La puntata è iniziata con una breve introduzione di Giuseppe Rinaldi, che ha annunciato il primo caso di cronaca trattato durante la serata, l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Il servizio ha trattato il caso partendo dal principio, dal giorno dell’8 agosto 1990, quando Simonetta venne ritrovata priva di vita, uccisa da 29 coltellate, nell’ufficio presso cui lavorava, in via Carlo Poma n 2 a Roma. L’allora fidanzato di Simonetta, Raniero Busco, venne sospettato di omicidio volontario ma solo nel 2004 gli verrà chiesto di fornire il suo alibi, e cioè dopo 14 anni dal delitto. Il programma ha mandato in onda un’intervista fatta a Busco in relazione al suo coinvolgimento nella vicenda. Gli inquirenti hanno subito nutrito forti dubbi sull’innocenza dell’uomo e quest’ultimo è stato condannato in 1 grado a 24 anni di reclusione con l’accusa di omicidio volontario. A favore della condanna dell’uomo sono state decisive due prove in particolare: la presenza del DNA di Busco sul reggiseno e sul corpetto della vittima e una ferita sul capezzolo della ragazza, riconducibile, secondo gli inquirenti, a un morso, compatibile con l’arcata dentaria dell’uomo. Il processo di 2 grado ha visto pian piano cadere le fondamenta su cui poggiava l’accusa. Secondo una super perizia, richiesta dal pubblico ministero, il morso al seno della ragazza non sarebbe un morso, ma una semplice lesione che non può rivelare il coinvolgimento di Busco. Inoltre, una più accurata analisi sul corpetto e sul reggiseno di Simonetta avrebbe rilevato la presenza di altri due profili genetici maschili. Senza contare il fatto che sulla scena del crimine sono state repertate due tracce di sangue, una sulla porta e una sul telefono, entrambe appartenenti al gruppo sanguigno A, mentre il gruppo sanguigno di Raniero Busco è 0. In base a tutte queste novità emerse, Busco è stato assolto definitivamente il 27 aprile 2012, con la sentenza della Cassazione. Il servizio ha prestato particolare attenzione alle dichiarazioni dell’uomo, che si è detto risollevato dopo l’assoluzione e che ha dichiarato più volte, insieme alla moglie, quanto, secondo lui, questo caso sia stato segnato da errori e mancanze da parte delle autorità competenti.
Il delitto di via Poma ha visto coinvolti altri 2 uomini, Pietrino Vanacore e Federico Valle. Vanacore, uno dei portieri dello stabile in cui è avvenuto il delitto, è stato accusato di omicidio a sfondo sessuale. L’uomo è stato sospettato per tanti anni ed è stato interrogato più volte, ma da perizie più approfondite e perquisizioni che non hanno dato frutti è emerso che Vanacore non aveva nulla a che fare con l’omicidio. Pietrino Vanacore si è suicidato nel marzo del 2010, a pochi giorni dall’udienza in cui avrebbe dovuto deporre come testimone. In seguito, anche Federico Valle è stato sospettato dell’omicidio della ragazza 20enne. Secondo gli inquirenti, Valle aveva sviluppato una pulsione negativa nei confronti della Cesaroni, identificandola come la donna che aveva causato la rottura del matrimonio tra i suoi genitori. Tutte le accuse su Valle, però risultano infondate, e quest’ultimo viene scagionato da ogni accusa nel giugno del 1993. Il servizio ha posto molta attenzione su un particolare trascurato: nella borsa di Simonetta vennero trovati dei negativi che, una volta stampati, rivelarono delle foto scattate due anni prima dall’ex fidanzato, Alessandro. Inoltre, un ristoratore del luogo dichiarò di aver visto la ragazza recarsi presso il suo ristorante in compagnia di un uomo intorno alla metà del luglio del 1990. Lo stesso ristoratore affermò che l’uomo tornò da solo al ristorante un mese e mezzo dopo. A quel punto il ristoratore chiese all’uomo chi fosse e quest’ultimo sostenne di essere un fotoreporter di Repubblica. Dopo aver appreso queste informazioni e aver visto andare via il fotoreporter su una Peugeot, il gestore del locale si recò alla polizia dove dichiarò tutte le informazioni che aveva acquisito. Chi L’ha Visto-Storie ha lanciato un appello al fotoreporter in questione, per chiedergli di mettersi in contatto con la redazione o con la polizia. Durante la messa in onda del servizio di Simonetta Cesaroni, è intervenuto anche Igor Patruno, che ha raccontato e commentato i fatti.
