa e un cast altrettanto ridefinito.

Dunque, se dovessimo calarci anche solo per un secondo nell’ambientazione che DeMonaco presenta, potremmo dire che Anarchia – La notte del giudizio riesce a uscire ancora in piedi dopo la purga dei giudizi cinematografici, senza, peraltro, riuscire a liberarsi da quell’alone di mediocrità velata che si porta appresso.

 

(Maria Ravanelli)