Il servizio successivo ha trattato il caso dell’omicidio di Nada Cella, un’impiegata 24enne barbaramente uccisa nell’ufficio presso cui lavorava. Il delitto di Nada Cella è tutt’ora irrisolto. La mattina del 6 maggio 1996, Marco Soracco, il datore di lavoro di Nada, trova quest’ultima riversa in una pozza di sangue nel suo ufficio e chiama il 118. Una volta giunti sul luogo i barellieri spostano i mobili per farsi spazio e prestare soccorso alla donna, ma questo si rivelerà un errore che comprometterà la scena del crimine. Nada è stata colpita ripetutamente, con molta violenza. La donna arriverà in ospedale in fin di vita e verrà trasferita d’urgenza presso l’ospedale San Martino di Genova, ma morirà alle 14 dello stesso giorno. Quella mattina Nada esce di casa prima del previsto e arriva in ufficio con largo anticipo. Nessuno la vede entrare ma alle 7:51 il suo computer risulta acceso, il che fa pensare che Nada avesse fretta. Il titolare, Marco Soracco, scende alle 9:10, un po’ in ritardo rispetto al solito, e chiama l’ambulanza alle 9:15. Dopodiché, Soracco telefona alla madre, cui è molto legato, e le racconta dell’accaduto. La madre di Soracco scende al piano dove è avvenuto l’omicidio e qui inizia l’inquinamento della scena del crimine, in quanto troppe persone hanno accesso all’ufficio. Una volta che Nada Cella viene trasportata fuori sulla lettiga, la madre di Soracco si appresta a pulire le gocce di sangue che sono cadute sulle scale. Questo particolare fa emergere dei sospetti verso Soracco e la madre, che però si riveleranno sempre freddi ma coerenti. Secondo gli investigatori non si tratta né di uno sconosciuto, né di un ladro, né tantomeno di un omicidio premeditato, il delitto è stato commesso in preda a un raptus.
Durante la trasmissione sono andate in onda anche delle interviste fatte alla mamma e alla sorella di Nada, le quali hanno dichiarato che la ragazza era stanca di quel lavoro e cercava di darsi da fare per ottenere un posto migliore. L’arma del delitto non è mai stata ritrovata né sono state trovate impronte o altre tracce riconducibili all’assassino. L’unico particolare rinvenuto è stato un bottone di metallo, che in seguito una telespettatrice ha segnalato come appartenente a un soprabito femminile. Ma il bottone in questione è molto diffuso, il che fa pensare che può essere caduto da un indumento diverso dal soprabito segnalato. Marco Soracco è rimasto l’unico sospettato e un’amica di Nada ha affermato che la ragazza aveva ricevuto un mazzo di rose con un biglietto anonimo. Un altro testimone, Paolo Bertuccio, collega di Soracco, ha dichiarato che il commercialista gli aveva annunciato che sarebbe successo qualcosa nel suo ufficio e che i giornali ne avrebbero parlato e un’importante testimonianza è stata fatta da una vicina di casa, la quale ha sentito un tonfo alle 9:01 e successivamente ha percepito che qualcuno scendeva le scale di fretta. Inoltre, una cliente del commercialista ha sostenuto di aver telefonato in ufficio intorno alle 9:00 e di non aver ricevuto risposta, in seguito ha riprovato e alla telefonata ha risposto la voce di una donna matura, la quale le diceva che aveva sbagliato numero. Dopo 18 anni di indagini il caso è stato chiuso nel 2012 e Soracco è stato cancellato dalla lista degli indagati, ma la famiglia spera che venga fatta giustizia.
Il terzo e ultimo caso trattato riguarda l’omicidio del giovane Flavio Simmi, freddato da 9 colpi di pistola il 5 luglio del 2011. L’uomo 33enne era reduce da un altro agguato, avvenuto 5 mesi prima, durante il quale un uomo con un casco integrale si era avvicinato a Simmi e aveva aperto il fuoco, ferendolo in più punti. Dopo questo episodio, il padre di Flavio, Roberto, era stato convocato dai carabinieri, i quali avevano ricevuto una lettera minatoria indirizzata proprio ai Simmi, nella quale si faceva riferimento a un presunto strozzinaggio da parte di questi ultimi. La lettera avvertiva che “il lavoro sarebbe stato portato a compimento” ed era accompagnata da un proiettile, che si rivelerà essere dello stesso calibro della pistola che ucciderà Flavio. Secondo i familiari e l’avvocato di questi ultimi, Giuseppe Squitieri, il ferimento e l’omicidio sono riconducibili a un’unica matrice, il coinvolgimento di Flavio in un episodio risalente a molti anni prima. Una donna, la moglie di un amico di Flavio che si trovava in carcere, avrebbe insistito per recarsi in casa del noto attore Antonio Cupo. Una volta giunta sul luogo avrebbe adottato atteggiamenti seduttivi nei confronti di Cupo, di Simmi e di un altro uomo e il tutto sarebbe stato ripreso da una telecamera. In seguito la donna sporgerà una querela nei confronti dei tre uomini, sostenendo di essere stata vittima di abusi sessuali. Questo secondo i familiari e l’avvocato avrebbe scaturito l’ira del marito della donna, che avrebbe voluto vendicarsi del tradimento subito da parte dell’amico. Ma dopo tre anni di indagini non si è ancora arrivati a un punto e le piste investigative sembrano essere diverse.
La trasmissione si è conclusa con l’invito di Giuseppe Rinaldi a seguire la prossima puntata che andrà in onda mercoledì 20 agosto e che vedrà protagonista ancora una volta il caso di Elisa Claps.
Stasera su Rai 3 va in onda una nuova puntata di Chi l’ha visto? Story. Le anticipazioni dicono che nella settimana di Ferragosto lo spin-off della trasmissione di Federica Sciarelli si occupa degli omicidi di Simonetta Cesaroni, Nada Cella e Flavio Simmi. Il delitto di via Poma: è questa la denominazione con cui i media ricordano lomicidio di Simonetta Cesaroni, avvenuto il 7 agosto 1990 in una stanza di un palazzo ubicato in via Carlo Poma, 2 a Roma. La vittima, appena ventenne, fidanzata con Raniero Brusco, lavorava in qualità di segretaria contabile nei pressi di uno studio commerciale situato sulla via Casilina. La mattina del martedì 7 agosto del 1990 Salvatore Volponi parla delle ferie con Simonetta, che nel pomeriggio dovrà sbrigare per lui alcune pratiche. Verso le 15 la ragazza lascia la sua abitazione e va nellufficio di via Poma, che quel giorno è chiuso al pubblico. Alle 17.35 Simonetta riceve una telefonata da Luigia Berrettini, che le richiede informazioni sul lavoro. Alle 18.20 la ragazza dovrebbe telefonare a Volponi per aggiornarlo circa lo stato dei lavori, ma non lo contatta. I familiari la attendono a casa per le 20.00, ma Simonetta non vi farà più ritorno. Alle 20.30 la sorella Paola fa scattare lallarme e prendono il via le ricerche. La ragazza, accompagnata dal fidanzato Antonello Barone, preleva Volponi e suo figlio dalla loro dimora e i quattro si dirigono insieme nello stabile di via Poma. Dopo tre ore si fanno aprire il portone degli uffici dalla moglie del portiere e trovano Simonetta senza vita, nuda, supina con le gambe divaricate e le braccia aperte, in posizione scomposta e con la testa inclinata verso destra. Sul corpo sono evidenti i segni di coltellate intrise di sangue. L’assassinio non ha ancora un colpevole.
Nada Cella è invece stata trovata morta il 6 maggio del 1996. Aveva 24 anni e lavorava in un ufficio, lo stesso dove è stato rinvenuto il suo corpo privo di vita e con la testa fracassata da un oggetto mai trovato. I sospetti sono caduti sul suo datore di lavoro, il commercialista di Chiavari Marco Soracco. Ma nonostante le indagini risulta non essere colpevole. Anche questo caso è ancora irrisolto.
Ancora più recente (2011) il caso di Flavio Simmi, ucciso a colpi di pistola in strada a Roma, dopo che era stato già gambizzato. Anche in questo caso l’assassino non ha ancora un nome.